Afghanistan, le scomuniche di Abdullah
Cosa ha fatto Armarkhail per beccarsi l’ostracismo del favorito? Secondo le accuse lanciate in conferenza stampa dal “presidente in pectore” sarebbe uscito dal quartier generale della Commissione sul voto con un certo quantitativo di urne piene di schede che fanno sospettare una copiosa frode. Questa non sarebbe la prima né l’ultima, ma come tutte le passate e presenti non è facile dimostrare poiché in quei luoghi ogni trasporto del materiale elettorale è tutt’altro che trasparente. Abdullah ha lanciato un monito preventivo: “Non accetteremo i dati di province in cui l’affluenza alle urne risulta più alta del numero degli elettori”. Logica lapalissiana che però in quel Paese va ribadita. Così il presidente della Commissione elettorale Nuristani ha garantito una profonda indagine sull’operato di Amarkhail su cui nella prima tornata di voto Abdullah non avanzava nessuna perplessità. Anzi, quando Ghani aveva paventato sospetti di brogli, l’avversario forte d’uno spoglio a lui favorevole lodava l’operato della Commissione. Come sempre gli opportunismi di fase non mancano.
Nell’attesa dei risultati finali le cui verifiche si dilatano sino ad agosto, e che le diatribe fra i contendenti potrebbero protrarre ulteriormente, cronici e inquietanti aspetti permangono nella vita d’ogni giorno. Quella che da decenni fa i conti con l’economia di guerra che distrugge e poi reintroduce risorse (la linea politica degli aiuti internazionali) e genera un’attività autoreferenziale. Legata, ad esempio, al piano di sicurezza in base al quale si gonfiano i numeri di esercito e polizia locali con reclutamenti di giovani che grazie alla divisa ricevono un salario, oppure si prestano all’ancora più rischiosa funzione di body-gard e contractor. Quindi la schiera d’interpreti e mediatori, procacciatori di contatti pubblici e privati, figure legate alla presenza stabile di occupanti e cooperanti che offrono “opportunità di lavoro” agli afghani. Un lavoro passivo e malato, dipendente dal latente stato di guerra. Su cui si gettano speculatori come gli affittuari di locali per il commercio che sperano nella presenza ad libitum di tutto il “carrozzone di guerra e pace” che fa guadagnare prevalentemente loro e il ceto burocratico, non incentivando attività primarie o rilanciando quelle realmente produttive. È la miserabile condizione di Stato assistito, garanzia assoluta per il potere e il vantaggio di pochi e l’oppressione sociale ed esistenziale della popolazione.
articolo pubblicato qui
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox