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A CHI GIOVA LA POLITICA DELL’ODIO?

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A CHI GIOVA LA POLITICA DELL’ODIO?
di Agostino Spataro *

1… Odio e violenza per fiaccare la nostra civiltà politica repubblicana

Siamo stanchi di assistere a continue risse mediatiche, di udire individui, urlanti e ben pagati, insultarsi nei salotti televisivi, secondo un becero copione mirato ad alimentare il fiume di odio che annichilisce l’idea stessa della Politica, oggi, imprigionata in circo buffonesco che si presta volentieri al gioco. Ma perché tanto odio in politica? Si tratta di odio o dietro c’é qualcosa d’altro?

In realtà, “lor signori” stanno avvelenando i pozzi della democrazia. E dopo cosa accadrà? Che cosa ci riserva il trionfo dell’antipolitica? Domande inquietanti che molti si pongono senza trovare risposte chiare, rassicuranti. Anche perché le origini, le ragioni dell’odio, gli interessi che le muovono sono molteplici e non riconducibili a una stessa sorgente. Evidentemente i “committenti” sono consapevoli del danno provocato, dei pericoli derivanti da certe strategie avventuristiche. Eppure, si continua a fomentare la rissa per drammatizzare il confronto politico e fiaccare la coscienza civile del Paese e il ruolo primario delle Istituzioni repubblicane. Pur con tanti limiti, la nostra civiltà politica repubblicana ha cercato di tenere fuori dell’area del confronto l’odio, la violenza, il gossip che nulla hanno da spartire con una politica partecipata, democratica e antifascista. Di fronte a tale scenario, il pubblico reagisce come può: alcuni ne sono attratti, molti preferiscono ritrarsi in solitudine. Entrambe le tendenze favoriscono, di fatto, l’antipolitica e l’ingresso nella vita pubblica di furbetti servili e profittatori di ogni risma e colore.

2… Contro il modello neoliberista dominante una sinistra da rifondare di sana pianta

Fra odio e politica il rapporto è inversamente proporzionale: più s’indebolisce la politica democratica più crescono “odio”, invidie e tendenze criminalizzanti dell’avversario, fino all’annientamento politico. Talvolta anche fisico. La “questione” non é solo morale, ma di democrazia sostanziale e riguarda il futuro prossimo del nostro Paese. Poiché l’odio è divenuto una delle tante forme di espressione di una strategia, apparecchiata ai piani alti del potere reale (soprattutto finanziario), per ridimensionare, condizionare, distorcere il ruolo primario della politica in suo favore. Una situazione complessa, anomala che non si può spiegare con i sentimentalismi, per altro rancorosi, vendicativi che, semmai, esasperano le estremità degli schieramenti. Tutto ciò mentre si diffondono disagi sociali e morali che dalle periferie vanno verso il centro della società, dove molti che si ritenevano, giustamente, tutelati, garantiti oggi sentono vacillare i loro diritti fondamentali acquisiti, temono perfino di perdere il posto di lavoro. Paura e corruzione: sono questi i due pilastri su cui poggia la strategia del capitalismo di stampo neo-liberista. Contro tali disegni dovrebbe lottare la sinistra. Purtroppo, la sinistra è solo un ricordo. Per tanti un bellissimo ricordo di gioventù. Bisogna rifondarla di sana pianta e sulla base di idee e progetti nuovi e condivisi dalle larghe masse popolari. Una sinistra capace di guardare al presente, ai nuovi orizzonti del secolo per ridisegnare un futuro eco-compatibile dello sviluppo, a misura dei 7, 4 miliardi di persone che abitano la Terra e in particolare delle nuove generazioni. Le oligarchie neoliberiste non possono cavarsela con comportamenti demagogici, razzistici, emotivi e corruttivi. Bisogna scavare più a fondo, fino alle radici del disagio, delle ingiustizie che la gente subisce, impotente. Non tutta la gente, ovviamente. Poiché ai ceti medio - alti va bene l’andazzo attuale. Anzi benissimo. Si stanno arricchendo oltremisura, a danno del popolo.

3… La “seconda repubblica”: dall’inclusione all’emarginazione

Ma torniamo al tema dell’ odio” e alle vere cause che lo determinano. Fra le quali - a mio parere - la più importante è data dall’attuale politica di progressiva emarginazione, di esclusione d’intere fasce sociali dal contesto economico e politico della nazione. In questa lunga transizione (verso dove?), si è capovolta la logica della politica italiana: dall’inclusione di masse di poveri perseguita nella “prima” repubblica all’emarginazione, all’esclusione praticata nella “seconda” che, a ben guardare, è la figlia degenere della prima. Questo è il punto politico da cui partire! Certo, gli emarginati, i poveri c’erano anche prima, ma partecipavano alla vita politica e sociale, speravano e lottavano per il cambiamento, soprattutto attraverso l’organizzazione nei grandi sindacati e nei due principali, e contrapposti, partiti di massa: il Pci e la Dc. Ciascuno a suo modo, ovviamente. Rispetto alle terribili condizioni del dopoguerra, il cambiamento c’è stato, anche in loro favore. Perché quella era la democrazia dell’inclusione, come propugnato dalla nostra Costituzione. Oggi, il meccanismo gira al contrario: esclude invece che includere. Ampie e importanti fasce sociali avvertono tutta la precarietà della loro condizione senza, per altro, poter contare su una degna rappresentanza politica, sindacale e parlamentare. Siamo, cioè, in presenza di un’emarginazione quasi senza rappresentanza e quindi senza speranza di redenzione, di riscatto che può sfociare in proteste, anche incontrollate, verso chi ha determinato l'esclusione, a tavolino.

