• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Arabia Saudita: memoria del calcio e “cancel culture”

Arabia Saudita: memoria del calcio e “cancel culture”

Molti si stanno interrogando, su diversi piani (storico, politico, economico) intorno al fenomeno in corso del trasferimento verso la penisola arabica dell’asse di riferimento del calcio mondiale.

di di Franco Astengo

Una prima risposta potrebbe essere quella dell’intuizione da parte degli sceicchi del valore del calcio come arma pubblicitaria di “distrazione di massa”: una analisi antica che già mosse i regimi totalitari (in particolare il fascismo) negli anni’30 che puntarono molto sull’universalità del gioco, il divismo (ben alimentato dalla trasformazione dei mezzi di comunicazione in atto in quel tempo), la globalizzazione degli avvenimenti sportivi (cui contribuirono molto i giochi olimpici di Los Angeles del 1932, i campionati del mondo di calcio in Italia nel 1934 e soprattutto le Olimpiadi di Berlino del 1936, esplosione del gigantismo architettonico-mediatico del nazismo al culmine della sua potenza).

Il calcio ha sempre espresso una forte egemonia su questi fenomeni rispetto alle altre discipline (pur cresciute con il tempo nell’immaginario dei popoli): adesso gli arabi stanno cercando di spostare – dal punto di vista economico, geografico, di immagine – il riferimento globale di questa egemonia sportiva, mediatica, culturale, di vera e propria affermazione d’identità.
La novità arriva da Neom, la città futurista voluta dal chiacchierato principe ereditario Mohammed bin Salman.
Neom situata nella provincia di Tabuk in prossimità del Mar Rosso è costruita in pieno deserto seguendo criteri da smart city con un investimento da un trilione di dollari.
Neom si dividerà in quattro regioni, differenziate per funzioni e popolazione: Sindalah, Trojena, Oxagon e Line.

Restiamo al calcio: la squadra della nuova città si chiamerà Neom Foot Ball club e avrà sede nella regione di Line: una città verticale e interamente alimentata da energie rinnovabili con rinuncia ai mezzi di trasporto tradizionali.
In quel luogo sarà allocato il club calcistico: nel nulla e arrivato dal nulla.
Un esperimento sociale calcistico nel contesto di un esperimento sociale e territoriale di portata ben più ampia: quasi la realizzazione di un’utopia anticipatrice del “secolo dei lumi”.
In questo senso i sauditi stanno rivoluzionando il calcio, azzerando il corredo simbolico che lo ha caratterizzato là dove tra l’800 e il ‘900 si è sviluppato.


Una vera e propria operazione di “cancel culture”: i sauditi sanno di non poter disporre di questo corredo storico e soprattutto che questo corredo storico è tra le poche cose che non si possono comprare.
Dunque è anche per questo che la nascita del Neon FBC (non a caso la sigla “classica” dell’esportazione del calcio degli inglesi nel mondo magari con l’aggiunta Cricket and Athletic come fu per il Genoa, la squadra “più inglese” d’Europa) va valutata con attenzione: nella città sorta da zero e destinata a diventare da subito una metropoli globale sorge un club privo di passato ma pronto a competere ai massimi livelli sul piano internazionale.

Inoltre il Neom, nella logica della distruzione di tutte le roccaforti della memoria, non giocherà in un solo stadio: saranno costruiti stadi per ogni zona della città e la squadra si sposterà partita per partita facendo in modo che il pubblico non debba dar vita di continuo a esodi di massa.
Scomparirà così il mito delle “curve storiche”: Anfield Road, Old Trafford, la curva “gialla” del Borussia, i “templi” di Wembley, San Siro, Prater.

Insomma: il centro d’attrazione per il calcio internazionale diventerà sempre di più quello dei “capitali della modernità” utilizzati per attrarre e compiere un’operazione culturale e politica di grandissima ambizione: ricomporre e ritrasformare la logica della globalizzazione e le grandi transizioni che si stanno presentando (compresa quella verso un altro “immaginario” per l’appunto globale che non può avere storia).

Sarà possibile?!
Quanto vale il nostro passato ben oltre il valore degli investimenti miliardari e della collezione di figurine animate? Il calcio così come è stato vissuto in Europa e in Sud America e poi trasferito nel mondo seguendo e rispettando le tracce di quella storia è destinato agli archivi, alla lettura degli albi d’oro e a una sorta di “fine della storia”?

Interrogativi che valgono molto anche sotto l’aspetto del rapporto di massa che il potere mediatizzato potrà instaurare andando oltre alle identità storiche in un quadro nel quale ci si sta misurando per superare gli antichi equilibri: l’adesione al BRICS dell’Arabia Saudita e insieme dell’Iran, in una contraddizione solo apparente, è segnale di questa ricerca aperta collocata ben oltre la logica dei blocchi.

Il calcio potrebbe rappresentare in questo contesto un veicolo non di secondo livello, tanto più che vi si trovano assieme Brasile e Arabia Saudita.
Come si potrebbe dire restando al calcio: il vecchio declinante ormai ridotto al ruolo di esportatore di calciatori e il nuovo che vuol far nascere da zero una idea diversa dello sport che rimane il più popolare.
Per noi che pretendiamo di cimentarci con la storia del calcio non ci resterà, probabilmente, altro che la possibilità di raccontarla come se si trattasse della storia dell’impero romano. Così fu il Real Madrid e non sarà cosa da poco se osiamo pensare a un multiculturalismo senza memoria.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità