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AIDS: perché aumentano i casi

Ogni anno 3.500/4.000 persone si infettano con l’HIV in Italia; anche questa è una notizia che periodicamente appare sui media: qualche commento, qualche paginata e poi tutto prosegue come prima.

di Vittorio Agnoletto

L’aumento dei casi di AIDS e delle infezioni da HIV segnalato in Lombardia ma non solo non è una notizia inaspettata, almeno per chi opera in ambito sanitario, e semplici sono la cause e le responsabilità di tale situazione.

Ogni anno 3.500/4.000 persone si infettano con l’HIV in Italia; anche questa è una notizia che periodicamente appare sui media: qualche commento, qualche paginata e poi tutto prosegue come prima.

I motivi sono molto semplici: l’assenza di una qualunque campagna di prevenzione da ben oltre 10 anni, fatto salvo qualche intervento spot istituzionale il 1° dicembre, giornata mondiale di lotta all’AIDS; un’operazione puramente d’immagine e priva di qualunque effetto. Sarebbero necessarie campagne mirate di prevenzione, condotte in modo continuativo, con messaggi precisi e affiancate ad interventi formativi nelle scuole; certamente non ridurrebbero a zero le infezioni ma ne potrebbero diminuire enormemente il numero, evitando così a migliaia di persone una condizioni di sofferenza psicologica e non solo e riducendo contemporaneamente le spese che lo Stato sostiene per la cura di ogni persona sieropositiva.

Le ultime linee guida internazionali prevedono l’inizio delle terapie anti-HIV appena si è venuti a conoscenza della condizione di sieropositività, terapie che andranno assunte per tutta la vita in quanto sono in grado di ridurre significativamente la carica virale, ma non di distruggere definitivamente il virus. In termini economici questo significa una spesa diverse migliaia di euro/persona/anno ed oggi le persone in terapia sono più di 60.000. Facile comprendere che l’assenza di qualunque attività di prevenzione produce anche una spesa significativa per lo Stato, oltretutto in una situazione di grave crisi economica, e contemporaneamente costituisce una fonte significativa e garantita per decenni di profitto per le multinazionali del farmaco.

Oltre il 20% delle circa 130.000 persone HIV viventi stimate in Italia non sanno di essere sieropositive e molti di loro giungono alla diagnosi di sieropositività contemporaneamente a quelle di AIDS, quindi in una fase avanzata della patologia e avendo perso anni importanti per curarsi. Anche se tutti, indistintamente, dovrebbero sempre prendere le precauzioni per evitare di infettarsi o di trasmettere l’infezione è evidente che il conoscere la propria condizione sierologica spesso spinge ad avere maggior attenzione; l’esistenza di migliaia di persone sieropositive senza saperlo costituisce quindi anche un problema di sanità pubblica che può favorire la diffusione del virus.

Esiste un’intera generazione che è cresciuta senza saper nulla dell’AIDS, o, peggio ancora, credendo che fosse una malattia ormai superata e dalla quale comunque si può guarire definitivamente; molti media hanno offerto un grande contributo a questa falsa credenza ad esempio annunciando per anni l’imminente vaccino italiano contro l’AIDS, vaccino del quale non c’è traccia all’orizzonte.

Non è quindi una provocazione affermare che i responsabili nazionali e regionali della sanità pubblica sono oggettivamente corresponsabili della diffusione dell’HIV e sono i migliori alleati degli azionisti di Big Pharma.

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