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Chernobyl: oggi l’anniversario della catastrofe

25° anniversario del disastro nucleare di Chernobyl - Fukushima è ancora "calda": la speranza è che non ci saranno mai più disastri da commemorare perché i Governi avranno fatto marcia indietro sul nucleare.

Mentre si avvicina il 25° anniversario del disastro nucleare di Chernobyl, a Fukushima, la città giapponese colpita di recente dallo stesso disastro nucleare di 25 anni fa in quanto a gravità (livello 7, il massimo nella scala INES dell’AIEA), se non più grave, la Tepco, società che ne gestisce l’impianto, sta cercando di evitare che quantomeno l’acqua inquinata dalle mortali radiazioni non si infiltrino nel terreno, dopo che ha già fortemente inquinato il mare, con la costruzione di muri sotterranei attorno ai reattori, fino a raggiungere il suolo impermeabile che si trova 15 metri più giù. Anche se c’è da dire che la quantità totale di radionuclidi di Iodio-131 e Cesio-137 rilasciata a Fukushima è triplo del valore minimo per classificare un incidente nucleare di livello 7 nella scala INES, poiché a Chernobyl l’incidente aveva coinvolto un solo reattore mentre a Fukushima ne ha coinvolti ben quattro. Quindi questo è ancora più grave, ma non classificabile come tale solo perché la scala prevede solo 7 livelli di gravità.

A Chernobyl la causa del disastro fu, come vedremo meglio più avanti, principalmente l’errore umano; quello di Fukushima invece è stato innescato da un violentissimo terremoto avvenuto Venerdì 11 Marzo del corrente anno nella zona nord-orientale dell'isola di Honshu, con una intensità del grado 9° della Scala Richter, il più grande sisma registrato nello stato nipponico in epoca moderna. Il terremoto di per sé non ha fatto danni rilevanti, dato che le costruzioni giapponesi sono tutte previdentemente antisismiche, proprio per l’alto grado di sismicità del Paese. L’onda sismica però ha causato, purtroppo, con precise dinamiche fisiche e geologiche, uno spaventoso tsunami (termine propriamente giapponese, che significa “onda contro il porto”) o maremoto che ha colpito circa 500 km delle coste orientali del Giappone.

La gigantesca massa d’acqua ha spazzato via nell’immediato entroterra qualsiasi cosa, comprese circa 30 mila anime. Ma il disastro, ancora purtroppo, non s’è fermato qui perché l’interruzione di corrente elettrica dovuta alla marea ha causato lo spegnimento delle pompe dell’impianto di raffreddamento dei reattori nucleari di Fukushima, che surriscaldandosi sono esplosi in tempi diversi rilasciando la famigerata radioattività. Da qui in poi la conta delle vittime negli anni a venire a causa delle radiazioni (più avanti spiegherò che cosa sono e come agiscono sul corpo umano), come per Chernobyl, non sarà mai esattamente quantificabile, ma il numero può essere spaventoso.

Bisognerebbe comprendere, ma dovrebbero essere una reale comprensione e soprattutto disinteressata, che l’imprevedibile è sempre in agguato, anche se possono trascorrere decenni prima di manifestarsi, e che quindi non esistono sistemi di sicurezza assoluti per prevenire incidenti e sciagure. Quando l’incidente poi riguarda una centrale nucleare, i disastri ambientali e soprattutto i rischi per la salute e la vita delle persone non possono mai essere circoscritti e di lieve entità.

Chicco Testa, fondatore di Legambiente negli anni 80 e oggi nuclearista convertito, agli inizi della sciagura giapponese dagli schermi televisivi accusava gli antinuclearisti di strumentalizzare tale catastrofe. Pressappoco diceva che: “Di Pietro si preoccupa solo dell’Italia; la sua non è certo solidarietà per il popolo giapponese!” E ancora: “Il Giappone ormai è l’inferno, ci sono incendi e fuoriuscite inquinanti ovunque, causati da fabbriche chimiche e impianti petroliferi, ma dove ci si sofferma?, su quelli che potrebbero accadere ma non sono ancora accaduti alla centrale nucleare di Fukushima!”. Non mi pare più tanto convinto delle sue parole (ma forse non lo era mai stato, salvaguardava soltanto degli interessi economici probabilmente), o quantomeno non ha più la sfrontatezza di venirle a dire in televisione con tanta spocchia. Il governo molto avvedutamente (rischia di perdere le elezioni, solo di questo gli importa e non certo della salute delle persone e della salvaguardia dell’ambiente in cui tutti viviamo) ha bloccato i programmi nucleari. Purtroppo però non definitivamente, ma solo il tempo necessario intanto per depotenziare l’imminente referendum del 12 e 13 giugno e che riguarda proprio il nucleare, e anche l’acqua pubblica e il legittimo impedimento (referendum che si poteva accorpare con le amministrative di maggio e risparmiare circa 400 milioni di euro, ma per boicottarlo la maggioranza lo ha spostato 15 giorni dopo nella speranza che la gente vada a mare e non si raggiunga il quorum), e giusto il tempo necessario che la gente dimentichi il disastro, come Chernobyl, fidando nella corta memoria di essa, e possa così riproporgli il nucleare mascherandone i pericoli e anzi abbellendolo con false cifre circa la sua economicità attraverso la complicità dei media di regime.

In ogni caso, e, ripeto, non so se in buonafede o meno, come può Chicco Testa avere confrontato e posto sullo stesso livello di pericolosità i fumi prodotti dal petrolio con l’emissione di radioattività? Cioè l’emissione di particelle atomiche da parte di un nucleo atomico instabile che decade o si trasforma in un altro atomo o isotopo (stesso numero atomico ma differente numero di massa) più stabile ma radioattivo. Radioattivo perché secondo la legge di conservazione dell’energia, un nucleo atomico instabile nel momento in cui si trasmuta in una specie atomica con un contenuto energetico inferiore per raggiungere la stabilità, deve perdere qualcosa della sua massa iniziale: questa è in sintesi la radioattività.

