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Che fine ha fatto Immuni?

L’app italiana per il tracciamento dopo un anno rimane poco usata, ma potrebbe comunque essere d’aiuto.

di Lorenzo Ruffino

A giugno 2020 il governo italiano lanciò Immuni, l’applicazione che avrebbe dovuto aiutare le autorità sanitarie a contenere l’epidemia del Sars-Cov-2, facilitando il tracciamento dei contatti. L’applicazione fu annunciata il 1º giugno 2020, successivamente la sperimentazione iniziò l’8 giugno in quattro regioni – Abruzzo, Liguria, Marche e Puglia – e poi fu estesa al resto dell’Italia a partire dal 15 giugno.

 

I download sono pochi

I download dell’applicazione sono stati 10.520.995, ma la maggior parte si sono concentrati a giugno 2020 e poi tra settembre e ottobre. Tra novembre e dicembre sono stati poche migliaia al giorno e da gennaio si sono ridotti a poche centinaia. Il 74% dei download sono avvenuti su dispositivi Android e i restanti su dispositivi iOS. Va comunque considerato che con download intendiamo il numero di utenti che hanno scaricato l’applicazione (non comprendendo quindi gli aggiornamenti e le re-installazioni).

In relazione alla popolazione, la regione con il maggior numero di download è l’Emilia Romagna, seguita da Toscana, Umbria e Abruzzo. Quelle con meno download sono invece Sicilia, Campania e Calabria.

 

Gli utenti positivi e le notifiche

Quando una persona che ha installato Immuni scopre di essere positiva, può chiedere alla rispettiva azienda sanitaria locale di caricare la chiave sull’applicazione, così da inviare alle persone con cui è stata a contatto una notifica di esposizione. Ad aprile è stata introdotta la possibilità per gli utenti di segnalare direttamente la propria positività senza passare così dall’Asl.

Le persone positive che in totale hanno segnalato la propria positività su Immuni sono solo poco più di 19mila, nonostante da quando esiste oltre 4 milioni di persone sono state riscontrate come positive. Le notifiche inviate sono state 99mila: una media di 5 persone per ogni individuo contagiato.

Il picco di notifiche inviate c’è stato tra ottobre e novembre quando l’Italia era nel pieno della seconda ondata epidemica e venivano notificati giornalmente decine di migliaia di contagi. Nella terza ondata degli ultimi mesi invece le notifiche sono state molto poche.

Gli utenti positivi hanno avuto un picco nella seconda metà di novembre, ma a marzo il livello è stato molto simile nonostante i casi complessivi a livello nazionale siano stati sensibilmente di meno. A partire da fine aprile c’è stato un forte calo e negli ultimi giorni solo una media di 20-30 persone al giorno ha inviato una notifica di positività.

 

 

È interessante osservare come è cambiato nel tempo il rapporto tra quante notifiche vengono inviate giornalmente e il numero di nuovi utenti positivi: c’è infatti un trend di crescita che si interrompe a fine ottobre, dopo aver toccato un picco di 36 notifiche inviate per utente positivo.

Attualmente le notifiche che vengono mandate sono molte di meno: in media, tra 1 e 2 per ogni nuovo utente positivo. Questo potrebbe essere visto come una prova del fatto che le persone continuano ad avere un minor numero di contatti sociali rispetto alla normalità.

 

 

Il contact tracing digitale può aiutare

Immuni in quest’anno non ha avuto il successo sperato. È stata scaricata da una minoranza di italiani, non viene usata attivamente neanche da chi l’ha installata e non ha aiutato a prevenire molti focolai. Ma un’app può essere certamente d’aiuto per il contact tracing, cosa che con pochi casi come adesso è più facile da fare. 

Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature (The Epidemiological impact of the NHS COVID-19 App) ha evidenziato come l’app per il contact tracing adottata nel Regno Unito abbia prevenuto migliaia di casi e decessi. 

Lo studio ha analizzato i risultati dell’app nei tre mesi successivi al lancio in Inghilterra e in Galles, da ottobre a dicembre 2020. Durante questo periodo è stata utilizzata attivamente da 16,5 milioni di persone, il 28% della popolazione totale. In questi tre mesi 560.000 utenti sono risultati positivi al coronavirus e questo ha permesso di tracciare 1,7 milioni di utenti. Per ogni utente positivo sono stati notificati in media 4,4 contatti. 

Lo studio ha poi esaminato quanti dei contatti tracciati abbiano sviluppato sintomi e siano poi risultati positivi. Per valutare l’affidabilità hanno comparato questo dato con quello del contact tracing fatto telefonicamente dal sistema sanitario: l’app in media ha permesso di identificare i 4,4 contatti nel giro di 4 ore dalla positività, mentre il sistema manuale 1,8 contatti entro 2 giorni.

Utilizzando il numero di notifiche, il tasso di attacco secondario (quante persone contagia un positivo) e le stime sull’aderenza all’autoisolamento, i ricercatori hanno stimato che l’app abbia evitato 284mila casi (intervallo tra 108mila e 450mila). Analizzando i dati territoriali hanno poi riscontrato che per ogni punto percentuale di popolazione in più che aveva l’app i casi sono diminuiti del 2,25%. Utilizzando questo approccio hanno stimato che l’app ha evitato 549mila casi (317mila – 914mila). 

In conclusione, un’app per il contact tracing digitale può funzionare e aiutare le autorità sanitarie a tracciare i contatti andando ad attutire l’impatto del coronavirus. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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