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Avanti popollo!

Confido mi si perdonerà la crudezza con la quale in quest’occasione provo a riassumere ed a ribadire il senso di un approccio che a prima vista può sembrare puramente contemplativo, ma il cui intento si rivela, a saperlo cogliere, eminentemente pratico. 

L’essere consci della concretezza e dell’emergenza dei problemi, non significa affatto che la loro eterna non-soluzione non abbia un’origine diversa da quella che si ascrive al cosiddetto livello di ‘realtà’. Anzi, è proprio tralasciando quella particolare ’origine’, che si continua a mancare il bersaglio ed a lasciare che lo centrino sempre i soliti ‘noti’. Del resto, ai poco noti è già concessa l’espressione del voto e tanto deve bastare; ciò che ‘conta’ davvero sia dunque lasciato ai ‘titolari’ della popolare delega.

E’ davvero un peccato constatare che chi si indigna di fronte alla vergogna politica italica (e non solo italica), non sia ahinoi in grado di cogliere ed affrontare criticamente il livello più ‘autentico’ delle questioni, un piano sul quale, mentre i polli si beccano fra loro, i ‘padroni’ del pollaio, i politici e le varie intellighenzie di ‘regime’, giocano la ‘loro’ vera partita. Una partita che rimane, con le sue Reti & il suo Senso, interamente Cosa loro

Una partita con la quale i ’popolli’ non c’entrano davvero niente. I popolli non devono c’entrare e non devono capire qual è la guerra astratta che giocano i ‘loro’ prezzolati rappresentanti di regime, con i loro ‘esperti’ linguaggi. I loro linguaggi casti e puri.

Tacere allora significa a tutti i livelli, per ignoranza o per connivenza, tacere sul senso della vera partita che giocano i ‘rappresentanti’ del popollo (quello senza le palle di Apelle che, come noto, con la pelle del pollo ci fece una palla). Dire “Io so”, dovrebbe allora significare “Io so (anche) ciò di cui ‘quelli’ sanno”, qual è la loro palla e come se la giocano lorsignori. Qual è dunque la palla che è in gioco sulla pelle dei popolli?


Mentre i popolli subiscono e lamentano lo schiacciamento ormai ’totale’ da parte dei loro rappresentanti, ’quelli’, insieme alle caste intellighenzie che ne supportano i mix-fatti, combattono una guerra di tutt’altra natura; una guerra astratta della quale, se non si svelano gli arcani, i popolli sono più che mai liberi di continuare a non capire un H. (Cfr. al metastorico H dere del quale ho parlato lo scorso 23 dicembre ed all’articolo The verygOLD Empire State Building Mind)

La casta guerra, fin dove può, resta virtuale, si gioca sul piano concettuale, fra la sinistra della destra e la destra della sinistra; un bel valzer nel quale i ballerini stanno attenti a non pestarsi i piedi, ad usare gli argomenti buoni per gli addetti ai lavori. Cosa sanno i popolli di giddensiane terze vie, di parallele convergenze, di quello che Foucault chiamava più in generale l’ordine del discorso? Cosa c’entrano i popolli con il mistico centro dell’accademico Severino e di quello del mieloso Corriere della Sera? Cosa sanno i popolli dei signori del ’divinero’ centro?

Nel laico relativismo postmoderno, vince la partita chi sa meglio gestire il vuoto culturale, lo svuotamento del paradossale doppio senso del divino nero centro. Vince chi ‘fornisce’ la migliore infinita illusione.
Ma cosa c’entrano i popolli con Tutto ciò? 
I popolli c’entrano un bel cacciariano Ni-ente. 

Suvvia popolli, non disturbate i manovratori alla guida del mezzo ed alla conquista del relativo centro.

 

 

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