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Cellulari e tumori, la sentenza: “Nesso tra uso e cancro all’orecchio. Studiosi sono in conflitto d’interesse”

La sentenza della Corte d’Appello di Torino

a cura del Gruppo di Intervento giuridico onlus

Rilevante pronuncia della Corte d’Appello di Torino, che ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ivrea (aprile 2017) di riconoscimento di una rendita da parte dell’I.N.A.I.L. in favore di un tecnico della Telecom affetto da tumore a causa della lunga esposizione al campo elettromagnetico (1995-2020) derivante dall’uso abnorme del telefono cellulare (almeno 4 ore al giorno) per ragioni di lavoro.

La Sezione Lavoro della Corte d’Appello torinese ha affermato l’esistenza di un “nesso eziologico tra la prolungata e cospicua esposizione lavorativa a radiofrequenza emesse da telefono cellulare e la malattia denunciata”.

I giudici di secondo grado hanno, inoltre, riconosciuto che “buona parte della letteratura scientifica che esclude la cancerogenicità dell’esposizione a radiofrequenze … versa in posizione di conflitto d’interessi, peraltro non sempre dichiarato”.

Una materia, quella dell’inquinamento elettromagnetico, dove la ricerca scientifica ed epidemiologica va avanti da parecchi anni con risultati non risolutivi, dove pesano moltissimo gli interessi industriali ed economici di società energetiche, delle telecomunicazioni e telefoniche.

Gruppo d’intervento Giuridico onlus

 

Cellulare e tumori, Corte di appello di Torino conferma: “Nesso tra uso e cancro all’orecchio. Spesso studiosi sono in conflitto d’interesse”.

da Il Fatto Quotidiano14 gennaio 2020

Le 36 pagine rappresentano un verdetto storico, perché per la prima volta un lavoratore ha ottenuto due sentenze di merito favorevoli in casi simili: Roberto Romeo, ex dipendente Telecom, trascorreva almeno 4 ore al giorno al cellulare. Come accaduto in primo grado, nuovi consulenti hanno ribadito che esiste un “nesso eziologico tra la prolungata e cospicua esposizione lavorativa a radiofrequenza emesse da telefono cellulare e la malattia denunciata”. (Andrea Tundo)

Foto di Daniel Reche da Pixabay 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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