Alla ricerca del liberalismo perduto

La vera natura della filosofia politica liberale si può approfondire nel saggio “Crisi e rinascita del liberalismo classico” di Antonio Masala
Masala offre una stimolante panoramica del pensiero liberale che ci può aiutare a non confondere il liberalismo con il liberismo. Infatti l’attuale libertà economica consiste nella completa libertà di ricatto finanziario degli appartenenti all’alta borghesia del club degli oligopolisti. Oggi la società viene intesa come “una rete di attività svolte da attori che non riconoscono alcun principio di autorità” al di fuori del potere finanziario (Sheldon Volin, Politics and Vision, 1969, p. 435). In realtà il “postulato ultimo e più profondo cui si ispira il liberalismo è che sono le idee che costituiscono l’edificio sociale della cooperazione umana e che, sul fondamento di idee false e distorte, è impossibile erigere una struttura sociale durevole” (Ludwig von Mises, “Liberalismus”).
L’autore prende in esame il pensiero di Friedrich von Hayek, considerato erroneamente come il padre del liberismo selvaggio (o addirittura del totalitarismo finanziario). Infatti, secondo John Chamberlain, “Hayek non è un devoto del laissez-faire; egli crede in un sistema di libera impresa. Schema che è compatibile con standard di salario minimo, standard di assistenza sanitaria, un minimo di assicurazione sociale obbligatoria. Ed è compatibile con certi tipi di investimenti statali” (nella prefazione al saggio “La via della schiavitù” di Hayek, nota a p. 158).
Il filosofo Karl Popper ha difeso l’apertura mentale dell’amico Hayek: “Egli non è certamente un difensore del capitalismo sfrenato. Al contrario, insiste sul bisogno di un sistema di previdenza sociale, di una politica anticiclica ecc.” (Karl Popper, After the Open Society). Comunque l’economista austriaco confessò di preferire “un governo non democratico soggetto alla legge ad un governo democratico senza limitazione (e quindi arbitrario)”.
Per Hayek il progresso sarebbe più legato allo “sviluppo sociale spontaneo” pilotato dalle persone più equilibrate, giuste e intelligenti e non dovrebbe essere limitato dalle ingessature legislative. Hayek fu influenzato dalle opere di Bruno Leoni, il quale riteneva che "la legislazione non esaurisce il diritto e che non è né l’unico né il miglior modo di produzione del diritto… e l’abuso di questo strumento, con la negazione di ogni altra modalità di produzione del diritto e dell’ordine, è la nota caratterizzante dei nostri tempi, sulla quale i liberali hanno il dovere di riflettere" (Masala, p. 219). Per Leoni e non solo, le autorità centrali non hanno “mai una conoscenza sufficiente dell’infinità di elementi e di fattori che contribuiscono alle relazioni sociale tra gli individui in ogni momento e in ogni livello” (Bruno Leoni, “La libertà e la legge”, 1961; ed. it. più recente: Liberilibri del 1995).
Masala ha inoltre sintetizzato con cura le principali tesi di Ludwig von Mises, un economista e un umanista con grandi abilità di analisi psicologica, utili per capire che in genere le persone non hanno sogni di gloria, ma si accontentano di vivere in luogo sicuro (da aggressioni e furti legalizzati), sperando di migliorare la condizione economica e sociale nel tempo. Per fare questo bisogna superare la banale visione personale e sociale dei vantaggi momentanei e concentrare le energie psichiche e produttive nel “maggior guadagno permanente” collettivo. I veri problemi politici non si risolvono con i soliti mezzi economici.
L’economista austriaco naturalizzato americano era un idealista molto realista e sui rapporti tra Stato e cittadini scrisse: la “democrazia significa autodeterminazione. Ma come possono gli individui prendere decisioni circa le questioni che li riguardano se essi sono tanto poco interessati a farsi, per mezzo di una riflessione personale, un giudizio indipendente sui problemi politici ed economici fondamentali? La democrazia non è un bene di cui la gente possa godere senza preoccuparsene… è un tesoro che deve essere difeso giorno per giorno” (von Mises, Burocrazia).
Per Mises “la democrazia rappresentativa non può seguitare a vivere se una grande parte degli elettori continuano a figurare nel libro paga dello stato. Se i membri del parlamento non si considerano più i mandatari dei contribuenti ma rappresentanti di coloro che ricevono salari, stipendi, sussidi e altri benefici del Tesoro, la democrazia è spacciata” (nota a p. 181). D’altra parte “le maggioranze non sono meno esposte all’errore e all’insuccesso più di quanto non lo siano re e dittatori”. La verità non è determinata dal voto di una maggioranza. Ogni maggioranza dal punto di vista scientifico non ha sempre ragione. E spesso accade che chi è capace di farsi eleggere non è poi capace di governare in modo decente e onesto.
Tuttavia l’essere umano von Mises aveva accumulato le sue incoerenze: non amava l’interventismo di Stato e quindi non considerava l’importanza della collaborazione tra imprese private e imprese pubbliche, e la centralità della cooperazione tra imprese e Stato, anche attraverso la regolamentazione. Naturalmente fu influenzato dal traumatico periodo storico in cui visse. Odiava i totalitarismi e l’idea dell’onnipotenza dello Stato, poiché l’economia di mercato è basata sulle conoscenze prodotte dalla cooperazione sociale privata (“Omnipotent Government”, 1944, trad. it. Lo stato onnipotente. La nascita dello stato totale e la guerra totale, Rusconi, 1995).
Comunque “la libertà consiste nell’indipendenza da tutto fuorché dalla legge” (Voltaire) e l’interesse economico si trova a metà strada tra ragione e passione e diventa “una base realistica per dare alla società un ordine vivibile” e prevedibile (A. O. Hirschman, Le passioni e gli interessi, Feltrinelli, 1979). La filosofia liberale non approva la coercizione economica e politica, e “la prosperità della società umana dipende da due fattori: la capacità intellettuale degli uomini eccezionali a concepire sane teorie economiche e sociali e l’abilità di altri uomini a rendere queste ideologie gradite alla maggioranza” (Ludwig von Mises, “Human Action”).
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox