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Australia, ristorante con menù iPad. Cosa si fa pur di vendere

Australia, ristorante con menù iPad. Cosa si fa pur di vendere

Splendida notizia dagli antipodi: un ristorante australiano ha sostituito il menu cartaceo con l’iPad. Non occorre essere un esperto di marketing per scoprire una bufala che puzza di marcio a qualche migliaia di chilometri di distanza (il genio di Steve Jobs è senza limiti) e se ne sono accorti anche i bontemponi australiani, vedi i commenti.

Andiamo con ordine. Lasciamo perdere tutte le motivazioni psico-sociologiche del servizio al cliente, come il rapporto umano tra azienda (cameriere) e consumatore finale, il cibo come comunicazione e trasmissione della cultura di un paese, eccetera eccetera eccetera. Si potrà sempre eccepire che un link ad ogni voce può rimandare a Wikipedia che informa il commensale sul Parmigiano Reggiano o sul lardo della Val Rendena.

Lasciamo anche perdere la bellezza e l’allegria (altro valore aggiunto in un pasto al ristorante) di un tavolo, tutto impegnato fra ordinazione virtuale, link alle qualità wikipediane dei cibi e dei vini: una splendida serata di interazione sociale.
Lasciamo perdere tutto questo e pensiamo ai banali numeri.

A prescindere dai tempi non certo brillanti, quale ristorante anche piccolo può permettersi un investimento in iPad? Prendiamo il modello base, 499 euro o dollari, fa lo stesso se ben ricordo, moltiplichiamolo almeno per 30 pezzi, ed abbiamo la bella cifra di 14.970 bigliettoni; mettiamo un pasto medio di 30 euri/dollari, fanno quasi 500 pasti solo per ammortizzare la spesa.

Dobbiamo pensare, poi, al costo di rimpiazzo di quelli che spariranno come souvenir (l’ho fatto anch’io in qualche locale straniero, con quelli cartacei ovviamente) e fatevi i calcoli della bella pensata.

Se il ristoratore non è un filantropo, pensiamo a quanto verrà "spalmato" il loro costo sul cliente: se i costi generali devono rimanere entro il classico 30%, il prezzo medio del pasto dovrà aumentare del relativo 30% per pareggiare i conti. Ok, son cacchi soldi suoi, ed ognuno può farne quello che vuole; personalmente investirei 15 mila euro in altri modi ma, ripeto, ognuno è libero di fare quello che vuole con i propri soldi.

Pensiamo ora al discorso tecnico. Qui non abbiamo un classico "gestionale", in uso da noi da qualche decina d’anni (nulla di nuovo sotto il sole): il cameriere raccoglie le ordinazioni varianti comprese sul proprio computerino portatile e le trasmette alla cucina e al bar i quali tramite stampante le trasformano nelle classiche comande.
Qui abbiamo un’app (ed anche questo è un ulteriore costo per gli sviluppatori) personalizzata (pubblica?) che interagisce con cucina e bar, e solo con quella cucina e quel bar. La cosa è inverosimile sotto molti aspetti.

E’ chiaro che la campagna pubblicitaria della Apple ha centrato il segno: con pochi soldi hanno imbastito su uno pseudo-ristorante con pseudo-clienti (guarda caso tutte belle donne, nella foto di Ross Schultz) ed il gioco è fatto perché ne parli tutto il mondo e perché qualche gonzo ci caschi e vada in un Apple Store ad acquistare qualche decina di tavolette (sarà compreso negli incentivi statali per l’innovazione tecnologica?).

Grande Steve, ma io resto vetero cartaceo e non me ne vergogno.

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