Gli effetti che essa ha sui materiali, trasmutandone la composizione chimica e quindi le caratteristiche per cui erano progettati, e soprattutto rendendoli sempre più radioattivi perché accumulano isotopo instabili, è la ragione per cui una centrale nucleare dopo alcuni decenni deve essere smantellata, con buona pace della sua presunta economicità, che approfondirò più avanti. Gli effetti che ha sulla materia biologica invece sono dovuti alla ionizzazione, cioè all’aggiunta o alla rimozione di uno o più elettroni negli atomi o nelle molecole a causa di collisioni tra particelle. Ciò distrugge i legami fra le molecole danneggiando le cellule e generando i radicali liberi; ma le radiazioni gamma soprattutto, più energetiche e penetranti di quelle alfa e beta, alterano le macromolecole del DNA e dell’RNA provocando danni somatici e genetici.

A seconda degli effetti delle radiazioni ionizzanti nell’uomo e negli animali superiori, essi si suddividono in effetti “Deterministici”, se sono correlati direttamente alla dose assorbita e si manifestano quando si supera la “dose soglia” (la cui gravità dipende dalla quantità assorbita, potenzialmente quindi anche letale), e “Stocastici”, quando si manifestano in un futuro imprecisato e dipendono non tanto dalla dose assorbita quanto dal danno che provocano nel nucleo cellulare e in particolare nel DNA. I primi provocano eritemi cutanei, dermatiti particolari, cataratta, anemia, leucemia, emorragie, che possono essere anche letali, delle mucose e del tratto intestinale, perdita di capelli e peli. I secondi, se danneggiano in maniera irreversibile la struttura del DNA, cioè quando questa non viene riparata o è riparata erroneamente, danno vita a una progenie di cellule geneticamente modificate, che dopo un certo periodo di latenza possono provocare tumori e leucemie.

Dunque, prima di avviare una discussione sulla pericolosità del nucleare, sulla reale o presunta sicurezza della tecnologia per prevenirne gli incidenti e sulla sua presunta economicità, che comunque sia seria e in buonafede, è utile ricordare l’ultimo in ordine di gravità nella storia del nucleare, quello di Chernobyl, e fornire un po’ di cifre. Nella notte del 26 aprile del 1986 alle 01.23.44 ora locale dell’Ucraina - allora repubblica dell’ex Unione Sovietica – nella centrale nucleare V. I. Lenin di Chernobyl, cittadina di 15.000 abitanti situata a 110 Km a Nord della capitale ucraina Kiev e a 16 Km dal confine con la Bielorussia, durante un test di sicurezza malriuscito per una serie di concause che vanno dall’errore umano al difetto di progettazione di alcune componenti dell’impianto, il coperchio di 2.000 tonnellate del cilindro ermetico contenente il nocciolo del reattore nucleare a fissione numero 4 saltò in aria a causa dell’altissima pressione generata dal vapore surriscaldatosi nel test prima detto. A tale esplosione seguì l’incendio della grafite contenuta nel nocciolo disperdendo nell’atmosfera enormi quantità di isotopi radioattivi. Un’esplosione con dinamiche chimiche, diversa da quella che avviene nelle armi atomiche. L’acqua utilizzata come liquido refrigerante, infatti, a causa delle altissime temperature subì una scissione in ossigeno e idrogeno, sviluppando grandi volumi di gas.

Tale incidente nucleare, come già detto, fu classificato di livello 7. In un’area di 30 Km furono evacuate e insediate altrove 336.000 persone. La nube radioattiva giunse fin nell’Europa orientale, nella Scandinavia, in Finlandia, in Germania, in Italia, in Francia ecc.. Il rapporto ufficiale dell’ONU stilò un bilancio di 65 morti accertati (effetti Deterministici) e 4.000 presunti per tumori vari e leucemie nell’arco di 80 anni (effetti Stocastici). Stime fortemente contestate da associazioni antinucleariste come Greenpeace che stima invece 60 milioni di morti nel mondo nell’arco di 70 anni a causa di tumori riconducibili al disastro. I Verdi del Parlamento europeo prendono le distanze da simili cifre e stimano invece in 30.000 – 60.000 i decessi causati dall’incidente di Chernobyl.

Come si può vedere esistono cifre molto discordanti ma comunque pur sempre pesanti nell’ottica di una presunta e tanto propagandata energia pulita, economica e relativamente oggi più sicura con le centrali nucleari di III^ Generazione (tecnologia già obsoleta ma che vogliono usare in Italia) e di IV^ (queste ultime non pronte prima del 2030). Vediamo intanto quanto essa sarebbe economica. Gli USA spenderanno oltre 110 miliardi di dollari (al valore del 1996) per smaltire e mettere in “sicurezza” in un tunnel sotto il monte Yucca nel Nevada le scorie radioattive prodotte fino a oggi dalle loro centrali nucleari, senza calcolare quelle che si produrranno in futuro, a sentire la recente politica energetica in favore del nucleare prospettata da Obama; scorie che conserveranno il loro potenziale di morte per alcune centinaia di migliaia di anni. Il Canada ne spenderà 9,7 di miliardi, la Francia 7 e la Germania 5; costi sempre riferiti al 1996; e se ci sarà una proliferazione delle centrali nucleari, è ovvio che necessiteranno sempre più siti di stoccaggio e sempre più denaro. Senza considerare i rischi ambientali, dato che lo smaltimento delle scorie è un affare lucroso per società senza scrupoli che possono facilmente smaltire nei Paesi poveri senza rispettare le necessarie misure di sicurezza o collocarle in contenitori inidonei e buttare il tutto in mare, con conseguenze immaginabili o inimmaginabili per l’ambiente e la salute. E questa sarebbe un tipo di energia pulita a cui molti governi vorrebbero ritornare, compresa l’Italia? E pure poco costosa?

