Attentati a Parigi: dopo aver pianto i morti
di Alessandro GALATIOTO
Dopo aver pianto i morti, e prima che i rutti di Salvini coprano tutto e il berciare dei fascistelli da tastiera impedisca di fare riflessioni sensate, avrei qualcosa da dire.
Passato lo sgomento per i fatti di Parigi, se avremo il coraggio di guardare, scopriremo che “la guerra in casa” non viene dal medioriente: la guerra in casa ce la siamo allevata.
Scopriremo che gli attentatori di Parigi, molto probabilmente, sono cittadini francesi nati e cresciuti in Francia, figli di quel sotto proletariato che popola le banlieu (chiamiamole borgate o coree che si capisce meglio), che riempie le liste della evasione scolastica e quelle dei disoccupati. Rimandarli a casa loro è una corbelleria gigante.
Parigi è la loro casa. I loro nonni, i loro padri ci sono venuti da cittadini francesi perché nativi delle colonie: rimandarli a casa è stata la follia. Relegarli tra i loro eguali, rinchiuderli ai margini della ricchezza, creare scuole ghetto, respingerli verso il peggio delle interpretazioni islamiche invece che includerli laicamente: questo è l’errore più grande.
Se ci si ferma a riflettere i terroristi dell ISIS francesi non sono poi tanto diversi dai terrorismi degli anni ’70 e ’80. In entrambe le situazioni una ideologia era usata per coprire un conflitto di classe: i dropout VS “I ricchi”.
Chi favorisce l’arruolamento in queste organizzazioni non è tanto lo sceicco saudita (anche se abilmente le sfrutta) ma piuttosto la mancanza di speranza nel futuro, perché non è vero, a Parigi come Roma, che se sei il figlio del manovale a giornata puoi diventare il presidente della repubblica.
Se nasci povero hai il 99% delle possibilità di frequentare pessime scuole, frequentare pessime compagnie e restare povero o cercare di arricchire illegalmente. Mettere mano a quanto prima illustrato comporterebbe una seria politica di redistribuzione della ricchezza.
Per carità.
Andiamo a bombardare la Siria, tutti bellicosi fino al prossimo attentato.
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