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Afghanistan, accordo a due sul generale stupratore

Si sono accordati ieri rapmpresentando se stessi, la propria foia di potere, le miserie con cui nominano maresciallo (onorificenza offerta solo in due occasioni nella storia del Paese) uno sciacallo del panorama afghano, che già avevano fatto vicepresidente. Il lugubre trio è tristemente noto: Ghani, Abdullah, Dostum.

 I primi due che, dopo le elezioni farsa dello scorso settembre s’erano proclamati entrambi presidenti, non bisticciano più. Come nel 2014 Ghani sarà capo di Stato, Abdullah rappresenterà il governo nei colloqui inter-afghani finora bloccati dalla rigidità di Ghani. Il quale non accettava di applicare l’accordo sottoscritto a Doha fra la delegazione dei turbanti e la rappresentanza statunitense, ripagato col disprezzo e disconoscimento di qualsiasi leadership dai talebani stessi. Ora si ritroveranno tutti nel governo di transizione con l’aggiunta del generale uzbeko. Un assassino matricolato, al pari di altri signori della guerra degli anni Novanta, ma più di altri rimasti in vita inserito ai vertici dell’amministrazione “democratica” che seguiva quella di Karzai. Sei anni fa Dostum, che dispone di diverse centinaia di miliziani, aveva spostato la forza delle sue armi su Ghani, che lo aveva reso vicepresidente. Ora è Abdullah a insistere per il prestigioso titolo militare, Ghani acconsente e i comandi Nato presenti a Kabul annuiscono, sebbene negli ultimi tempi qualche grana Dostum l’avesse creata allo stesso governo fantoccio. Da boss della guerra è difficile ostacolarne affari e vizi, in alcune circostanze in cui reparti dell’Afghan National Army erano intervenuti a limitarne certe malefatte s’era sfiorato il duello amico.

Probabilmente su imposizione statunitense, diventato d’un certo ingombro, Dostum aveva svernato per un periodo in Turchia. Ma ora che la coppia del potere interno lo fa partecipare alla festa d’una ritrovata armonia canagliesca rispunta una losca vicenda che conferma la depravazione del generale. La rilancia Human Rights Watch riprendendo le accuse rivolte da un parlamentare afghano, Ahmad Ishchi, che quattro anni addietro denunciò d’essere stato duramente picchiato da Dostum davanti a centinaia di persone. Quindi venne rapito da un suo commando, condotto in una casa, torturato e violentato dal signore della guerra che lo lasciò in balìa dei suoi bravi pronti a proseguire lo stupro usando le canne dei fucili. La vittima ha prodotto documentazioni mediche e denunciato la vicenda su una tivù nazionale. Il fattaccio era stato messo a tacere dal governo. Rappresentava una delle reiterate violenze di cui continuava a macchiarsi l’uzbeko, uno dei massacratori di kabulioti assieme al pashtun Hakmatyar, al tajiko Massud, all’hazara Mazari, tutti responsabili di crimini contro l’umanità. Invece la vicenda non imbarazza l’establishment di Kabul, pronto a proseguire il percorso da dove l’aveva lasciato prima della consultazione elettorale. Col nuovo patto della diarchia Dostum beneficerà del titolo (e del copioso stipendio di maresciallo) mentre Ghani e Abdullah, che per ora hanno assegnato fifty-fifty i ministeri ai propri galoppini, dovranno patteggiare coi taliban l’organizzazione del nuovo governo. Ovviamente ci sarà un rimpasto. Però fra criminali, fra un attentato e una sparatoria, un accordo si dovrà trovare. Anche perché è quel che desiderano a Washington. 

Enrico Campofreda 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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