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Carlos Santana a Piazzola sul Brenta

Nell’immenso spazio delimitato dall’Anfiteatro Camerini di Villa Contarini a Piazzola sul Brenta (Padova), Carlos Santana ha tenuto il primo dei suoi tre concerti italiani, inserito nel cartellone dell’Hydrogen Festival

In un’estate che vede l’esibizione di grandi vecchi del Rock, Santana, 66 anni il 20 luglio, per il suo ‘The sentient tour’, il tour “sensibile, cosciente”, come viene tradotto l’aggettivo inglese da un rispettato dizionario bilingue, ha radunato una decina di musicisti per riproporre, in due ore, il proprio percorso musicale, a partire dal primo album, ‘Santana’, del 1969, l’anno in cui la sua band spopolò al festival di Woodstock.

Il virtuoso messicano di Autlan de Navarro riesce ancora a radunare un pubblico immenso, per cui viene da chiedersi se la crisi economica esiste davvero, come è spesso dichiarata dagli addetti ai lavori per spiegare il calo degli spettatori. Il suono della chitarra del leader è inimitabile e riconoscibilissimo fin dalle note d’esordio di ‘Toussaint l’Ouverture’, il primo brano in scaletta, inserito in ‘Santana III°’ del 1972, che con il primo e il secondo LP si può dire contenga un repertorio ascoltabile che non teme il passare del tempo.

E infatti il pubblico, seduto o all’inpiedi, aspettava felice di sentire quei brani – ‘Jingo’ e ‘Soul Sacrifice’ dal primo, ‘Oye como va’, ‘Black magic Woman/Gypsy Queen’, ‘Incident at Neshabur’ da ‘Abraxas’, il secondo e più conosciuto album – esplodendo in una confusione corale sulle prime note del successo di Tito Puente, mancato da tempo, il quale, quando lo eseguiva in concerto, non cessava mai di ringraziare, sorridendo, Santana, per i guadagni che gli derivavano dai diritti d’autore.

Quando invece la band passava ad interpretare brani più recenti si avvertiva una differenza compositiva e la mancanza di appeal. C’è da dire che la vecchia formazione allineava dei musicisti eccezionali e motivati, sentendosi promotori di un nuovo genere che mescolava ritmi latini a melodie Blues-Rock. Mike Carrabello alle congas, Josè Chepito Areas ai timbales, Mike Shrieve, prodigioso adolescente alla batteria, avevano un’energia, di cui i tre pur bravi turnisti attuali, rispettivamente Raul Rekow, Frank Perazzo e Dennis Chambers, batterista preso a prestito dal Jazz, sono totalmente privi.

Lo stesso discorso vale per le due voci maschili, Andy Vargas e Tony Lindsay, mentre Benny Rietveld al basso elettrico e David Mathews, alle tastiere e all’organo hammond tentano di imitare la sonorità dei predecessori. Senza infamia né lode, la prova della sezione fiati, Bill Ortiz, tromba e Jeff Cressman, trombone, dando merito a Santana di aver fatto una buona scelta, escludendo il sassofono.

Carlos sembra eternamente ispirato, alla ricerca dell’unione con il Divino. La tecnica è quella, poche note mantenute a lungo e sviluppate in assolo melodici di facile comprensione e presa sulla platea. È il ricordo di un tempo che non c’è più, di una gioventù che cercava la propria strada lottando contro il sistema, lasciando nell’aria una sensazione di comunità, inavvertibile nell’appiattita società odierna.

Auguri a Carlos, perché continui a divertirsi e a suonare per la gente, in un’atmosfera gioiosa, da festa di piazza, dove anche se l’acustica non è delle migliori, quello che conta è passare una bella serata in compagnia di amici.

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