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Catalogna: le cause immediate oltre i luoghi comuni

Come abbiamo detto, le aspirazioni indipendentiste sono di antica data ed in essa confluiscono l’anticastiglianismo di sempre, gli umori repubblicani, la memoria del franchismo, il disprezzo per i Borbone, la composizione sociale diversa dalle altre regioni spagnole e mille altre cose, ma esistono anche cause immediate che hanno fatto esplodere l’indipendentismo negli ultimi anni, in particolare fenomeni legati alla crisi iniziata circa 10 anni fa.

Piccola premessa: uno degli argomenti usati contro l’indipendenza della Catalogna è quello per il quale essa è ricca e avara e vuol separarsi per non dividere la sua ricchezza con le regioni più povere e si fa scudo di pretesti culturali che ormai sarebbero stati superati. Questo è vero solo in parte e si fonde si una serie di luoghi comuni decisamente imprecisi quando non proprio falsi.

La Catalogna non è la regione più ricca della Spagna: per Pil pro capite è solo quarta dopo il paese Basco, la Navarra e la regione di Madrid. La disoccupazione è al 17%, una media più bassa di quella catastrofica nazionale, ma pur sempre alta; la popolazione a rischio povertà (20%) è molto vicina a quella nazionale (22%). Quanto al fatto che le questioni culturali sarebbero state superate, si tratta di una affermazione in buona parte falsa: quella Catalana continua a non essere riconosciuta come una Nazione, di conseguenza è riaffermata la prevalenza del castigliano sul catalano (come per tutte le altre lingue di Spagna), l’ingerenza del governo centrale sull’insegnamento scolastico (soprattutto per la storia) non è superato eccetera. Quindi, le questioni culturali, pur parzialmente superate, non lo sono per dei nodi decisivi.

Ma è vero che una parte dell’attuale spinta indipendentista viene dalla questione fiscale. In assoluto, la Spagna non ha una pressione fiscale particolarmente dura: è intorno al 30% (contro il 55% dell’Italia) anche se con Iva al 22%(in Italia al 21%). Il guaio è che la pressione fiscale in queti anni è andata distribuendosi in modo sempre più diseguale (come in tutto il mondo) assumendo caratteri regressivi sul reddito, per cui a farne le spese è stato essenzialmente il ceto medio, mentre i grandi contribuenti si sono spostati dove risultava più conveniente. E, infatti, la rivolta indipendentista non è affatto sostenuta dai grandi capitalisti (la Confindustria catalana si è pronunciata contro l’indipendenza e le grandi aziende a prevalente –ma non esclusivo- capitale straniero se ne stanno andando attuando una forma di “sciopero dei capitali”) ma dal ceto medio, che è la base elettorale del Pdec (partito democratico europeo catalano) che è il più scatenato sostenitore dell’indipendenza.

E qui incide il moralismo cretino della sinistra in materia fiscale: per la sinistra le tasse sono in sé una cosa “bellissima” ) come disse Padoa Schioppa, ministro di Prodi, ora defunto), ma su questo scriveremo un pezzo ad hoc.

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