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Anteprima inchieste di Report: Il 5G in Italia, la guerra sui cieli del Tirreno e i signori dei sondaggi

I signori dei sondaggi in Italia, come funziona il 5G e come si pianifica l’installazione delle antenne, infine un servizio sulla strage di Ustica, l’abbattimento di un aereo civile italiano sui cieli del Tirreno la sera del 27 luglio 1980: questi gli argomenti dei tre servizi che andranno in onda questa sera.

La guerra nei nostri cieli

Il 27 giugno del 1980 l’areo DC9 IH 870 dell’Itavia decolla da Bologna con a bordo 81 persone e cinque membri dell’equipaggio. Il volo parte con quasi due ore di ritardo. Quel volo passa sopra Firenze, Bolsena, lascia alla sua destra Roma, avrebbe dovuto arrivare per le 9 di sera a Palermo. Ma dopo le 20.59 la sua traccia scompare sui radar della nostra aeronautica: le operazioni di soccorso iniziano laddove è stata lasciata l’ultima battuta radar, sul punto Condor, mentre a Palermo ai parenti dei viaggiatori viene detto che l’areo è scomparso. Di fatto l’aereo è stato abbattuto sui cieli del Tirreno, uccidendo le 86 persone a bordo. È stata il più grave incidente dell’aeronautica civile e, ancora dopo 44 anni, siamo qui ad aspettare che si faccia luce sui responsabili.
Luca Chianca ha intervistato Daria Bonfietti, presidente dell’associazione vittime della strage, chiedendole quale fossero state le sue prime sensazioni, quando si rese conto che non si trattava di un semplice incidente: “la sensazione era quella di chi quel 28 giugno a Bologna mi dissero che l’areo era dato per disperso, alle 5 della mattina, quindi capivo che nemmeno loro avevano un’idea di cosa potesse essere successo e quindi capivo che era una cosa strana ..”
Dopo ben 44 anni su Ustica ci sono state 19 sentenze e da 17 anni c’è ancora una indagine in corso sulla pista francese (tirata fuori da Cossiga nei primi anni del duemila e recentemente dall’ex presidente del Consiglio Amato). Mentre per le sentenze penali le cause del disastro rimangono sostanzialmente misteriose (rimane aperta ancora l’incredibile ipotesi della bomba), quelle civili confermano uno scenario di guerra nei cieli italiani quella notte, confermando che fu un missile ad abbattere l’aereo civile.
“[L’aereo fu] abbattuto all’interno di un episodio di guerra aerea, guerra di fatto ma non dichiarata, operazione di polizia internazionale contro il nostro paese di cui sono stati violati i confini e i diritti” è il giudizio di Daria Bonfietti.

Va bene lo scenario di guerra, ma quali gli attori, di quale bandiera gli aerei e, soprattutto, quale la ragione di quel conflitto sui nostri cieli?
Vittorio Russo nel 1980 era il tecnico di Itavia che si occupava delle infrastrutture, oggi a 70 ha deciso di parlare di Ustica per la prima volta: l’ipotesi del missile l’aveva messa subito in conto. A Report racconta di aver individuato subito il pezzo dell’aereo, una parte del carrello molto robusta che ha rotto tutto e ha spinto un frammento dentro la cabina. Necessariamente deve essere stato un oggetto esterno, un missile, che ha colpito l’aereo spingendo le parti strutturali robuste al suo interno verso i passeggeri.
La vicenda dell’I-Tigi è intrecciata a quella del Mig libico ritrovato (o fatto ritrovare) sulla Sila il 23 luglio del 1980. Report ha raccolto la testimonianza dell’avvocato Enrico Brogneri che, alle nove di sera del 27 giugno mentre era in macchina a due passi dallo stadio di Catanzaro vede passare sopra la città un aereo da guerra poco sopra le case.
Era forse il Mig libico?

Le ricostruzioni di quella guerra sui nostri cieli riportano il Mig accanto all’aereo civile, assieme ad altri aerei militari: lo dicono gli stessi esperti della Nato interpellati dai giudici italiani che hanno nel documento consegnato nel 1997 che, in base alle tracce radar, individua una serie di aerei britannici e di altri paesi della Nato, senza però riuscire però a risalire alla nazionalità di quegli aerei. Di sicuro c’è che in volo, quella seria sul Tirreno c’erano 5 aerei che nemmeno la Nato è riuscita ad identificare perché hanno il transponder spento.
Quale paese dentro la Nato o vicino alla Nato come la Francia azzarderebbe mai di spegnere sul territorio italiano il sistema di identificazione? È molto improbabile che sia stato un paese della Nato, secondo Daniel Serwer consigliere scientifico e vice ambasciatore americano tra il 1977 e il 1983, questa operazione avrebbe potuto essere fatta dai sovietici, gli iraniani e altri paesi del medio oriente. E qui si arriva al quinto scenario, quello di cui aveva parlato il giornalista Claudio Gatti (che è stato consulente di questo servizio) in un libro proprio con questo titolo: uno scenario che tira in ballo il Mossad e Israele:

 

Qualcuno in tanti anni, in punto di morte, per dar fiato ad una coscienza azzittita per anni, sostiene in soldoni Gatti, avrebbe raccontato la verità, consegnato ad un memoriale il disvelamento degli scomodi segreti di Ustica.Non in Israele. Dove tra l’altro – storicamente – c’era tutto l’interesse a “sferrare” un attacco alla Francia “collaborazionista” col regime iracheno. Saddam Hussein infatti era in possesso di armi di distruzione di massa e della bomba. La bomba nucleare che gli isreaeliani temevano fosse diretta ai loro territori. Una questione di sopravvivenza in vita di uno Stato. Una ragione che spinse il Mossad, a bombardare l’Iraq senza alcun preventivo avvertimento agli Stati Uniti d’America e al presidente Ronald Reagan. Mettendo a rischio, proprio nel 1981, una pace mondiale raffazzonata con difficoltà. E ancora incredibilmente labile. Come ebbe modo di dimostrare ancora la prima e la seconda guerra del Golfo, a partire dagli anni ’90. Claudio Gatti è testimone attento, scrupoloso di questa quinta ipotesi. “Le mie sono teorie indiziarie. Nessuna prova chiaramente, ma un quadro credibile in cui i protagonisti – lo dico ancora oggi a tanta distanza – sono tutti riconoscibili”.

 

Ad ogni anniversario della tragedia spuntano nuove ipotesi, nuove dichiarazioni che dovrebbero far luce sul “mistero” (che poi non è tutto mistero): l’ultima è stata quella dell’ex presidente del Consiglio Amato, lo scorso settembre (con qualche mese di ritardo) è tornato a parlare di Ustica. Luca Chianca lo ha intervistato: su Ustica ha detto che la sua vita è stata incompiuta

“Si, l’ho detto perché alla mia età ho fatto tante cose, cosa è rimasto di non fatto? Io nella faccenda di Ustica ci entrai perché nei lontani anni 80 i familiari delle vittime si erano rivolte al capo dello Stato [Cossiga], il capo dello Stato aveva girato la lettera al Presidente del Consiglio che era Craxi, io ero sottosegretario alla presidenza e il compito di lavorarci fu mio. Sono passati da allora più di 40 anni ed è rimasto un mistero, chi ha vissuto questa vicenda, allora aveva l’età che avevo io e ora ha la mia, se ha la verità dentro di sé, è ora di dirla..”
Sarebbe però, aggiungo io, ora di fare nomi, di smetterla con inviti generici.

Sul Fatto Quotidiano Marco Lillo Fatto Quotidiano Marco Lillo ha pubblicato una anticipazione del servizio dove si parla di questo "quinto scenario", che al momento non è solo poco più che una ipotesi suffragata da alcune testimonianze, che il servizio mostrerà questa sera

 

“Fu un aereo da guerra israeliano ad abbattere il Dc-9 sopra Ustica”

 

LE INCHIESTE. REPORT E IL LIBRO DI GATTI - L’ipotesi Begin. Voleva bloccare l’uranio per Saddam

A 44 anni di distanza dalla strage di Ustica escono un libro e un’inchiesta tv con documenti inediti e testimonianze esclusive che rilanciano la pista israeliana.

Ad abbattere per errore il Dc9 dell’Itavia, causando 81 morti, sarebbe stato un aereo militare israeliano che volava in segreto senza farsi tracciare. L’obiettivo della sua squadriglia sarebbe stato un altro: un aereo civile francese con un carico di uranio arricchito destinato al programma nucleare iracheno. Due giorni prima, il 25 giugno, c’era stato un primo volo decollato da Marsiglia con un carico di uranio. Gli israeliani si attendevano un secondo volo per Bagdad, previsto per il 27 giugno e non effettuato.

 

Report stasera dedicherà a questa pista (ipotetica ma avvincente) l’inchiesta realizzata da Luca Chianca in tandem con Claudio Gatti, il primo sostenitore di questa tesi, l’autore del libro “Il quinto scenario – Atto secondo”, edizioni FuoriScena. “Atto secondo” perché già nel 1994 Gatti aveva dedicato un libro alla pista israeliana che ora si arricchisce di documenti e testimonianze scovate in anni di lavoro.

