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Bahrain, oggi il verdetto finale contro i leader del dissenso

 

Questa mattina la Corte d’appello del Bahrain dovrebbe decidere la sorte di 13 attivisti, difensori dei diritti umani e oppositori, tra i principali promotori del movimento che dal febbraio 2011 chiede riforme, democrazia e fine della discriminazione ai danni della maggioranza sciita.

Nei loro confronti, come sanno le lettrici e i lettori del mio blog (e pochi altri, giacché quella del piccolo regno del Golfo persico è una rivolta oscurata e dimenticata), il 22 giugno dello scorso anno un tribunale militare speciale aveva emesso sette condanne all’ergastolo, quattro a 15 anni e due a periodi minori di carcere, in tutti i casi per meri reati di opinione. Tre mesi dopo, il 28 settembre, in un processo farsa durato pochi minuti, una corte marziale d’appello aveva confermato le condanne.

Grazie alla mobilitazione delle organizzazioni per i diritti umani e alle pressioni di alcuni governi, ma soprattutto allo sciopero della fame durato oltre 100 giorni di Abdulhadi Al-Khawaja (nella foto, insieme a sua figlia Zainab e a Nabeel Rajab, il cui processo per un tweet offensivo contro un ministro dovrebbe svolgersi dopodomani), il 30 aprile di quest’anno la Corte di cassazione ha stabilito che l’appello si sarebbe celebrato di fronte a un tribunale civile.

Nonostante l’estromissione dei giudici militari, anche durante l’attuale processo, iniziato il 22 maggio, non sono mancate le irregolarità: i testimoni della difesa non sono stati chiamati a deporre, le ultime udienze si sono svolte a porte chiuse e non risulta siano state prese in esame né indagate le torture (pestaggi, aggressioni sessuali e altro ancora) denunciate dagli imputati nei primi giorni di carcere, per costringerli a confessare di avere (cito dalla sentenza di primo grado) “costituito un gruppo terroristico per rovesciare il governo reale”.

Intanto, una doppia buona notizia: domenica sono stati scarcerati Jaffer Salman e Ali Hamaidan, che stavano scontando una condanna a due anni, emessa un anno fa, per “assembramento illegale”.

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