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Bielorussia, un anno fa l’attacco al Centro per i diritti umani “Viasna”

Il 17 settembre, è ricorso il primo anniversario dell’inizio del giro di vite senza precedenti contro il Centro per i diritti umani “Viasna”.

 

In questa occasione 20 organizzazioni per i diritti umani internazionali e bielorusse hanno lanciato la campagna #FreeViasna per chiedere la scarcerazione di sette esponenti di “Viasna” e mettere in luce la situazione di centinaia di altre persone che sono sotto processo o in prigione per aver esercitato i loro diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica.

Fondato nel 1996, il Centro per i diritti umani “Viasna” è la principale organizzazione per i diritti umani della Bielorussia. Da quando ha iniziato a monitorare e denunciare le violazioni dei diritti umani commesse all’indomani delle contestate elezioni presidenziali dell’agosto 2020, subisce costanti minacce e intimidazioni.

Al primo arresto di una sua esponente, avvenuto il 17 settembre 2020, ne sono seguiti altri, accompagnati da irruzioni nella sede nazionale di Minsk e in altri uffici regionali, fino all’apertura di un’indagine contro l’associazione in quanto tale per “organizzazione, finanziamento e preparazione di azioni che violano gravemente l’ordine pubblico”.

Le sette persone di “Viasna” in carcere sono:

Marfa Rabkova (nella foto di Spring96.org), coordinatrice della rete dei volontari di “Viasna”, arrestata il 17 settembre 2020 e da allora in detenzione preventiva. Accusata di “addestramento e altre forme di preparazione di persone per farle partecipare a disordini di massa”, “incitamento all’odio sociale o alla discordia su base razziale, nazionale, religiosa da parte di un gruppo” e “appartenenza a un’organizzazione criminale”, rischia fino a 12 anni di carcere.

Andrei Chepyuk, volontario di “Viasna”, arrestato il 2 ottobre 2020. Accusato di “partecipazione a disordini di massa” e “appartenenza a un’organizzazione criminale”, rischia fino a sette anni di carcere.

Leanid Sudalenka, direttore dell’ufficio di “Viasna” della regione di Homel, arrestato il 18 gennaio 2021. Ha fornito assistenza legale a decine di persone arrestate e incriminate per aver partecipato alle proteste post-elettorali. Accusato di “organizzazione, finanziamento e preparazione di azioni che violano gravemente l’ordine pubblico”, rischia fino a tre anni di carcere.

Tatsyana Lasitsa, volontaria di “Viasna” della regione di Homel, arrestata il 21 gennaio 2021. Accusata di “organizzazione, finanziamento e preparazione di azioni che violano gravemente l’ordine pubblico”, rischia fino a tre anni di carcere.

Ales Bialatski, fondatore di “Viasna”, arrestato il 14 luglio 2021. Accusato di “evasione fiscale”, rischia fino a sette anni di carcere. Nel 2011 era stato condannato per il medesimo reato a quattro anni e mezzo, di cui ne aveva scontati quasi tre prima di ottenere l’amnistia.

Valiantsin Stefanovich, membro del direttivo di “Viasna” e vicepresidente della Federazione internazionale dei diritti umani, arrestato il 14 luglio 2021. Accusato di “evasione fiscale”, rischia fino a sette anni di carcere.

Uladzimir Labkovich, avvocato di “Viasna”, arrestato il 14 luglio 2021. Accusato di “evasione fiscale”, rischia fino a sette anni di carcere.

A loro va aggiunta Mariya Tarasenka, un’altra volontaria di “Viasna” della regione di Homel, arrestata il 18 gennaio 2021 e rilasciata il 21 gennaio, dopo aver firmato un documento col quale si è impegnata a non lasciare il paese. Resta comunque sotto inchiesta per “organizzazione, finanziamento e preparazione di azioni che violano gravemente l’ordine pubblico” e rischia fino a tre anni di carcere.

Quello contro “Viasna” fa parte di un più ampio giro di vite nei confronti della società civile della Bielorussia. Con le 53 chiuse il 22 luglio 2021 su ordine del ministro della Giustizia, sono oltre 200 le organizzazioni della società civile chiuse o in via di chiusura.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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