Per farci un’idea dei reali costi del nucleare, ecco altre cifre. La semplice realizzazione di una centrale nucleare di III^ Generazione di 1.600 MW costruita dalla franco-tedesca Areva, costa dai 4 ai 4,5 miliardi di euro. Ma il problema serio costituito dalle scorie radioattive e i costi di smaltimento non sono preventivati in queste cifre e pare subdolamente nemmeno presi in considerazione nella scorretta informazione dei media di parte, che criminosamente tacciono sul resto delle cifre. Il fatto è che fabbricare centrali nucleari è un grosso affare realizzato sulla pelle della popolazione, a cominciare dai lunghissimi tempi di costruzione, 13 – 14 anni, la loro onerosa gestione e lo smaltimento delle pericolose scorie prodotte.

In Italia sono 80.000 tonnellate le scorie radioattive da smaltire (una schifezza vasta quanto uno stadio e alta 20 metri), l’80 % proveniente da centrali nucleari dismesse e il rimanente da scarti sanitari, artigianali e industriali. Con decreto legge n° 314 del 14 novembre 2003 il governo di allora individuò come sito di stoccaggio Scanzano Jonico, piccolo e tranquillo comune lucano di 6.000 anime in provincia di Matera. Comune prevalentemente ad economia agricola (fragole principalmente) e che tenta di rilanciare un più salutare turismo balneare. Deposito considerato opera di difesa militare, che costerebbe, se si realizzasse nonostante le proteste degli abitanti di tutta la Basilicata, 350 milioni di euro, con una ricaduta sulle bollette degli italiani in 18 anni di circa 110 euro ad utente.

Bel risparmio energetico! Mi chiedo poi come farà l’attuale governo – e i futuri - a fronteggiare le crescenti proteste degli abitanti dei siti scelti come pattumiere di scorie radioattive, quando queste si moltiplicheranno col proliferare delle centrali nucleari che nessuno fra l’altro vorrà sotto casa? Costruiamole magari sulla luna!, o come qualcuno ha proposto, ad Arcore o a Montecitorio. E quella dei cittadini quando il risparmio energetico dovuto al minor costo dell’energia nucleare autoprodotta invece che acquistata all’estero, verrà risucchiato dalle crescenti spese di smaltimento delle scorie con subdole voci sulle bollette? Potrà il governo continuare ad abbindolarci con discorsi sull’alto costo dell’energia acquistata da centrali nucleari estere che comunque già ci metterebbero in pericolo?

Intanto, una cosa è averla sotto casa la bella centrale nucleare e un altra averla a qualche migliaio di chilometri. Personalmente ora dormo più tranquillo di quando c’avrò - come dice un elenco, smentito però dall’Enel che asserisce che ancora non sono stati individuati i siti nucleari in Italia - un orrore di centrale nucleare di III^ Generazione a Palma di Montechiaro, il paese del Gattopardo in provincia di Agrigento, a soli venti chilometri da casa mia. Credo che avrò gli incubi ogni notte! 

Gli stolti simpatizzanti del nucleare, più o meno disinteressatamente ma ben risciacquati nelle loro idee dall’informazione di regime, avanzano ragionamenti tipo i presunti e ben propinati alti costi delle energie rinnovabili - e io aggiungo realmente sicure e pulite - rispetto al nucleare. Veramente, se anche così fosse, io opterei comunque verso qualcosa che non mette a rischio la mia vita e semmai cercherei di risparmiare altrove, dove scandalosi ed enormi sono gli sprechi.

Continuiamo con le cifre per farci ora un’idea sul costo delle energie rinnovabili e sulla loro convenienza, se non immediatamente economica, certamente salutare e ambientalista, ovviamente per chi ha a cuore la propria salute e la natura. Una centrale termodinamica di 2^ generazione a specchi parabolici percorsi da liquido termovettore composto da sali fusi (nitrato di sodio e di potassio, molto più efficienti dell’olio diatermico usato in quelle di 1^ generazione), è in grado di generare una temperatura di 550° che è capace di muovere delle turbine a vapore (proprio come una normale centrale termoelettrica ma azionata dall’inesauribile energia solare) anche di notte e nelle ore meno assolate, grazie ai serbatoi di accumulo. Il fisico italiano Carlo Rubbia ha calcolato che una centrale termodinamica del tipo appena detto e che abbia quattro lati di 200 Km ciascuno, sostituirebbe l’energia prodotta dal petrolio nel mondo. Conversione auspicabile ma oggi irrealizzabile dati gli enormi investimenti nel petrolio. Pensiamo allora intanto alla sola produzione di energia elettrica con centrali termodinamiche a specchi parabolici per ridurre l’emissione nell’atmosfera del famigerato CO2, invece che pensare al nucleare.

La centrale termodinamica Andasol 1, inaugurata nella provincia di Granada in Spagna nel dicembre 2008 (Andasol 2 e Andasol 3 entreranno in funzione a breve), composta da 600 collettori parabolici ciascuno lungo metri 150 e largo 6, produce 50 MW di energia elettrica sufficiente per 50.000 abitazioni ed è costata 310 milioni di euro. Per arrivare ai 1600 MW della centrale nucleare dell’Areva ci vogliono 32 Andasol 1, per un costo di quasi 10 miliardi di euro: ancora decisamente alto se paragonato alla centrale nucleare di III^ Generazione, ma solo di poco superiore a quello di IV^, che inizialmente è di 8 miliardi di dollari. Inizialmente, perché, oltre agli imprevedibili aumenti in corso d’opera (possono anche raddoppiare), si dovrà aggiungere la spesa enorme per smaltirne in futuro le scorie - e abbiamo visto a quanto ammontano negli anni - per avere una stima reale del costo del tanto millantato nucleare conveniente. Senza contare poi i rischi d’incidenti mortali dovuti a errore umano o difetto di fabbricazione, che per quanto più bassi rispetto al passato grazie ai migliorati sistemi di sicurezza, saranno sempre più alti percentualmente con l’aumentare delle centrali nucleari nel mondo. Questa è semplice matematica. Aggiungiamoci inoltre i rischi crescenti di attentati terroristici, assolutamente imponderabili nella portata dei danni che il grado di rancore del terrorista intende causare. Un rischio e una variabile interamente legati all’umore di una mente altamente instabile, che non credo che la popolazione mondiale voglia affrontare.

