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Altre tre banche USA falliscono: bolle come granate

Tra venerdì e sabato scorso negli Usa altre tre banche hanno fallito. Affinity Bank di Ventura in California, Bradford Bank di Baltimora nel Maryland e Mainstreet Bank di Forest Lake nel Minnesota. 84 colossi falliti dall’inizio del 2009, 446 milioni di dollari il costo dei soli tre ultimi fallimenti che peseranno sul fondo federale.

S’innalza ulteriormente il numero degli istituti a rischio portandosi a quota 426. Tutte le banche hanno problemi di liquidità e capitalizzazione. Potete giurarci che tutto quel che avviene oltreoceano si infrangerà, come un’onda anomala, sulla nostra costa italica. Le banche europee e le singole nazioni quali la Germania, locomotiva economica di tutto il vecchio continente e la Spagna stanno già studiando piani d’emergenza denunciando pericolose bolle che esploderanno come granate su tutto il sistema finanziario. Asset tossici e derivati fasulli.

Tutti i soldi pubblici dati come ossiggeno non sono bastati, producendo ulteriore signoraggio e quindi gravando ulteriormente sull’economia delle nazioni. Troppi i mutui non rientrati, troppe le speculazioni, troppe le aziende acquisite che si son rivelate macchine perfette per ripulir le piazze. Non parliamo di piccole fabbriche di scarpe, parliamo dei nuovi mercati costruiti sul modello Dubai, sulla fantasia. Manca la liquidità quindi c’è insolvenza. Se tutti noi, alla stessa ora dello stesso giorno entrassimo nella nostra banca chiedendo la chiusura dei nostri conticorrenti, il capitalismo crollerebbe immediatamente come un castello di sabbia abbattuto da un’onda. I nostri pochi soldi sono infatti la loro unica fonte di liquidità. Tutto il resto sono click elettronici che battono numeri e numeri di banconote inesistenti.

A molti di noi non interessa sapere cosa avviene in questi istituti dalle poltrone damascate, a molti di noi interessa conoscere il responso che sa di condanna e sapere se si può sperare ancora o se tutto è destinato a morire. Partiamo da un punto preciso, il debito di una nazione sale vertiginosamente quando questa nazione versa soldi pubblici alla sua banca centrale, Bankitalia; questa presterà una parte di questi soldi pubblici alle sue banche azioniste, le banche private, e una parte alla Banca Centrale Europea, che a sua volta farà iniezioni ad altri istituti finanziari: questo per semplificare tutto il discorso.

Se il Governo italiano “regala“ 500mila euro (cifra di esempio), prelevandoli dal pubblico, tesoretto, tasse e altro, la Bankitalia rischia poi di rimanere a secco, quindi sarà costretto, il Governo, a chiedere un prestito alla stessa Bankitalia che gli darà i soldi con l’aggravio degli interessi. Se richiedesse la stessa cifra che gli ha “prestato”, 500 mila euro, dovrà restituirli più interesse e signoraggio e spese occulte. Bankitalia che per statuto dovrebbe essere controllata dal pubblico è invece controllata dal privato, dalle banche azionisti private.

Intesa Sanpaolo S.p.A. 30,3%
UniCredito Italiano S.p.A. 22,1%
Assicurazioni Generali S.p.A. 6,3%
Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A. 6,2%
INPS 5,0%
Banca Carige S.p.A. 4,0%
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. 2,8%
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. 2,5%
Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.A. 2,1%
Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A. 2,0%

Qualche dato potrebbe esser variato nel frattempo ma a noi conta sapere che, seppur la legge bancaria del 1936, ribadita anche da una sentenza della Corte Suprema di Cassazione dice che la Banca d’Italia deve esser controllata da una maggioranza pubblica, in realtà non lo è. Vi sembra reato? Inoltre tutte queste banche private all’interno di Bankitalia hanno e sono comproprietarie di aziende, società private e pubbliche, posseggono giornali e televisioni, controllano le grandi catene di distribuzione, dettano le regole sul mercato assicurativo e immobiliare e sono all’interno delle grandi case farmaceutiche. Secondo voi, dove vanno i nostri soldi?

Se andate nei cda delle aziende pubbliche e private, soprattutto quelle che solitamente si aggiudicano i grandi appalti, come lo stretto di Messina troverete ad esempio Impregilo con Ligresti, più volte indagato ma sempre lì, nella cabina di comando.

Ligresti una volta patteggiò 2 anni e 4 mesi, fece servizio civile e ricominciò dall’attività di costruttore, amico e compagno di merende del nostro Premier. Nel luglio del 2004 diventa amministratore delegato della Rcs MediaGroup, una società editrice di quotidiani: Corriere della Sera e la free press City.

Nel 2006 entra nel Consiglio d’amministrazione di questa società, la figlia Jonella.
Nel novembre 2008 viene indagato per corruzione assieme a Gianni Biagi e Graziano Cioni dalla Procura di Firenze. La vicenda riguarda il progetto di Castello della città di Firenze. Ligresti è Presidente onorario di Fondiaria Sai, gruppo assicurativo fiorentino quotato sulla Borsa di Milano e controllato dalla famiglia Ligresti tramite la holding Premafin Finanziaria Spa Holding di Partecipazioni che direttamente o indirettamente ne possiede una quota del 47%.

Sempre attraverso Premafin, la famiglia Ligresti possiede il 5.291% di Rcs MediaGroup e partecipa al patto di sindacato che controlla la società editrice. Premafin, come Fondiaria Sai, è quotata sulla Borsa Italiana ed è controllata da un patto di sindacato stipulato tra società riconducibili a Salvatore Ligresti e ai suoi tre figli.

Il gruppo Starlife controlla il 17.613% della finanziaria tramite Sinergia Holding di Partecipazioni Spa (10.112%), controllata direttamente da Starlife SA, e Immobiliare Costruzioni IM.CO. Spa (7.501%), controllata da Starlife SA tramite Sinergia. I tre figli di Salvatore Ligresti controllano il 29% della società tramite tre holding lussemburghesi. Ciascuno possiede un 9.687% della società ma tutte le quote sono intestate alla fiduciaria Compagnia Fiduciaria Nazionale Spa.

Salvatore Ligresti è coinvolto nei più ricchi affari urbanistici di Milano (Expo 2015, Fiera e Garibaldi-Repubblica), di Firenze (Castello e Manifattura Tabacchi) e Torino.

I suoi avvocati hanno scovato un articolo del codice che fa tornare immacolata una fedina penale sporca: quando siano passati almeno cinque anni dall’espiazione della pena e il pregiudicato "abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta". Ha presentato domanda al Tribunale di sorveglianza di Milano, che nel settembre 2005 ha accolto la sua richiesta: ora Ligresti è riabilitato. E’ membro del Consiglio d’amministrazione del Gruppo Unicredit.



Questo circolo vizioso dovete immaginarlo usato su tutta la scala dell’economia e finanza mondiale dove i Ligresti si moltiplicano, si annidano e si prolificano in sette occulte e misteriose. Mondiale perché a certi livelli il capitalismo sposa il comunismo in una fusione parassita e le identità politiche si perdono come polvere di stelle. In realtà il golpe è gia avvenuto, è avvenuto con la conquista dell’economia e quando riusciranno a renderlo il Capo dello Stato italiano, la figura istituzionale con maggiori e assoluti poteri, questo golpe, sarà solo a nufficializzato a noi.

I numeri della strage italiana aggiornati ad oggi:

- Ideal Standard di Belluno e Pordenone: 250 esuberi più altri in arrivo, già annunciati;

- Safilo, stabilimenti friulani: altri 500 posti a rischio, più quelli già in cassa integrazione da tempo;

- Carraro di Campodarsego: 650 in cassa integrazione;

- Marzotto di Portogruaro: 250 in contratto di solidarietà da due anni, in scadenza
Myair di Vicenza: 250 licenziamenti in arrivo;

- Merloni di Fabriano e Nocera Umbra: 3000 dipendenti in attesa che qualcuno compri la fabbrica in ammnistrazione controllata;

- Cablelettra e Cablelettra Sud: 400 licenziati negli ultimi 3 anni, 300 già in mobilità, circa 200 in cigo a rotazione, l’azienda in amministrazione controllata da agosto 2009, è in attesa di commesse nel settore auto;

- Manuli Rubber di Ascoli Piceno: altri 375 messi in mobilità;

- Roccatura di Russotto a Prato sotto sfratto, per ora è stato salvato dalla solidarietà degli altri terzisti che hanno bloccato l’ufficiale giudiziario;

- Radicifil di Pistoia: 140 che dovevano entrare in cassa integrazione a rotazione e invece non torneranno al lavoro, licenziati per "eventi improvvisi" molto poco chiari;

- Delphi di Livorno: 400 lavoratori a casa, confermata la chiusura;

- Siderurgico di Taranto: dopo le ferie forzate per i 3 mila dell’Ilva, si rientra in pochi, con 6500 in cassa integrazione;

- Petrolchimico di Porto Torres: l’Eni chiude il petrolchimico, a rischio certo i 900 lavoratori addetti oltre ad altri 800 occupati nell’ indotto;

- 18.000 precari della scuola che resteranno a casa disoccupati, 500.000 delle graduatorie di terza fascia che rischiano di non essere chiamati per le supplenze.
20 mila posti di lavoro in Piemonte già svaniti nei settori auto, metalmeccanico, tessile e orafo;

- 6mila posti in meno in Lombardia nel tessile, 1500 in meno in Veneto nei settori chimico, sanitari e tessile;

- 20mila posti nelle Marche nei settori elettrodomestici, gomma, cantieri navali, 70mila nel Lazio, 8mila in Puglia e 12mila in Campania, dovuti in gran parte al crollo dell’indotto Fiat che ha colpito anche la Sicilia, con 3mila posti in meno.

Sono più di 200mila posti di lavoro in meno. Ma domani sarà un altro giorno e noi tutti dobbiamo adoperarci affinchè sia diverso.

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