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7 ottobre: dove fanno il deserto, lo chiamano pace

"Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant", "Dove fanno il deserto, lo chiamano pace” Publio Cornelio Tacito

di Renato Franzitta

Il 7 ottobre è l’anniversario dell’attacco delle milizie palestinesi ai kibbutz israeliani nel Negev. Il 7 ottobre 2023 ha rappresentato la prima aggressione all’interno del territorio di Israele dalla guerra arabo-israeliana del 1948.

L’intervento delle milizie palestinesi è avvenuto durante la festa ebraica della Simchat Torah e lo Shabbat, e anche nel cinquantesimo anniversario della guerra del Kippur fra Egitto e Israele, anch’essa iniziata con un attacco a sorpresa nel Sinai occupato.

Subito dopo l’assalto, il comandante delle Brigate al-Qassam, Mohammed Deif, ha dichiarato che l’operazione militare palestinese, denominata Operazione Alluvione Al-Aqsa, costituiva la risposta alla “profanazione della moschea di Al-Aqsa” e all’uccisione e al ferimento di centinaia di palestinesi da parte di Israele durate tutto il 2023.

L’operazione militare palestinese, condotta dalle brigate militari di Hamas, della Jihād Islamica, del Fronte democratico e del Fronte Popolare, e la successiva reazione di Tsáhal (l’esercito israeliano) ha prodotto almeno 1200 morti fra militari e civili israeliani e il sequestro di più di cento cittadini israeliani.

La reazione del Governo sionista ultraconservatore a guida Netanyahu non si è fatta attendere ed è stata di una violenza inaudita e sproporzionata, causando la distruzione quasi totale delle città della striscia di Gaza (dove vivono due milioni e centomila palestinesi), senza risparmiare moschee, scuole, ospedali, sedi dell’ONU, campi profughi, e provocando la morte accertata di più di 40.000 civili.

La stessa strategia la stiamo osservando in questi giorni anche contro la popolazione libanese che subisce quotidianamente massicci bombardamenti che mietono centinaia di vittime civili.

Una strategia chiara ed inequivocabile: fare deserto, distruggere tutte le infrastrutture civili, costringere la popolazione palestinese ad abbandonare la propria terra. Strategia già perseguita tante volte e in tante parti di quella martoriata terra mediorientale.

Lungi da me voler giustificare la strage di civili del 7 ottobre 2023, ma questa non può assolutamente giustificare la condotta criminale dell’esercito israeliano.

Il 7 ottobre, del resto, non è l’inizio della storia, è solo una tappa: tutto comincia da molto lontano, da più di un secolo fa.
La stessa creazione del Medio Oriente come lo vediamo oggi è la causa evidente di un secolo di conflitti che hanno reso quella regione uno dei posti più pericolosi del Pianeta.

Dobbiamo riandare al 1916, quando i diplomatici dell’Impero Britannico Mark Sykes e della Repubblica di Francia François Marie Picot con un righello tracciarono confini, fino ad allora inesistenti, dividendo l’Impero Ottomano, e quella che per secoli era stata un’unica regione e luogo d’incontro di genti differenti, in zone d’influenza delle potenze coloniali europee, zone che successivamente sarebbero state elette a stati-nazione e governate in modo dispotico da monarchie o dittature assoggettate ai vari imperialismi.

Tracciando linee col righello, su forte pressione britannica, fu disegnata la Palestina, terra da assegnare all’immigrazione ebraica, indicata come “terra senza un popolo, per un popolo senza terra”.

L’immigrazione ebraica in Palestina, favorita dal governo britannico e dal movimento sionista, diventò fenomeno di massa nel secondo dopoguerra anche a causa l’olocausto per mano nazifascista.

Questa invasione portò allo scontro violento fra le popolazioni palestinesi stanziali e i nuovi coloni ebrei. L’intervento della neonata ONU partorì il Piano di partizione della Palestina (Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale ONU) che prevedeva la divisione del territorio palestinese fra due istituendi Stati, uno ebraico, l’altro arabo, con Gerusalemme sotto controllo internazionale.

Lo Stato ebraico proposto era più ampio di quello arabo (ammontava al 56% del territorio complessivo) e comprendeva la maggior parte delle zone più fertili per l’agricoltura, l’arido deserto del Negev, e l’accesso esclusivo al Mar Rosso e al lago di Tiberiade. La parte essenziale delle terre costiere coltivabili sarebbero peraltro state di sua pertinenza. In totale sarebbero stati assegnati così alla comunità ebraica, circa il 55% del territorio totale, l’80% dei terreni cerealicoli e il 40% dell’industria della Palestina.