C’è da aggiungere inoltre che le riserve di uranio non sono infinite, ce n’è per altri 40 anni al ritmo attuale di estrazione (se le centrali nucleari prolifereranno si esauriranno ancor prima), e scarseggiando, per le leggi economiche il suo prezzo s’impennerà nel tempo, quindi il costo a KW/h dell’energia nucleare è destinato a salire sempre più. Per contro, il costo delle centrali termodinamiche, così pure dell’altra energia infinitamente rinnovabile quale l’eolico, può scendere sensibilmente nel tempo con l’aumento di una loro produzione di massa, secondo “il regime di economia di scala”, gergo tecno-economico che descrive la relazione che intercorre tra l’aumento della scala di produzione e la diminuzione del costo medio unitario di produzione. In parole povere, più se ne costruiscono nel mondo e meno costeranno, raggiungendo nel tempo (senza tergiversare, poiché prima si inizia a costruirle in massa e meglio è, se ci sta a cuore la salute e l’ambiente) l’obiettivo di un’energia a basso costo, e nell’immediato quello di un’energia realmente pulita e infinitamente rinnovabile. Gli scienziati stimano che il sole splenderà ancora per parecchi milioni di anni, e il vento sappiamo che è sempre spirato e continuerà a spirare ancora per molto: a noi comuni mortali ciò basta e avanza!

Angelo Lo Verme  

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.199) 8 maggio 2011 00:37
    Renzo Riva

    Signor Lo Verme,
    il part-time le permetterebbe di dedicarsi all’agricoltura e lasci perdere la letteratura scientifica per le quali non ha nemmeno la capacità di documentarsi e ciò le fa scrivere delle grandi castronerie.
    Continui a fare il geometra in comune, il poeta e l’agricoltore nel tanto tempo libero che ora sta male utilizzando.

    …durante un test di sicurezza malriuscito per una serie di concause che vanno dall’errore umano al difetto di progettazione di alcune componenti dell’impianto,…

    Era tutt’altro che un test di sicurezza ma un’esperimento in caso d’attacco Nato e ipotizzata la mancata alimentazione dalla rete esterna, si prefiggeva di ripartire con i propri mezzi dopo lo spegnimento automatico attraverso l’inerzia termica dei ecc.
    Il capo centrale fu rimosso dal responsabile dell’esperimento arrivato da Mosca perché era certo di andare incontro ad un disastro e si rifiutò di togliere le sicurezze.
    Il vice-capo centrale si rese disponibile e fu così che dopo aver tolto tutte le sicurezze che impedivano la prosecuzione dell’esperimento si giunse alla fatidica e fatale ora antelucana.
    Per sua informazione i 4 reattori di Cernobyl erano militari e servivano a produrre Plutonio per le bombe atomiche e la produzione d’elettricità era una "materia seconda" che utilizzava la grande quantità di calore che doveva essere in ogni caso smaltito e perciò...
    Ecco perché l’alloggiamento dei reattori erano dei grandi capannoni e senza lo scudo esterno in cemento armato (oggi invece ad Olkiluoto doppio scudo con camera d’aria) per permettere la sovrastante gru per l’estrazione delle barre dalle quali poi isolare il Plutonio; e qui mi fermo perché altrimenti dovrei scrivere dieci pagine per descrivere la bestialità commessa.
    Non mi dilungo neanche nella confutazione sulle riserve d’Uranio e altro frutto di sue letture approssimate di propaganda dell’ideologismo ecologico verdastro antinucleare.
    Un suggerimento: si dedichi anche al bunga-bunga secondo le sue inclinazioni; ne avrà giovamento.

    Pertanto ha ragione il professore Franco Battaglia a scrivere:

    RICORDANDO CHERNOBYL, UN DISASTRO COMUNISTA

    Gli effetti sulle vite umane e sulla salute del disastro di Chernobyl sono stati studiati dall’Unscear (United nations scientific committee on the effects of atomic radiation) comitato dell’Onu composto da un centinaio di tecnici da 20 Paesi diversi e istituito a metà degli anni Cinquanta col compito di studiare gli effetti delle radiazioni atomiche. L’Unscear ha prodotto rapporti a 10, 15, 20 anni da Chernobyl. Sono disponibili in rete e, se li cercate, ecco cosa leggerete. Innanzitutto, il disastro fu provocato da un esperimento che fu ordinato agli operatori dai gerarchi del partito comunista sovietico. L’esperimento era vietato da tutte le norme di sicurezza, ed era vietato dalle stesse macchine dell’impianto che si sarebbero opposte facendo attivare automaticamente i sistemi di sicurezza: per eseguire l’esperimento furono appositamente disinnescati, tutti.
    Al momento dell’esplosione, morirono 3 addetti: uno d’infarto e due sotto le macerie. Il regime comunista, prima cercò di nascondere l’evento semplicemente non comunicando nulla al mondo: ma se v’è un segreto di Pulcinella, quello è proprio il tentativo di nascondere le radiazioni. Poi, mandò centinaia di soccorritori a spegnere l’incendio: li chiamarono liquidatori, ma furono eroi che chiamerei liquidandi, visto che furono inviati, senza alcuna protezione, praticamente al suicidio.
    Chernobyl fu insomma un disastro comunista, non nucleare.
    Tra liquidatori e addetti alla centrale, 237 furono ospedalizzati col sospetto di sindrome da radiazione acuta, poi diagnosticata a 134 di essi. Di questi, 28 morirono entro i primi 3 mesi: 31 (3+28) sono i morti riconosciuti come “immediati” del disastro. Dei rimanenti 106, ne sono deceduti, a oggi, 19, alcuni dei quali non per gli effetti della radiazione (ad esempio, uno è morto in incidente d’auto). Fine del macabro conteggio: tra addetti alla centrale e soccorritori sono deceduti, per l’esplosione e per le radiazioni, meno di 50 persone.

