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Arriva a Milano Kendrick Lamar, la stella Usa dell’hip hop

Chi lo doveva dire a Kendrick Lamar, la nuova stella dell'hip hop mondiale, che il suo good kid, m.A.A.d. city sarebbe diventato per molti uno dei migliori album del 2012, unendo i gusti più disparati, di pubblico e critica?

Eppure è successo, per questo ragazzo che del Gangsta Rap non avrà il fisico, ma ha sicuramente le rime. Quello che ha di sicuro, però, a detta di chi lo segue dai primi demo è il talento che lo aiuta nella musica quanto nei testi. E, ovviamente, un padrino d'eccezione, uno di quelli che, insomma, ne capiscono, ovvero Dr Dre, guru di uno come Eminem e amico e collega di uno dei miti (di quelli che si rafforzano con la morte giovane e violenta) del rap americano, ovvero 2Pac, col quale scrisse quel capolavoro che è California Love.

Nativo di Compton, uno dei quartieri più duri di Los Angeles, Lamar si è contraddistinto sin da giovanissimo per la sua musica tanto da farlo notare nell'ambiente, fino, come detto all'arrivo di Dr Dre che l'ha incluso nel rooster della sua etichetta, la Aftermarth Record.

Un solo album e il nome di Lamar è sulla bocca di tutti al fianco di miti della scena statunitense. Sì perché good kid, m.A.A.d. City, come dice Rachel Kaadzi Ghansah che ne ha scritto un lungo articolo sulla Los Angeles Review of Books, “ha eccitato tutta la critica pagata bei soldi per non essere troppo eccitata”, Un articolo lungo e pregno intitolato “When the Lights shut out: Kendrick Lamar and the decline of the black blues narrative”, il cui core sono proprio i testi di questo ragazzo. Anche se nonostante il suo stile sia particolare come “una bamboula di Congo Square (piazza centrale della musica creola a New Orleans, ndr), alimentata da The Inflated Tears (album di Roland Kirk)”, non è quello che rende il suo lavoro importante, ci dice la Ghansah bensì “il modo in cui l'autobiografico 'good kid m.A.A.d city' è così letterario (novelistic, ndr) e così chiaramente legato alla tradizione letteraria blues”.

Insomma 11 pagine dedicate per descrivere quello che sembra sarà qualcosa in più di un fenomeno temporaneo, della next big thing, contando anche le menzioni che ha avuto sui giornali di tutto il mondo, con la bibbia indie Pitchfork che lo ha nominato album dell'anno (ma Pitchfork da un po' è stato illuminato sulla via del rap, anche grazie al lavoro di Kanye West). Il “Bob Dylan nero” secondo Pharrell o il “il John Coltrane dei nostri giorni” come lo definisce Terrence Martin, uno dei producer del disco, mentre Kreg Kot del Chicago Tribune ha scritto, del suo esordio che "Il debutto su major di Lamar, probabilmente è l'uscita discografica hip hop più significativa degli ultimi anni". E tante sono anche le collaborazioni, tra cui quelle Pharrel, Drake, Mc Eiht e Mary J. Blige.

Proprio domani Lamar è atteso, per l'unica data italiana, a Milano per uno di quegli appuntamenti da non perdere. L'attesa è ancora maggiore visto lo spostamento della data, che doveva essere, originariamente, a gennaio, sempre ai Magazzini Generali.

Ad aprire il concerto sarà uno delle stelle dell'hip hop italiano, ovvero Ensi che presenterà il suo ultimo lavoro “È tutto un sogno”.

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