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Alto gradimento per gli ultimi sette concerti di Musikàmera

Dalle sale Apollinee del Teatro la Fenice al Teatro Malibran alla scoperta di musicisti di valore

 

Dopo la pausa estiva, il primo di sette diversi concerti che hanno contribuito a decretare il successo di un’intensa stagione, ha visto protagonista una formazione particolarmente attesa, il Quartetto Adorno, ospitato da Musikàmera per concludere il progetto dedicato all’esecuzione, nell’arco di sei concerti, distribuiti in tre stagioni (2019/2021/2022) dell’Integrale dei quartetti di Ludwig van Beethoven (1770 – 1827).

In due serate consecutive, il giovane, brillante quartetto d’archi ha affrontato con eleganza, precisione, piglio deciso, assieme ad una tecnica invidiabile il quartetto n.6 – op.18 n.6 -, il n.16 – op.135 -, il n.12 – op.127-, il n.9 e il n.7 – op 59 n.3 e n.1 ‘Razumowsky’-. Questi ultimi due sono conosciuti come Quartetti Russi, perché dedicati al conte Andrea Kiriliovic Razumowsky (1752 - 1836), ambasciatore dello Zar presso la corte imperiale di Vienna ; personaggio mondano, amante della musica e violinista egli stesso, ma soprattutto ricchissimo mecenate e dunque, come sempre, persona di particolare importanza nella carriera di un compositore. Per la precisione, sembra che il conte avesse commissionato a Beethoven sei lavori, con la condizione che tutti contenessero temi russi, ravvisabili, in realtà, solo nei primi due.

Come ha spiegato il Direttore Artistico di Musikàmera, Vitale Fano, i quartetti hanno un carattere affine. Guardano al passato, connotati da una serena vena classicheggiante. Da segnalare come il quartetto dell’opus 135 - scritto nel 1826, sei mesi prima di morire – esprima un clima di serenità quasi contemplativa, caratteristica dell’ultima produzione.

Appartiene al gruppo degli ultimi quartetti anche il lungo quartetto in Mi bemolle maggiore op.127, vicino come data compositiva (1825) a quella della Nona Sinfonia. E infatti il lento Adagio la fa venire in mente.

Il Quartetto – Edoardo Zosi e Liù Pelliciari, violini; Benedetta Bucci, viola; Stefano Cerrato, violoncello – ha scelto il proprio nome per rendere omaggio al filosofo Theodor Wiesengrund Adorno (1903 – 1969), il quale, in un’epoca di declino musicale e sociale, individuò nella musica da camera una chiave di salvezza per perpetuare un vero rapporto umano, secondo i valori del rispetto e dell’anelito alla perfezione.

Interessante il programma proposto dalla pianista ucraina Anna Kravtchenko, trasferitasi in Italia in giovane età, diventata cittadina italiana, attualmente, però, residente in Svizzera. Da oltre 30 anni calca i palcoscenici di tutto il mondo e il suo compositore preferito è Mozart.

Ha aperto il recital con una delle prime sonate – la Hob XVI:13 in Mi maggiore – di Franz Joseph Haydn (1732 – 1809), un musicista che lei definisce “un genio pieno di fantasia”. A seguire, “Carnaval op. 9” di Robert Schumann (1810 – 1856), ritenuto da Nicola Fano “il piatto forte della serata”. Scritto in un decennio, tra i 20 e i 30 anni di età, in cui Schubert compone quasi tutto solo per pianoforte. Si tratta di circa mezz’ora di musica, suddivisa in piccoli frammenti, così intitolata perché scritta nel periodo del Carnevale. L’artista l’affronta a memoria in maniera decisa, con un’esecuzione che lascia la platea senza fiato.

Il brano conclusivo, “Le Stagioni op. 37” di Petr Il’ic Caikovskij (1840 – 1893), è un quaderno di pezzi scritti nel 1875 su commissione dell’editore Nikolay Bernard, il quale voleva che il compositore dedicasse un brano per ciascun mese dell’anno, al punto da suggerire dei titoletti per ognuno dei 12 brani. Ha una durata che si aggira intorno ai quaranta minuti. E’ molto cantabile, melodico, a tratti romantico, con un’alternanza di forti, piano, pianissimi, a volte prorompente con cavalcate di note.

Ad un ascolto attento, la pianista dimostra di possedere un suono ed un’interpretazione personale, per cui risulta riconoscibile nell’immediato. E, cosa molto importante, è dotata di un virtuosismo mai fine a se stesso. Il fatto poi di suonare in un ambiente raccolto produce una vicinanza non solo spaziale con il pubblico, che può apprezzare meglio la tecnica e lo spirito dell’artista.

Due i bis eseguiti : Liebeslied di Franz Liszt, trascrizione del Lied Widmung di Robert Schumann ;

un breve Scherzo di Chopin.

Una sonorità deliziosa, dovuta alla bravura, ma senz’altro anche alla qualità degli strumenti (due stradivari), è stata quella di Isabelle Faust (violino) e Antoine Tamestit (viola). Hanno presentato un programma dal Barocco al Contemporaneo, partendo da Monsieur de Sainte Colombe (1640 – 1700), un autore avvolto dal mistero, del quale non si conosce con certezza né il nome di battesimo, né l’anno di morte, attivo come virtuoso di viola da gamba. Le sue composizioni sono emozionanti e venate da un’indicibile, mansueta tristezza.