    Veniamo ora agli effetti sulla salute della popolazione. Scrive l’Unscear che «non è stato osservato in questi 25 anni alcun aumento d’incidenza di alcuna radiopatologia: non leucemie, non tumori solidi, non effetti genotossici, non malformazioni». Niente di niente. Con una sola eccezione: «È stato osservato (il neretto è mio e fra poco ne spiego la rilevanza) un drammatico aumento d’incidenza di tumori alla tiroide: nelle zone di Ucraina, Bielorussia e Russia, 6000 casi di cui, a oggi, 15 hanno avuto decorso fatale».
    Spiego ora il mio neretto. È ingiustificato attribuire alle radiazioni l’aumento di incidenza di tumori tiroidei, e la ragione è la seguente. Il tumore tiroideo ha decorso fatale nel 5% dei casi, e il 5% di 6000 fa 300 e non 15, che è invece il 5% di 300; e 300 casi manterrebbe entro la norma l’incidenza di quella patologia.
    Da dove vengono, allora, i 6000 casi? Me l’ha spiegato Zbigniew Jaworowski, già Direttore del Laboratorio Centrale di Radioprotezione di Varsavia e già Direttore dell’Unscear.
    Molti di noi concludiamo felicemente la nostra vita senza sapere di essere affetti da tumore alla tiroide. Si tratta di tumori occulti, sono per lo più benigni, e la loro incidenza, nota dalle autopsie, è anche 100 volte superiore a quella dei tumori manifesti.
    Dopo Chernobyl fu eseguita una diagnostica capillare in Ucraina, Bielorussia e Russia, ed è questa aumentata diagnostica, e non le radiazioni di Chernobyl, ciò che ha fatto emergere i tumori occulti ed elevare così l’incidenza di quelli osservati.
    Che le cose stiano così è confermato dal fatto che l’incidenza osservata si è avuta più in Russia, meno in Bielorussia e meno ancora in Ucraina, mentre l’esposizione alle radiazioni fu più in Ucraina, meno in Bielorussia, e meno ancora in Russia.

    Chernobyl ha insomma comportato, in 25 anni, zero morti alla popolazione e meno di 50 morti tra gli addetti alla centrale e i soccorritori. Numero deplorevolissimo quanto si vuole, ma giova osservare, per esempio, che il Vajont fece 2000 morti in una notte.
    Dovrebbero meravigliare queste risultanze, date le dosi di radiazioni fuoriuscite a Chernobyl? No: tutti noi siamo esposti a una dose annua di radiazioni ionizzanti che, in media, è di circa 3 millisievert, ma esistono aree (ad esempio, Iran, India, Brasile) ove la popolazione è esposta a dosi anche 100 volte maggiori senza che si sia osservata, in esse, alcun aumento di incidenza di alcuna radiopatologia.
    Evidentemente, l’organismo umano è pronto a rispondere con successo a dosi di radiazione anche 100 volte maggiori di quelle naturali.

    Vale piuttosto la pena osservare che il rapporto dell’Unscear informa che: «Vi furono diffuse reazioni psicologiche, inclusi alcuni suicidi, dovuti più al terrore delle radiazioni che alle loro reali dosi».
    Ecco: le vere conseguenze sanitarie e fatali di quell’evento furono quelle indotte dai mercanti di terrore di allora, rimasti per 25 anni impuniti.
    Faremmo forse bene ad isolare e stigmatizzare quelli di ora.

    Franco Battaglia

    • Di Angelo Lo Verme (---.---.---.221) 8 maggio 2011 10:29
      Angelo Lo Verme

      Intanto Sig. Renzo Riva la ringrazio per i suoi consigli di come utilizzare al meglio il mio tempo libero. Lei faccia altrettanto, invece di utilizzarlo inutilmente nel tentativo, davvero vano, di denigrare la mia persona e il mio operato: non ci riuscirebbe. Il geometra e il poeta continuo a farlo, con risultati che solo gli altri potranno giudicare, non certo io; né tanto meno lei potrebbe farlo serenamente e imparzialmente, vista l’acredine che ha dimostrato nei miei confronti col suo commento; l’agricoltore poi, anzi, il viticoltore, l’ho fatto per 20 anni e mi è bastato. Nella vita uno deve cambiare e cercare di innalzarsi, socialmente e soprattutto spiritualmente; non crede? Otto, dieci ore di pesante lavoro al giorno non mi lasciavano né spazio né energie sufficienti per dedicarmi allo spirito, cosa che dovrebbe fare pure lei (ma forse non ne ha tempo poiché è troppo occupato nei suoi studi scientifici), per giungere ad una condizione mentale e spirituale che le permetta dei commenti più sereni, meno astiosi nei confronti di chi la pensa diversamente di lei riguardo al nucleare, giacché lei mi pare un nuclearista convinto.