Agli ebrei sarebbe stata assegnata la parte più sviluppata economicamente, che comprendeva quasi del tutto le zone di produzione degli agrumi. Ma, nonostante ciò, la destra sionista giudicò inaccettabile la divisione e il comandante dell’Irgun (futuro primo ministro di Israele) Menachem Begin dichiarò: «La divisione della Palestina è illegale. Non sarà mai riconosciuta. La Grande Israele sarà ristabilita per il popolo di Israele. Tutta. E per sempre.»

Al momento del Piano di partizione dell’ONU, la popolazione totale della Palestina era composta per due terzi circa da arabi e per un terzo da ebrei. Su un totale di 1.845.000 abitanti, il 67% (1.237,000) era composto da cittadini arabi e il 33% da coloni di religione ebraica (608.000).

Questo Piano totalmente iniquo scatenò la prima guerra arabo-israeliana del 1948, guerra vinta dal neonato stato d’Israele, che con la Conferenza di Losanna del 1949 accrebbe ulteriormente la sua estensione dal 55% al 78% dell’intera Palestina, anche se tale estensione allora fu accettata solo in modo provvisorio.

Con la vittoria israeliana si generò l’esodo forzato della popolazione araba palestinese. I palestinesi chiamano Nakba (la catastrofe) questo dolorosissimo evento. Durante tale conflitto, più di 700.000 arabi palestinesi furono espulsi da città e villaggi e, successivamente, si videro rifiutare ogni loro diritto al ritorno nelle proprie terre. I rifugiati palestinesi e i loro discendenti nel 2015 sono stati censiti dall’ONU in 5.149.742 individui, distribuiti in Giordania, Striscia di Gaza, Cisgiordania, Siria e Libano.

Oggi il governo sionista di Israele sta usando lo sdegno generato dall’attacco del 7 ottobre 2023 per portare a termine il progetto della Grande Israele, dal fiume al mare, ripulito dalla ingombrante presenza palestinese.

L’estensione degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania, la distruzione totale delle città della striscia di Gaza, la pressione violenta sul Libano, ma anche sulla Siria (ricordiamo che Israele occupa le alture del Golan siriano dal 1967) sono il preludio dell’allargamento dei confini dello Stato sionista che vede nella possibile elezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti un grande viatico per la realizzazione del progetto d’espansione territoriale e di pulizia etnica.

Al criminale piano sionista si contrappongono le tendenze più retrive dell’integralismo islamico che, cavalcando la comprensibilissima rabbia dei palestinesi per i crimini subiti da Israele e la loro legittima aspirazione a vivere in pace in una terra libera dall’apartheid e dal terrore, spingono nel radicalizzare in senso religioso il conflitto arabo/israeliano contrapponendo allo stato sionista un futuro stato islamista.

Una soluzione possibile al delirio nazionalista e integralista religioso che impregna ambedue le parti israeliana e palestinese è l’unità dei popoli di quella terra per la costruzione di una società laica, multietnica e multireligiosa.

Prospettiva che oggi appare lontana, ma che a mio avviso rimane l’unica perseguibile, guardando anche con attenzione l’esperimento che si sta realizzando in Siria del Nord dove diverse etnie, diverse tendenze religiose, convivono e cooperano nella costruzione di una nuova società basata sul Confederalismo Democratico e dove le popolazioni curde (anche esse penalizzate e private di un proprio territorio dal piano Sykes-Picot del 1916) costituiscono un forte collante e l’elemento propulsivo e vitale di quel progetto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Gianni Morra (---.---.---.44) 7 ottobre 2024 11:51

    NAZIYAHU FAKED IT


    di Aleth


    30.9.2024



    7 ottobre 2023 : mai avvenuto ed ora ve lo provo facilmente, hoax assoluto.


    È inutile quindi, completamente inutile che anime belle ci ammanniscano tirate retoriche sull´immoralità di naziyahu : perché fino a quando il lobo medio occidentale crederà a fake news come il 7 ottobre, ogni quotidiano massacro nazista perpetrato da israele resterà inattaccabile in quanto strombazzabile come difensivo e giustificato.


    Presunti video del 7 ottobre su sito de proganda fide sionazi :

    https://www.hamas-massacre.net/

    Analizzo il primo video della serie sotto il titolo “raw footage after the massacre began” : anzitutto non vi è alcuna fonte originale che ci dica nome e cognome, appartenenza etc., tranne un generico ed inverificabile "riservista idf", di chi avrebbe filmato e chi avrebbe postato questo video e dove — dunque la non trasparenza è già iniziale.

    Secondo : la telecamera procede velocissima, inquadrando i presunti cadaveri per frazioni di secondo ciascuno, per cui non è dato accertarsi di primo acchito se siano esseri umani o manichini o crisis actors che fanno il morto.

