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Berlusconi, ultima chiamata

L'attuale situazione economica, i peggiori spauracchi finora paventati diventati improvvisamente realtà, e il rischio che portino la sua firma, potrebbero essere la chiave di volta per convincere Berlusconi che, per una volta, è tempo di pensare al Paese. Nel suo interesse, oltre che nel nostro.

E' solo un sogno ma data la situazione potrebbe diventare possibile quello che solo qualche mese fa era pura illusione.

Berlusconi è a fine carriera e fine corsa, in tutti i sensi. Uno come lui, specialmente se dotato di un ego ipertrofico come il suo, alla sua età e ai suoi livelli non cerca più i soldi, non si accontenta più del potere: vuole l'immortalità. Vuole entrare nei libri di storia, essere ricordato come un grande Statista.

Ed era convinto di riuscirci fino a pochi mesi fa, quando pensava di essere Re Mida in grado di tramutare qualunque cosa in oro. Poi i duri colpi inferti alla sua leadership e alla sua persona dalle amministrative, dal referendum e infine dalla sentenza di secondo grado sulla Mondadori lo hanno di colpo risvegliato dal sogno. La carrozza si è trasformata in zucca, e per la prima volta ha constatato di non essere onnipotente.

Ma arrendersi ora, chiamarsi fuori dalla scena in un momento come questo, limitandosi a sistemare i figli e fuggendo ai Caraibi in compagnia di qualche amichetta per godersi in pace gli ultimi anni, significherebbe invalidare il sogno di una vita, ritirarsi dalla gara proprio quando la bandiera a scacchi del traguardo è parzialmente visibile. Significherebbe rinunciare all'ultimo tassello mancante al progetto di glorificazione di se stesso. Rendere vana la forsennata ricerca di consenso popolare, che è sempre stata una delle sue principali preoccupazioni.

Poiché Berlusconi è tutt'altro che stupido, auspicabilmente forse ora ha capito anche lui che la sua immagine è definitivamente compromessa, il suo potere sta venendo meno, il consenso è ai minimi storici. Se va bene verrà ricordato come "quello del Bunga Bunga", se va male come il Premier che ha portato l'Italia al default.

Gli si prospetta un'occasione irripetibile: tentare il tutto per tutto avendo tutto sommato poco da perdere. Potrebbe arrivare ad una riflessione di questo genere: "Ormai sono spacciato in ogni caso, al punto in cui sono e in cui è il Paese, tento il miracolo e faccio quello che va fatto. Privatizzazioni, liberalizzazioni, tagli alla spesa pubblica, alle Province, alle rendite dei parlamentari e alle pensioni fasulle.

Se va male non ho nulla da perdere, se va bene magari finisco nei libri di storia come quello che ha salvato l'Italia dal default".

Ci provi, Cavaliere. Se non vuole farlo per il Paese, lo faccia per se stesso.

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