       Scriva pure lei per sostenere dunque la sua idea, possibilmente evitando di scrivere castronerie, o riportarne di altri, come quella disonesta e disinformante (ma questo vuole il regime mediatico in cui viviamo per sostenere le cause più care ad esso, quelle che portano quattrini alla cricca per intenderci, alla faccia della sicurezza delle persone) del Prof. Franco Battaglia. Cerchi altre fonti meno interessate per conoscere il numero solo approssimativo delle vittime causate dal disastro di Chernobyl, di allora e di quelle che si verificano tutt’ora e che si verificheranno in futuro, vista l’alta percentuale di tumori in quella zona, e dati i bimbi deformi che tutt’ora nascono, senza aggiungerci quelle di Fukushima.

       Riguardo alla percentuale di tumori alla tiroide, che in Italia è notevolmente aumentata negli ultimi venticinque anni, guarda caso, proprio il tempo trascorso dal disastro di Chernobyl, come si può asserire che è un numero statistico rientrante nella norma? Sarà, ma perché è aumentato tanto esponenzialmente.

       Veniamo alle radiazioni. Certo, l’organismo può sopportarne dosi superiori anche a 100 il valore normale; ma quando questo valore è superato di centinaia di miglia di volte, o un milione di volte come a Fukushima, l’organismo umano quali conseguenze ne avrà? Lo spieghi lei ai giapponesi e anche agli italiani ai quali questo governo affarista vorrebbe subdolamente imporre il nucleare, nonostante nel 1987 nel referendum abrogativo circa l’80 % si espresse con un chiarissimo SI’ (all’abrogazione ovviamente delle norme che volevano introdurre il nucleare nel nostro Bel Paese).

        Pensi pure che ciò che scrivo sia frutto di "letture approssimate di propaganda dell’ideologismo ecologico verdastro antinucleare", perché tanto io so invece di che cosa sono frutto, ed è ciò che conta per me. Delle sue accuse mi importa un fico secco, mi spiace solo che quelli come lei portano avanti tutte le tesi interessate della casta o cricca che dir si voglia, con un accanimento e un’energia più realista del re stesso che le propone, ingannando le persone che non si documentano a dovere. Probabilmente il compenso, in denaro o incarichi vari (vedi i Scilipoti di turno), sarà proporzionato a tale accanimento!

       Non capisco poi una cosa: come fa a pensare che le mie inclinazioni siano i bunga bunga? Non è, se non sbaglio, un passatempo tanto caro a un certo nostro premier e ai suoi amici sporcaccioni che frequentano Villa San Martino in Arcore (dovrà farsi un gran uso di Viagra lì dentro!)? Non ho mai avuto "l’onore" di essere invitato! Perché poi dovrei trarne giovamento lo saprà soltanto lei che probabilmente è ospite fisso a Villa San Martino per farsi dettare le castronerie della giornata da somministrare ai creduloni.

       Cordialmente, Angelo Lo Verme.

       

       

  • Di Angelo Lo Verme (---.---.---.66) 8 maggio 2011 19:34
    Angelo Lo Verme

    PER IL SIG. RENZO ROVA - L’INCIDENTE DEL 26 APRILE 1986

    Nella notte tra il 25 ed il 26 aprile 1986 il quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplose. Il disastro, causato dall’immissione di una eccessiva quantità di materiale radioattivo, provocò una dispersione di combustibile alla unità 4 dell’impianto con conseguente esplosione di vapore: in pochi secondi la produzione di energia nel nocciolo del reattore, un RBMK da 1000 MW , superò di 100 volte il livello massimo normale con un aumento enorme della temperatura. La lastra di metallo da 2.000 tonnellate che sigillava la sommità del reattore fu squarciata da due esplosioni che determinarono la diffusione in atmosfera di centinaia di tonnellate di grafite presenti nel nocciolo; l’incendio e la fuoriuscita di materiale radioattivo continuarono nel corso dei 10 giorni successivi. Durante l’esplosione morirono due persone, ma subito dopo altre 187 manifestarono sintomi acuti da irraggiamento e di queste 31 morirono nei giorni seguenti. Gran parte di queste vittime erano i primi soccorritori, i pompieri che tentarono di domare l’incendio. Le stime quantitative dell’esplosione di Chernobyl indicavano che al di là dei muri della centrale fu rilasciata il 3.5% della radioattività totale. Ma secondo dati più recenti tale cifra rispecchia solo la quantità dei radionuclidi “pesanti” scaricati in atmosfera( Iodio 131 ed il Cesio 134-137 ha raggiunto il 50- 60%, mentre il rilascio di gas rari quali lo Xenon ed il Kripton è stato del 100%.

    La quantità totale di isotopi liberati è stata valutata pari ad una attività di 11 Ebq (un miliardo di miliardi di Bequerel). Il fall - out di materiale radioattivo fuoriuscito dal reattore esploso ha interessato dapprima le regioni più prossime alla centrale, causando una significativa contaminazione dei territori della Ucraina, della Bielorussia e della Russia e l’irraggiamento della popolazione che abitava nelle immediate vicinanze della centrale ( 120.000 persone) poi, il 27 e 28 Aprile, masse di aria radioattiva raggiunsero anche i Paesi Scandinavi. Il 28-29 Aprile, la nube radioattiva fu divisa in due parti da una corrente d’ariafredda che andava da ovest ad est: una parte si diresse quindi a nord-est e l’altra verso i territori della Polonia e della Germania. Tra il 30 Aprile ed il 1 Maggio la nube radioattiva arrivò nel nord della Grecia ed in Italia, Svizzera, Austria occidentale e Cecoslovacchia dove fu registrato un notevole incremento del livello radioattivo. Nei giorni successivi si diffuse a nord - ovest e sud-est dell’Europa. Contemporaneamente fu registrato un aumento del livello di radioattività di fondo in Gran Bretagna, Belgio, Irlanda e nelle regioni a sud-ovest della Francia. Nell’Europa sud - orientale l’impatto dell’esplosione di Chernobyl si sentì maggiormente tra il 3 e il 5 Maggio; il fall-out radioattivo massimo in quel periodo si registrò in Grecia, Jugoslavia, Italia, Turchia, Albania. Tra il 6 e l’8 Maggio il fall-out si spostò anche molto lontano dal luogo dell’incidente, si registrarono infatti aumenti dei livelli della radioattività di fondo anche in Cina, Giappone, India, Canada, USA. Ma nonostante il fall-out radioattivo abbia interessato anche regioni geograficamente molto lontane da Chernobyl, il 70% della radioattività rilasciata dallo scoppio del reattore si è abbattuta sulla Bielorussia. Gli interventi messi in atto per contenere il disastro causato dall’incidente e per l’evacuazione della popolazione ad alto rischio hanno coinvolto circa 800.000 persone fra cui il personale della centrale e numerose squadre di soccorritori.

