• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Bombe atomiche, succo d’arancia e vino di Borgogna. È la diplomazia (...)

Bombe atomiche, succo d’arancia e vino di Borgogna. È la diplomazia bellezza

La scena è questa. In un castello della Borgogna, Chateau de Selore, di proprietà del Barone Jean-Christophe Iseux Von Pfetten, siedono a cena un po’ di anziani signori. Molti sono militari, qualcuno è in pensione, altri ancora in attività. Ci sono alcuni iraniani, qualche cinese, ma anche politici israeliani, australiani, francesi e statunitensi. Nessuno di loro è conosciuto al grande pubblico.

Chiacchierano amichevolmente. Il padrone di casa, l’aristocratico francese, è a suo agio. D’altronde è un consigliere del potente Comitato Centrale cinese, e si può dire che è stata sua l’idea di creare questo piccolo gruppo di lavoro. Parlano liberamente, molto più liberamente di quanto possano fare ambasciatori, Capi di Stato o delegati alle Nazioni Unite. Possono permettersi, vista anche l’antica conoscenza ed amicizia che li lega, maggior schiettezza nell’esporre le ragioni della propria parte.

Per chi non l’avesse ancora capito, intorno a quel tavolo si sta parlando del negoziato internazionale sul nucleare iraniano, annosa questione che da parecchi anni occupa – a fasi alterne – le segreterie di Stato e le diplomazie in giro per il mondo. In breve: in passato l’Iran voleva la bomba atomica. La voleva per deterrenza nei confronti dei potenti nemici vicini, in primis Israele e Arabia Saudita – entrambi già in possesso dell’arma atomica. L’Iran però ha bisogno anche di energia, e vorrebbe costruire centrali nucleari. Per le centrali nucleari serve l’uranio, ma l’uranio a determinate condizioni può tornare utile per costruire la bomba atomica. Proprio per questo gli Usa finora hanno impedito all’Iran di entrarne in possesso. Ma gli iraniani non hanno demorso, e allora sono arrivate le sanzioni economiche che hanno messo in ginocchio il paese. Negli ultimi anni la tensione era cresciuta, ma l’elezione di Hassan Rouhani - politico relativamente moderato e molto pragmatico – ha disinnescato la questione. Si è tornati a trattare in via ufficiale, ma anche in via ufficiosa, come riporta Newsweek.

“Abbiamo visto il lavoro degli ispettori in Iraq, hanno cercato ovunque, anche dentro il Palazzo presidenziale”, ha detto un alto comandante in pensione delle Guardie Rivoluzionarie iraniane che ha partecipato alla cena privata. “Non hanno trovato nulla, ma hanno bombardato ugualmente Saddam Hussein. Non possiamo accettarlo”. Chi modera la discussione è un ex-primo ministro australiano, Robert Hawke, che sembra anche tra i più ottimisti sulla possibilità di raggiungere l’agognato accordo.

Speranzoso è anche un esponente israeliano. Contrariamente a Benjamin Netanyahu infatti il Generale Doron Avital – ex comandante delle Forze Speciali Israeliane e membro del Comitato di Difesa del parlamento – ritiene che l’Iran ormai abbia svoltato, ”penso che ci sia stato un cambiamento strategico, non solo tattico”. Rouhani d’altronde è una persona pragmatica, e sa benissimo che ora come ora per il suo Iran è più importante avere un’economia forte. Per il resto si può aspettare.

Avital, tra l’altro, sostiene che molti membri del Comitato per la sicurezza di Israele, e tra l’intelligence militare – con il suo comandante Magg. Gen. Aviv Kochavi, e l’ex consigliere della sicurezza nazionale Yaakov Amidror – sono convinti che l’Iran questa volta sia veramente disposto a trovare un accordo.

La cena è proseguita così, tra aneddoti sulla guerra in Libano e ricordi sulla Rivoluzione Iraniana. C’è anche stato spazio per qualche volo pindarico sul futuro strategico e geopolitico della regione. Chissà, magari in futuro l’Iran e Israele si troveranno fianco a fianco per contrastare le potenze sunnite in ascesa del Golfo, dall’Arabia Saudita ai vari principati del petrolio.

Fuori, nel parco del Castello e nel silenzio della campagna si sente solo l’abbaiare dei cani da volpe. Si sta avvicinando l’inverno, ma all’interno l’atmosfera è calda e accogliente, lontana dal caos degli infruttuosi incontri diplomatici formali costruiti più per i telegiornali che per risolvere i problemi.

"E’ straordinario vedere un anziano generale israeliano seduto convivialmente con un ex comandante della Guardia Rivoluzionaria iraniana” esclama il padrone di casa, “un brindisi!”. Succo d’arancia per gli iraniani, vino di Borgogna per gli altri; è la diplomazia, bellezza.

Foto: Zhou Enlai e Henry Kissinger, Beijing 1971.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares