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 Home page > Attualità > Media > Caro Ferruccio De Bortoli, se fosse tutto vero

Caro Ferruccio De Bortoli, se fosse tutto vero

Lo sciopero del Corriere della Sera e la nuova mission del Direttore Ferruccio De Bortoli.

Non penso sia passato inosservato, ma venerdì primo ottobre e il sabato successivo, il Corriere della Sera, maggior quotidiano d'Italia non è uscito nelle edicole nostrane, per uno sciopero del Comitato di Redazione. A scatenarlo, è stato il direttore del giornale, Ferruccio De Bortoli, il quale, in una lettera appassionata, ha chiesto la personale di lavorare con maggiore impegno, con tutti mezzi a disposizione, per garantire sempre un'informazione indipendente e di qualità.

De Bortoli in particolare, preme sull'utilizzo delle nuove tecnologie, ove anche i colleghi più anziani debbono investire, senza interessi corporativi e senza alcuna remora, col costante contributo di tutti. Inizia poi, una serie di "non è più accettabile che", un elenco amaro che avrebbe, a sua detta, potuto durare altre righe. Analizziamoli assieme, i punti dettati dal direttore del maggior quotidiano d'Italia.

1. Partendo dal presupposto che la funzione del giornalista e la sua professione stanno subendo un profondo cambiamento, soprattutto grazie alle piattaforme virtuali, è vero che non è più accettabile che la redazione non lavori per il web o che si pretenda per essa una remunerazione speciale. Verissimo. Ineccepibile. L'informazione viaggia con un canale così veloce, che talvolta non si riesce nemmeno a divulgare, che un altro canale ha già fatto la sua distribuzione. Parliamo comunque di posizioni consolidate e dure a morire, che potrebbero causare una piccola "Pomigliano" di Via Solferino, come giustamente ha fatto notare il quotidiano "Il Foglio".

2. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell'interessato a ogni spostamento, a parità di mansione. Prima vengono le esigenze del giornale, poi le legittime aspirazioni dei giornalisti. Così come non è più accettabile l'atteggiamento sospetto contro la web tv, che l'edizione Ipad non preveda alcun contributo dei giornalisti professionisti dell'edizione cartacea, che i giovani vengano accolti con un muro. E via discorrendo.

Mi permetto allora di fare qualche critica o aggiunta al discorso di De Bortoli, che è di per sé oro, se fosse vero, se trovasse veramente spazio di realizzazione. Dapprima, è sicuramente ingiusto che un collega di una redazione locale non possa scrivere nell'edizione nazionale, in quanto gli accreditati "nazionali" possono invece usare la redazione locale. Si crea certamente, in questo modo, una sorta di invidia interna, di piramide irraggiungibile, che alimenta malumori ed incertezze. Ma Caro De Bortoli, sono i giovani che tu citi con tanto amore, i più bistrattati. I giovani che l'ex vicedirettore del Corriere Pierluigi Battista afferma che non riescano ad entrare in redazione sotto i trent'anni. La ricetta descritta sarebbe assumere dieci giovani all'anno, prelevandoli dai master universitari o dalle migliori fondazioni. Apparentemente, oro. Un contributo così elevato passerebbe alla storia.

Tuttavia, siamo veramente sicuri che i migliori talenti del giornalismo, provengano dai master o dalle università private? La storia ci insegna che uno dei migliori era un figlio di un fabbro di Romagna, il quale, secondo Montanelli, forse il più in gamba di tutti, non dava tregua agli avversari e garantiva un'informazione eccellente. I giovani chiedono, De Bortoli, quanto tu hai voluto esternare in quelle righe, che ovviamente, hanno causato uno sciopero corporativo. I giovani aspirano a scrivere, od usare le tecnologie alternative che sono state elogiate, in periodici nazionali. E' indiscusso, e sicuramente apporterebbero qualche miglioria o rinnovamento.

Stranamente, quando si toccano gli interessi di casta, di un giornale liberale e storico come il Corriere, nasce lo sciopero del Comitato di Redazione. Esso afferma che era già tutto in discussione, che gli accordi non hanno mai rifiutato la sfida della modernità e della tecnologia, tenendo conto del sacro egoismo, ovviamente.

I giovani, se messi alla prova, potrebbero raccontare anche cose scomode, caro De Bortoli. Forse per questo vengono anche emarginati, o accostati senza poter nuocere. Ed è altresì plausibile che venga loro detto cosa debbano scrivere in redazione, cosa impensabile se vogliamo veramente costruire un'indipendenza informativa. D'accordo la linea del giornale, d'accordo lo stile e la grammatica, d'accordo la sintassi, ma l'imposizione del pezzo è quanto spetta alla maggior parte, che, se potesse dirlo, forse non sarebbe neanche così felice di entrare in redazione.

Il cammino è irto di ostacoli, caro direttore, e da bravo lettore e cittadino, auguro a te, e al tuo gruppo buona fortuna. Pensa, a chi come lo scrivente, non arriva a trent'anni di età, e che gradirebbe le tue riforme. E immagina altresì, che qualcun altro non sarà felice. Di questo, tuttavia, ne sei cosciente.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.129) 5 ottobre 2010 16:43
    Damiano Mazzotti


    Prepensionamenti anche nel giornalismo... I giovani sono mediamente più onesti e preparati anche nel mondo giornalismo... Hanno solo bisogno di un po’ di esperienza e di essere messi alla prova...

    E dai vecchi italiani c’è ben poco da imparare... Meglio non imitare...

  • Di alessandro tantussi (---.---.---.156) 10 ottobre 2010 13:08
    alessandro tantussi

    Mi sembra che de Bortoli, prima di tutto, si preoccupi dei conti. Il giornale, qualsiasi giornale è, prima di tutto, un’azienda. Prima di tutto il capo deve tirare avanti la baracca, deve far quadrare il bilancio. Se i conti tornano è possibile che anche i giovani, che nei giornali non sono tra quelli che meritano ulteriori sacrifici, abbiano le giuste soddisfazioni. Se i conti non tornano, il giornale, ovviamente non mi riferisco in particolare al Corriere, chiude e a casa ci vanno vecchi e giovani. Proprio come a pomigliano. Solo che oltre ai posti di lavoro si perde anche di libertà. Prima di pensare a come ripartirla, la ricchezza, bisogna produrla. Altrimenti ci spartiamo la miseria. Primum vivere.

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