    Le unità di intervento erano costituite ognuna da un ingegnere, a capo di gruppi di 10 ingegneri, ciascuno dei quali a sua volta coordinava 100 operai. Sulla sorte di queste persone, i cosiddetti “ liquidatori”, i dati sono estremamente discordanti. Secondo il Chernobyl Committee of the Repubblic of Belarus, ne sarebbero decaduti 10.000 e 400.000 risulterebbero affetti da varie patologie, mentre secondo quanto emerso dal congresso internazionale EC/CIS svoltosi a Minsk nel 1996, ne sarebbero deceduti 43 e 134 risulterebbero colpiti da patologie da irraggiamento. L’ingegnere che ha raccontato a Legambiente come erano organizzati i gruppi di intervento, lui stesso a capo di una di queste squadre di mille persone, ne è l’unico superstite. Ricerche condotte da scienziati ucraini e israeliani, evidenziano che un terzo dei liquidatori, in prevalenza giovani, è stato colpito da malattie dell’apparato riproduttivo; in un altro studio clinico condotto da un gruppo di ricerca ucraino coordinato da S.Komisarenko, è stata rilevata una diffusa tendenza tra questi soggetti, direttamente impegnati nelle prime fasi di soccorso, ad ammalarsi di patologie varie, riconducibili tutte ad una sofferenza del sistema immunitario, non più in grado di svolgere l’azione di protezione dell’organismo da agenti esterni. A pochi mesi dall’incidente, nel meeting IAEA di Vienna dell’agosto 1986, i sovietici mostrarono un inedito atteggiamento di disponibilità a fornire dati sull’incidente - era in atto la glasnost di Gorbaciov - ma la relativamente ampia quantità di dati su quanto era avvenuto e sulla entità dei rilasci radioattivi che erano stati riscontrati nel territorio, era comunque sempre molto lontana dalle cifre reali.

    La tesi dell’errore umano, sostenuta con forza dal governo sovietico per tutelare il proprio prestigio tecnologico, venne ben accolta e largamente propagandata dall’Occidente, che aveva conosciuto od intuito altri eventi meno gravi, ma potenzialmente altrettanto devastanti, e che aveva quindi forte interesse a dimostrare la sicurezza “intrinseca” della tecnologia nucleare. Ancora oggi nell’ambiente tecnico-scientifico occidentale, ma anche in parte di quello dell’Est, si valuta che buona parte dei segreti sulla dinamica e sulle conseguenze dell’incidente non siano stati resi pubblici, da ciò deriva anche la difficoltà di trovare la giusta correlazione tra cause ed effetti.

    Il reattore nucleare del quarto blocco della centrale di Chernobyl era di tipo RBMK-1000, un adattamento di un reattore militare, destinato quindi in origine a produrre materiale fissile a scopo bellico e privo di strutture di contenimento rinforzate per poter contenere gli effetti di un eventuale incidente. Venne quasi totalmente distrutto dall’esplosione del 26 aprile 1986. Il tetto superiore (Helena) di circa 2.700 tonnellate che costituiva la struttura di protezione e di collegamento di tutte le varie parti del reattore, si è come afflosciato su se stesso e, con il resto della struttura in cemento armato, è rimasto appeso in posizione quasi verticale, provocando lo sprofondamento della base del reattore di 4 metri rispetto alla sua posizione iniziale. Tutto questo ha determinato la distruzione delle strutture di supporto e di conseguenza il crollo delle parti sottostanti con il perforamento del tetto della sala comandi. La parte del reattore che è andata distrutta, essendo l’area in cui maggiore era l’irraggiamento, è divenuto immediatamente inaccessibile per le elevate temperature che si sono sviluppate e per l’enorme quantità di radiazioni che si sono sprigionate essendo anche saltato il sistema di isolamento ermetico. Il magma incandescente costituito da materiali ferrosi, cemento armato, combustibile nucleare e gas è stato quindi eruttato in atmosfera andandosi a depositare su tutti i locali della centrale e sul territorio circostante. Per tutte le prime settimane il livello di radiazione dell’area intorno al reattore si è mantenuto nell’ordine delle migliaia di Roengten ( 100.000 Roengten / h ), mentre nell’area di estensione della centrale raggiungeva le decine di migliaia di Cu/Km2 ed il muro di elementi radioattivi, che si è alzato fino a quasi 2 Km di altezza, si è disperso in un raggio di 1.200 Km. L’emergenza era rappresentata dalla necessità di isolare il reattore distrutto, così da bloccare la fuoriuscita di radioattività e proteggere quindi l’ambiente e la popolazione delle aree circostanti. Vennero proposti ben 18 progetti di protezione. Fra questi venne scelto il progetto “ Sarcofago”, una specie di piramide a copertura delle macerie. Per la ricostruzione del primo strato del sarcofago furono utilizzate le parti del reattore esploso, determinando di fatto un aumento del rischio di contaminazione. Per la costruzione degli strati successivi e per due cinta di mura sono stati impiegati 300.000 tonnellate di cemento e oltre 100.000 tonnellate di strutture metalliche. Questa mastodontica struttura di contenzione ha fatto crescere di dieci volte il peso sulle fondamenta dalle 20 t/mq alle 200, provocando un progressivo abbassamento del terreno - che poggia su uno strato argilloso - che ha raggiunto i 4 metri .

