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Attacco finale al Kurdistan siriano?

di GIANNI SARTORI

Erdogan annuncia che vuol fare “una pulizia completa”

 

Da ormai quattro anni – da quando le orde dello Stato islamico attaccarono Kobane – il 1° novembre si celebra il ««World Kobanê Day».

Isis & C. incontrarono a Kobane la strenua resistenza di YPG e IPJ che almeno per un certo tempo godettero della simpatia (anche se non sempre disinteressata) di ampi settori dell’opinione pubblica internazionale democratica.

Già allora dietro ai tagliagole dell’Isis si intravedeva il volto neanche tanto mascherato di alcuni Stati – la Turchia in primis – che fornirono armi, assistenza e finanziamenti.

Qualcuno si ricorda della visita di Erdogan al confine con Kobane per annunciare che «Kobane può cadere da un momento all’altro»?

Invece Kobane non era caduta. Aveva resistito seppellendo sotto le macerie l’assalto di Isis.

Ma evidentemente Erdogan se l’era legata al dito e oggi vorrebbe far completare direttamente al suo esercito quello che Isis aveva maldestramente iniziato.

Il recente vertice di Istanbul (Turchia, Francia, Russia e Germania) sembra avergli fornito l’opportunità per nuove minacce al Nord della Siria. Sono ripresi i bombardamenti (impuniti,come sempre, alla faccia del Diritto internazionale) sul Rojava in generale e su Kobane in particolare. Nella completa indifferenza sia degli Stati che hanno partecipato al vertice, sia della coalizione internazionale contro l’Isis.

Si finge di ignorare che chi ha difeso Kobane (YPG, YPJ e Forze democratiche siriane) ha poi contribuito – al prezzo di grandi sacrifici e di un gran numero di caduti – a liberare altre aree in mano all’ Isis.

Inoltre non si vuole stabilire un nesso evidente: la ripresa degli attacchi da parte di Ankara – di fatto – costituiscono un valido supporto all’Isis. Non è solo una coincidenza che l’Isis abbia approfittato dei bombardamenti turchi per effettuare nuovi attacchi contro il villaggio di Hejin nella zona di Dera Zor. Dato che questa zona rappresenta ormai uno degli ultimi suoi bastioni – se non proprio l’ultimo – è scontato affermare che la Turchia è intervenuta direttamente per soccorrere l’Isis.

A tale proposito la Resistenza curda ha rivolto un appello alla coscienza democratica internazionale:

«Questo attacco dello Stato turco contro il Rojava è anche un attacco contro il governo democratico e contro l’umanità. Chiediamo alla coalizione internazionale di chiarire la propria posizione nei confronti della Turchia, che fornisce supporto ai terroristi dell’ISIS. Gli attacchi dello Stato turco sono contrari alle strategie della coalizione internazionale contro il terrorismo. La coalizione deve agire il più presto possibile e fermare il supporto della Turchia per l’ISIS. Gli Stati devono condannare gli attacchi turchi contro le aree sicure nel nord della Siria».

Intanto Ankara ha annunciato un attacco imminente e su vasta scala nel Kurdistan siriano, in particolare nell’area a est del fiume Eufrate.

Da Erdogan in persona è venuta questa inquietante dichiarazione: «Abbiamo finalizzato una strategia per una pulizia completa ed efficace dell’area a est del fiume Eufrate dove sono basate le milizie curde che minacciano la Turchia».

La Turchia non sembra preoccuparsi più di tanto nemmeno della presenza in tale area di militari statunitensi (ufficialmente circa 5mila).

Va ripetuto che in realtà l’attacco a est del fiume Eufrate era già iniziato. Con l’artiglieria turca impegnata da almeno due settimane a martellare le posizioni curde, mentre l’aviazione aveva ripetutamente colpito alcune basi.

Rimane aperta l’incognita statunitense. Gli Usa manterranno l’impegno con i curdi o lasceranno al loro alleato storico (la Turchia, per quanto ultimamente i rapporti appaiano piuttosto tesi) la possibilità di vendicarsi definitivamente di questi irriducibili combattenti?

Vien da commentare che se le residue speranze per i curdi del Rojava sono riposte negli USA il mondo è messo davvero male.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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