4… Cala la ricchezza della nazione, ma si accresce la ricchezza delle elites al potere

Cala la ricchezza della nazione, aumentano i poveri e i milionari. A ben pensarci, in questa lunga transizione abbiamo assistito a uno stravolgimento caotico delle regole della vita politica e della coesione sociale e all’affermarsi, in economia come in politica, di un rampantismo e di un arrivismo sfrontati e senza limiti che hanno prodotto una rottura profonda del sistema delle solidarietà sociale e nazionale. Non sono state varate le riforme necessarie per l’ammodernamento del Paese, ma spesso provvedimenti particolaristici (se non ad personam) tesi a modificare la redistribuzione della ricchezza nazionale a favore dei ceti apicali della società, a tutto svantaggio dei ceti medio-bassi. Insomma, la cosiddetta “seconda“ repubblica non ha creato un nuovo mercato, libero e veramente concorrenziale, né una nuova, efficiente amministrazione, ma solo le condizioni più adatte al dilagare dell’affarismo e della corruzione. In questo clima confuso hanno scorazzato, sovente impuniti, avventurieri della finanza e settori importanti della criminalità organizzata. Questi gruppi di potere (anche stranieri) esercitano una pesante influenza, diretta e/o indiretta, sulla politica e sulle istituzioni del nostro Paese. Invece di puntare sull’incremento programmato della produzione di beni e servizi, premono, usano la “politica”, i governi per realizzare ambigue operazioni di cartello e massicce evasioni fiscali, contributive e d’altro genere. Il risultato si può cogliere negli andamenti (in calo) della ricchezza nazionale (Pil) cui corrisponde l’accrescimento e l’accentramento vertiginoso della ricchezza in talune fasce elitarie della società. Da tali andamenti contraddittori è facile dedurne che le accresciute ricchezze, i nuovi patrimoni sono frutto di un vertiginoso trasferimento dal basso verso l’alto ossia a danno della gran massa dei ceti medi, dei lavoratori, dei pensionati. Questo è il dato caratterizzante l’ultimo trentennio, che ha modificati gli assetti di potere economici e politici e gli equilibri sociali. Anche sul fronte dei consumi la forbice si allarga nella medesima direzione: si restringe la domanda dei ceti a reddito medio-basso, mentre si amplia quella, per altro più esigente e costosa, proveniente dai ceti più ricchi. Il risultato? Da un lato profitti senza limiti, consumi smodati, offensivi perfino e dall’altro lato importanti fette di società disperate perché non riescono ad arrivare a fine mese Tradotto: la crisi la stanno pagando i lavoratori, i pensionati e- soprattutto- centinaia di migliaia di disoccupati e di lavoratori precari che si dibattono fra disperazione ed emigrazione. Si emigrazione! Avete letto bene. Un altro paradosso che vede arrivare (in Italia) decine di migliaia di “disperati” e partire per l’estero decine di migliaia di giovani italiani diplomati e laureati. E tutto ciò non può, certo, generare amore.

5… Il voto di preferenza per ridare agli elettori il diritto di eleggere il Parlamento

Dal dopo ’89, in Italia (e altrove) è stato avviato un vero e proprio progetto di “moderna” e generale regressione sociale e culturale, caotico e destabilizzante degli assetti e della convivenza democratica della nazione. Tale progetto (meglio noto con lo slogan “Meno Stato più mercato”) per affermarsi, oltre a produrre odiose iniquità, ha bisogno di un consenso manipolato, condizionato e remissivo. Ecco, dunque, la grande trovata di togliere, in contrasto con lo spirito della Costituzione, ai cittadini-elettori il diritto di scegliere, col voto di preferenza, i propri rappresentanti in Parlamento. Una scelta, per altro, in contrasto con i sistemi elettorali vigenti per l’elezione degli organi di rappresentanza territoriali (Regioni, Comuni, ecc). Da questa scelta infausta e autoreferenziale si originino molti dei guai del nostro Paese. Giacché si è tolto il potere legittimo (di scelta) al corpo elettorale per trasferirlo ai partiti e/o a movimenti sui generis, ad altissimo deficit di democrazia interna. Una pericolosa forzatura da parte dei gruppi dominanti dei partiti che- secondo il dettato costituzionale vigente- sono dei soggetti di diritto privato! Pertanto, la prima riforma da fare è quella di togliere dalle mani di cerchie ristrette il potere di nominare il parlamento della Repubblica. Questo è stato l’errore più grande che ha fiaccato il ruolo e la dignità istituzionale del parlamento repubblicano. Lo spettacolo è sotto gli occhi di tutti. Correggerlo sarebbe un segnale forte e credibile per aprire una nuova fase politica senza più odi e rancori, ma all’insegna di una feconda dialettica democratica, per l’alternativa.
* Agostino Spataro, giornalista, già membro delle Commissioni Affari Esteri e Difesa della Camera dei Deputati. Biografia: http://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_Spataro

 

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