    Il lento processo di sprofondamento ha determinato il cedimento in più parti del sarcofago, che a Gennaio 1996 presentava in superficie circa 1000 metri quadrati di crepe e buchi, dai quali fuoriescono polveri, acqua e gas radioattivi. Il pericolo imminente che si presenta ad oggi è il crollo del tetto all’interno del sarcofago che determinerebbe l’ulteriore depressione del terreno e fondamentalmente metterebbe allo scoperto 180 tonnellate di combustibile nucleare ormai ridotto a pulviscolo radioattivo, 11mila metri cubi di acqua e 740.000 metri cubi di macerie altamente contaminate. Gli scienziati ucraini hanno valutato che la radioattività totale delle sostanze custodite all’interno del sarcofago potrebbe superare i 20 milioni di Curie.

    Il sarcofago era stato progettato per garantire una sicurezza di 20-30 anni, pertanto è necessaria la costruzione di un nuovo sarcofago sopra quello ormai fatiscente messo a protezione dell’unità 4 che possa avere una vita garantita almeno di 100 anni. I costi previsti per la costruzione di questo nuovo schermo di protezione ammontano a oltre 300 milioni di dollari e richiederà un lavoro di circa 5 anni. Per le riparazioni del sarcofago, il trattamento delle scorie e la definitiva chiusura dei reattori ancora funzionanti (l’ultimo dei quali ha cessato la propria attività il 15 Dicembre 2000) con la conseguente riconversione professionale degli addetti e la creazione di centrali alternative, che garantiscano la produzione della stessa quota di energia, è stata chiesta alla comunità mondiale una cifra di 4 miliardi di dollari.

    LO STATO DELL’AREA

    Sono oltre 260.000 i Km quadrati di territorio distribuiti tra l’Ucraina, la Bielorussia e la Russia che presentavano a dieci anni dell’incidente, livelli di contaminazione da Cesio137 superiori a 1 Curie per Km quadrato. L’area compresa in un raggio di 30Km dalla centrale di Chernobyl è pressoché disattivata e 60 insediamenti abitativi, per un totale di 167.000 persone, all’esterno di essa sono stati evacuati. Nel raggio dei 30 Km intorno al reattore vi sono circa 800 siti di seppellimento di scorie e macerie, allestiti in totale stato di emergenza, senza quindi particolari sistemi di protezione se non uno strato di argilla. Queste discariche radioattive potrebbero essere responsabili degli elevati livelli di contaminazione dei sedimenti del fiume Dniepr e del suo affluente Prjpiat, che forniscono acqua a 30 milioni di persone.

    La Bielorussia in cui si è riversato il 70% del fall-out radioattivo, è divisa in 6 regioni ( Minsk, Gomel, Mogilev, Grodno,Brest, Vitebsk); dei 236.000 Kmq dell’intera superficie il 23% presentano livelli di contaminazione superiori a 1 Cu/Kmq e fra questi , 16.000 sopra 5 Cu/Kmq ; 6.400 Kmq sopra 15 Cu/Kmq; 2.200 sopra i 40 Cu/Kmq. Dell’intera popolazione costituita da oltre 10 milioni di persone, 24.700 persone da 107 località dei distretti di Bragin, Narovlia e Khoiniki nella regione di Gomel vennero evacuate dopo l’incidente e circa un quinto vive tuttora nelle aree contaminate: in pratica sola la regione di Vitebsk ha zone immuni da radioattività . La ricerca del livello e della natura della contaminazione radioattiva in Bielorussia evidenzia che il pericolo della contaminazione non è dovuto solo alla quantità dei radioisotopi rilasciati dal fall-out, ma dipende considerevolmente dalla struttura chimica e quindi dalla capacità di penetrazione di tali isotopi negli strati superficiali del suolo.

    Ciò determina conseguentemente la loro mobilità e capacità di ridistribuzione nel terreno, nelle acque superficiali e profonde, nelle piante e quindi nell’intera catena biologica. Il 20% del territorio boschivo ( 1,3 milioni di ettari) della Bielorussia risulta contaminato; 257.000 ettari di terreno agricolo delle regioni di Gomel e di Mogilev sono inutilizzabili per l’agricoltura ed una quota analoga di territorio entro il raggio di 30 Km dalla zona del disastro, risulta inabitabile. La produttività agricola e l’allevamento del bestiame hanno subito danni ingenti e risultano tuttora deficitari per il fabbisogno interno. Il danno economico è stato in oltre 200 miliardi di dollari ( più di 300 miliardi di lire italiane).


  • Di Angelo Lo Verme (---.---.---.66) 8 maggio 2011 19:42
    Angelo Lo Verme

    PER IL SIG. RENZO RIVA - L’Uranio costa sempre di più. Tra il 2001 ed il 2007 è arrivato a crescere del 1.000%, e ancora in questi giorni il prezzo è 8-9 volte la quotazione dell’uranio nel 2001 - ovvero 7 $ dollari la libbra.

    Questo aumento del prezzo ha per ora solo un effetto limitato sul prezzo: si calcola infatti che un aumento del 50% del prezzo dell’uranio si traduca in un incremento del 3,2% del prezzo dell’energia elettrica in uscita dalle centrali. Ma tra 20 anni - la prima nuova centrale nucleare italiana non sarà finita prima di quel lasso di tempo -, quale sarà il prezzo dell’uranio?

    Dalla fine degli anni ottanta, il consumo dell’Uranio ha superato la produzione. Oggi, secondo la World Nuclear Association (WNA), vengono prodotte 78.000 tonnellate di Ossido di Uranio, e solo il 64% proviene dalle miniere.

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