Il duo ne ha eseguite tre : il Concerto XLI “Le retour”; il Concerto III “Le tendre”; il Concerto XLIV “Tombeau Les Regrets”.

Il programma è continuato con due composizioni di Mozart (1756 – 1791), il duo in Si bemolle maggiore K424; il duo in Sol maggiore K423, entrambi in tre movimenti.

Quattro composizioni di Gyorgy Kurtag (1926 -) ungherese ma nato in Romania, unico vivente dei compositori selezionati : “Szigorouan Maganlevel a 80 evesnek”; “Ligatura Y”; Vie silencieuse (Franz emlekere); Eine Blume fur Tabea.

Una composizione, davvero interessante, di Bohuslav Jan Martinu (1890 - 1959) , artista ceco naturalizzato statunitense, influenzato dai madrigali inglesi e dalle Invenzioni di Bach.

Applauditissimi e richiamati a gran voce, i musicisti hanno concesso un piccolo bis dal “Flauto magico” di Mozart.

L’Atos trio – Annette von Hehn, violino; Stefan Heinemeyer, violoncello; Thomas Hoppe, pianoforte – ha iniziato un progetto triennale per eseguire l’integrale dei trii di Johannes Brahms (1833 – 1897), Robert Schumann, Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 – 1847).

Affiatato e baciato dal successo (uno dei migliori Trii con pianoforte oggi in attività, secondo il Washington Post) il trio, formatosi a Berlino nel 2003, ha scelto come bis la trascrizione strumentale di un Lied di Schumann, Liebesgarten, “giardino d’amore”.

Due giovani pianisti hanno concluso la programmazione della stagione.

Filippo Gorini, 27enne di Carate Brianza, uno dei talenti più interessanti della sua generazione, allievo di un grande Maestro come Alfred Brendel, ha eseguito nella prima parte due Sonate di Beethoven, dimostrando sicurezza, dolcezza di tocco, eleganza stilistica ed attenzione alle numerose insidie disseminate nelle partiture :

la Sonata n.8 op. 13 in Do minore Patetica (1789), forse la più celebre del compositore, e la Sonata n.31 op. 110 in La bemolle maggiore (1821), la penultima dell’intero ciclo di Sonate per pianoforte.

Nella seconda parte ha affrontato la Sonata D960 in Si bemolle maggiore (1828) di Franz Schubert (1797 – 1828), in quattro movimenti, l’ultima delle tre Sonate portate a termine neanche due mesi prima della morte.

Dopo i sinceri ed affettuosi applausi che hanno provocato un sorriso nell’esecutore, Gorini ha selezionato due bis : il Capriccio in Sol minore dall’op.116 di Johannes Brahms e un Allegretto in Do minore di Schubert.

Gran finale al teatro Malibran con il giovanissimo Alexander Malofeev (Mosca, 21 ottobre 2001), talento sbocciato in tenera età, conteso da prestigiose Istituzioni concertistiche, spesso alla ricerca del nuovo fenomeno.

Ha eseguito nella prima parte la Sonata n.14 op.27 n.2 in Do diesis minore Al chiaro di luna di Beethoven e la Sonata n.4 op.56 in Si minore di Mojsej Samuilovic Vajnberg (Varsavia, 1919 – Mosca, 1996), un compositore che nella sua musica segue i precetti del Realismo socialista nei suoi aspetti etnici, utilizzando melodie del folklore ebraico, polacco, moldavo, armeno.

Nella seconda parte, spazio al grande pianismo russo : 5 Preludi op.16 e 2 Improptus op.12 di Alexandr Skrjabin ( Mosca, 1872 – 1915), secondo la Grande Enciclopedia sovietica “il più amato e denigrato dei compositori” ;

Etudes-tableux op.33 di Sergej Rachmaninov (Onega, 1873 – Beverly Hills, 1943), composti tra agosto e settembre 1911 nella tenuta di campagna, il cui ambiente rurale offriva la pace e la tranquillità necessarie per stimolare la sua creatività.

Una tecnica sorprendente, legata ad un’interpretazione intensa, hanno catturato l’attenzione della platea, lieta di elargire alla fine un ininterrotto applauso, finché l’artista, con fare serioso, si è scatenato nei tre bis conclusivi, pieni di svolazzi e molto percussivi, con un accanimento e una foga che si possono spiegare probabilmente anche nella giovane età.

Musikàmera è pronta per una nuova stagione, che inizia fra pochissimo con il doppio recital (domenica 15 e lunedì 16, sale Apollinee della Fenice, ore 20) del romano Quartetto EOS, impegnato con il violinista Davide Alogna e il pianista Enrico Pace nel raro e splendido “Concerto per violino, pianoforte e quartetto d’archi in Re maggiore op.21”(1891) di Ernest Chausson (1855 – 1899).

Il solo quartetto eseguirà nella seconda parte il “Quartetto n.1” (1923) di Leos Janacek (1854 – 1928).

Auguri sinceri ad un’Associazione che, stagione dopo stagione, appronta cartelloni sempre più ricchi e stimolanti.

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