    Andiamo ora frame dopo frame sempre del primo video del secondo link :

    il primo cadavere presunto non presenta una sola goccia di sangue ; è prono e non si vede il volto ;

    idem per secondo e terzo presunti cadaveri : niente sangue e proni ;

    il primo presunto sangue appare sui cadaveri presunti quarto e quinto che appaiono, anch´essi proni e invisibili in volto ; come faccia dunque il nostro spammatore medio sionazista, a sapere con tanta sicumera che siano veri morti e non ripeto, crisis actors o manichini, forse lo dovrebbe spiegare.

    Come dovrebbe spiegare la sua sicumera sulla data in cui fu filmato questo fake.

    E : questo cameraman sarebbe un "first responder", dunque si suppone arrivato subito dopo o pochissimo dopo l´agguato : eppure il sangue di quei pochi umanoidi che appaiono insanguinati, non scorre già più, non defluisce, sembra secco e coagulato : il che è ovviamente impossibile, se la scena fosse vera.

    Notate inoltre, che a parte questo presunto sangue su due soli cadaveri su 5 dei primi, non si vede su di essi alcuna lesione, alcun foro, alcuna ferita. Eppure, se davvero fossero stati massacrati si suppone a colpi d mitra, o di bombe etc., questi 5 finti morti dovrebbero essere devastati, eviscerati, aperti in più punti del corpo : nulla di tutto ciò. Fake.

    Procedamus col delirio sionazi : i cadaveri 6 e 7 (i primi vicino alla coca cola) sono troppo lontani per discernervi alcunché di certo, e sono fuori fuoco : un ragazzino con lo smart avrebbe fatto di meglio, ridicola pessima qualità per un first responder professionale con bodycam hi-tech. È che vogliono mascherare la falsità dei finti morti.

    Il finto morto 7, sempre nel reparto coca cola, si vede solo dalla cintola in giù — e nemmeno una goccia di sangue o ferite come per diversi altri.

    Poscia, il cameraman di questa messinscena non sapendo più che fare, torna indietro e ci fa rivedere di sfuggita i primi cadaveri fintissimi, déjà vu.

    A 00´37´´, finalmente parrebbe si inquadrasse un cadavere in primo piano, con tanto di sangue e buchi neri che parrebbero ferite : peccato che il manichino o crisis actor in questione, sia completamente blurred, tutto fuori fuoco, come se questa bodycam fosse non hi tech israeliana ma da mercatino cinese...Non solo : ma , ancora una volta, il sangue presunto è rappreso, non scorre, non defluisce, eppure siamo in teoria col first responder che arriva subito dopo i presunti fatti. Ed attorno ai buchi neri sul petto che parrebbero buchi di ferite, non si vede sangue per nulla.

    E : tutto attorno a questi pochi finti morti su cui si vede del sangue apparente, dovrebbe esserci un lago di sangue per terra, invece nulla, solo sui corpi : fake.

    Ancora : sempre da OO´37´´ in poi, sullo sfondo altri due finti morti fuori fuoco, idem con patate, poco sangue e niente sangue fresco o per terra, niente ferite, niente lesioni : arcifake.

    Idem per i presunti cadaveri ammonticchiati che seguono.

    A 00´55``, parrebbe finalmente di vedere un cadavere colpito al collo insanguinato, con lago di apparente sangue attorno al capo : ma anche qui è impossibile accertare dalle immagini al solito troppo veloci, se sia vero morto o finto, perché il volto è assurdamente fuori fuoco : ripeto, con lo smart chiunque avrebbe fatto di meglio. Evidentemente, non si vuole siano visibili in volto questi pessimi crisis actors o manichini che siano (penso più actors, o forse un misto tra i due).

    Inoltre sia i rivoli di sangue in terra qui, sia le macchia sul cassettone della coca, sia il sangue apparente sul collo, sono al solito rappresi, secchi, il che è assurdo in una scena vera di gente appena uccisa a colpi di arma da fuoco, da cui dovrebbe colare sangue fresco a go go. Inoltre qui il trucco usato non è solo il fuori fuoco che nasconde i volti etc., ma se guardate molto bene, vi accorgete con evidenza che il presunto sangue sul presunto collo è una sovrapposizione di immagine — photoshop d´accatto.


    In conclusione, questi presuntissimi stragisti di hamas dovevano avere una mira infallibile che nemmeno clint eastwood : infatti per tutto dico tutto il fake video, non si vede segno visibile di proiettile o bomba che abbia colpito oggetti : tutto un po´a soqquadro ma perfettamente intonso, cassettoni della coca cola e tutto. Nessun foro di proiettile, nemmeno una scheggiatura in tutti gli oggetti : più fake di così...


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