 

La scheda del servizio IL V SCENARI Di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

Consulenza Claudio Gatti 

 

Il 27 giugno del 1980 l'aereo Dc9 Itavia 870 con a bordo 81 persone parte dall'aeroporto di Bologna con quasi due ore di ritardo, direzione Palermo. Dopo le 20.59 l'aereo scompare dai radar, inabissandosi nel bel mezzo del Tirreno. Oggi, dopo 44 anni disponiamo di ben 19 sentenze. Mentre per quelle penali le cause del disastro rimangono sostanzialmente misteriose, le sentenze civili confermano uno scenario di guerra nei cieli italiani sopra Ustica, affermando che furono uno o più missili ad abbattere il Dc9. Negli anni si sono cercate evidenze sulla pista italiana, americana, libica e francese e qual è stato il risultato? La magistratura non è riuscita a cavare un ragno dal buco e quello di Ustica è rimasto un mistero. Report ha deciso di cambiare approccio, indagando se nella storia dell'aviazione fosse mai successo che un velivolo civile fosse bersaglio di un agguato aereo e si è scoperto che l'unico paese al mondo coinvolto in operazioni di questa natura è Israele. Una dettagliata inchiesta che propone un nuovo scenario attraverso testimonianze inedite ad appartenenti ai servizi segreti israeliani, comandanti e generali dell'aviazione militare dello Stato di Israele che intorno agli anni '80 hanno realizzato le più strabilianti operazioni segrete della storia dell'aeronautica. L'abbattimento del Dc9 potrebbe far parte di un tragico errore operativo, avvenuto per bloccare la fornitura di uranio arricchito che la Francia spediva con aerei civili in Iraq per sviluppare il programma nucleare di Saddam Hussein, minaccia esistenziale per lo Stato di Israele.

 

Il rapporto tra politica e sondaggi

Finalmente un’inchiesta che racconta del rapporto tra politica e sondaggi in Italia, dove si vota almeno una volta all’anno e dove settimana dopo settimana si pubblicano sondaggi usati spesso come arma di propaganda in un verso o nell’altro.
Ma quanto sono attendibili? Il servizio di Report parla di quanto successo in Abruzzo alle ultime regionali, esempio di quanto un campione fatto male possa distorcere i risultati di un sondaggio. Il centro sinistra era convinto di essere in rimonta.
Lo racconta Mirko Rossi responsabile della campagna elettorale del PD: “i sondaggi sia quelli commissionati dalla nostra coalizione sia quelli che venivano pubblicati comunque confermavano ciò che si percepita, che il divario [tra le due coalizioni] andava riducendosi ”.

Ma era un abbaglio, il governatore uscente Marco Marsilio, fedelissimo di Giorgia Meloni ha stravinto di quasi 7 punti: “i sondaggi non hanno intercettato la dinamica territoriale del voto, quello che è stato il riversamento del consenso sulle province ..”
Report si è fatta consegnare la matrice del sondaggio che ha condizionato la strategia politica del centrosinistra in Abruzzo: si tratta dell’elenco completo delle persone contattate per realizzare il sondaggio, assieme ai giornalisti era presente il professor Di Franco che le ha analizzate con un programma specializzato.
Con questo programma posso controllare le informazioni sui soggetti – spiega nel servizio il professore – “scorrendo l’elenco vedo che c’è una grande prevalenza di persone anziane .. 89 anni, 87, 85, 83 anni.. l’età media di questo campione è 65 anni, tenete presente che in Italia l’età media è tra 41 e 42 anni, qui abbiamo 20 anni in più di età media e questo non sta né in cielo né in terra..”
Per questo hanno toppato i risultati? “Essendo sbilanciato il campione sulla popolazione di elettori ultrasettantenni, proprio in quella categoria sono più forti i voti del centrosinistra.”

La scheda del servizio: I SIGNORI DEI SONDAGGI Di Lorenzo Vendemiale e Carlo Tecce

 

Inchiesta esclusiva di Report sul mercato dei sondaggi in Italia: chi sono i padroni, quali rapporti hanno con i partiti, quali segreti nascondono, con quali conflitti di interessi lavorano. Per la prima volta un servizio giornalistico dimostra con documenti inediti come funzionano i sondaggi in Italia e come, spesso, diventano strumento di propaganda e di manipolazione della pubblica opinione. Focus sulle recenti regionali di Sardegna e Abruzzo, sulle imminenti elezioni europee e sugli exit poll nella notte degli scrutini.

 

Antenna selvaggia in Italia

Un confronto tra Italia e Svezia sul tema del 5G, quali investimenti sono stati fatti, come la politica ha guidato la transizione, l’installazione delle antenne per le nuove frequenze.
In Svezia, 10 ml di abitanti e 3,5 ml di abeti e betulle, il 5G prende anche in mezzo alle foreste dove le macchine per il taglio degli alberi sono guidati remotamente da un operatore con un cellulare: è frutto della ricerca fatta da un centro di ricerca finanziato in parte dal pubblico in parte da altre aziende private. Alla Skogforsk si occupano di logistica, sviluppo sostenibile e riforestazione, puntando sulle soluzioni tecnologiche innovative per uno dei settori chiave dell’economia svedese.

Tutte le macchine addette al taglio degli alberi e alla loro movimentazione sono manovrate da remoto da un operatore al chiuso dentro un ufficio: basta avere un paio di computer e una connessione internet tra la macchina e la centrale operativa collegati attraverso un’antenna 5g. E se cade la connessione? C’è un pulsante di sicurezza, come se l’operatore fosse sulla macchina, che blocca tutto in caso di necessità. Guidare la macchina al computer è come guidarla stando fuori dentro la cabina, vedi le stesse cose e ti muovi allo stesso modo, servono solo pochi minuti per prenderci la mano – spiega alla giornalista l’operatore - col visore a realtà aumentata si ha veramente l’impressione di essere in mezzo alla neve.
E invece in Italia? Il governo Meloni lo scorso dicembre ha emanato una legge che ha innalzato il livello dei limiti elettromagnetici delle antenne televisive: questa legge dovrà dare impulso all’installazione di nuove antenne per il 5G, ma di fatto, è anche un bel regalo alle TLC perché consente loro un bel risparmio nel montarne di nuove senza sforare i limiti.
 

Va detto che in Italia abbiamo limiti (15 v/m) più bassi tra quelli europei (per l’Europa il limite è 61 v/m). Nell’anticipazione del servizio che trovate su Raiplay si racconta di come però queste installazione siano fatte senza tener conto del parere delle amministrazioni locali: all’improvviso su un campo, su una collina spunta un’antenna camuffata da albero – è successo nell’entroterra marchigiano senza che siano posti vincoli paesaggistici all’installazione dell’azienda Iliad.
Racconta uno dei proprietari delle case vicine: “ci sono case che non hanno nemmeno l’acquedotto, però portiamo il 5G, quindi c’è questa assurdità paradossale ..”
Quando gli assessori, come a Fano, negano le autorizzazioni, arrivano i ricorsi al TAR che danno ragione alle TLC e i comuni sono costretti a capitolare e le antenne, in collina o a due passi dal mare, restano al loro posto.
La legislazione nazionale permette di passare sopra chiunque senza dare nessuna spiegazione, le aziende pagano ad un privato molto di più che ad un comune e mettono le antenne dove vogliono.
Racconta l’assessora di Fano: “capisco l’esigenza tecnologica di avere una rete moderna, ma io devo governare il territorio e ho dei cittadini che si arrabbiano, su cose su cui io ho un potere estremamente limitato.”

La scheda del servizio: DRIZZA LE ANTENN Di Lucina Paternesi

Collaborazione Roberto Persia 

 

Avrebbe dovuto rivoluzionare le nostre vite, ma a sei anni dalla chiusura dell’asta che ha assegnato le frequenze, che fine ha fatto il 5G? Mentre in Svezia la nuova tecnologia è entrata a far parte dell’economia del paese, a suon di investimenti milionari da parte delle compagnie telefoniche, in Italia il Governo ha deciso che per far decollare il 5G bisogna alzare i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, da 6 a 15 V/m. Un bel favore alle compagnie telefoniche che, nel 2018, hanno versato oltre 6,5 miliardi di euro allo Stato per accaparrarsi le frequenze. L’innalzamento dei limiti sembra avere un obiettivo preciso: far risparmiare 4 miliardi agli operatori di telefonia che, altrimenti, sarebbero stati costretti a un esborso maggiore per l’ammodernamento degli impianti. Questo provvedimento è solo l’ultimo dei tanti interventi normativi che, negli ultimi anni, in nome della semplificazione, ha spianato la strada alle aziende di telecomunicazioni. Dall’eliminazione dei vincoli paesaggistici per l’installazione dei tralicci al tetto massimo di 800 euro per l’occupazione di suolo pubblico, le compagnie telefoniche hanno letteralmente preso d’assalto i territori. A farne le spese sono soltanto sindaci, cittadini e territori. Chi ci guadagna da tutta questa semplificazione?

 

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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