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45 milioni di disoccupati nell’Ue per colpa della Germania

La disoccupazione in Europa ha raggiunto un nuovo massimo storico: secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro dell'Onu (Ilo) nel 2011 circa 45 milioni di persone nell'Unione europea erano disoccupate. E la colpa, almeno in parte, è della compressione dei salari in Germania, che per l'Ilo frenerebbe l'economia dei paesi vicini.

Stando ai dati (pubblicati da diversi media tedeschi) dell'organizzazione con sede a Ginevra - composta da rappresentanti dei governi, lavoratori e imprenditori - dall'inizio della crisi finanziaria il numero dei disoccupati in molti Paesi Ue è in costante e tendenziale aumento. Fa eccezione la Germania, campione di export anche per il “debole sviluppo” di stipendi e salari, che però frena la domanda interna e le importazioni dall'estero costituendo “una causa strutturale per le più recenti difficoltà dell'eurozona”, è scritto nel rapporto.

Secondo lo studio nel 2011 in tutto il mondo 197 milioni di persone erano senza lavoro. Si tratta della stessa cifra registrata nel 2010, il 6% della forza lavoro (27 milioni in più rispetto al 2007, prima della crisi), nonostante l'economia mondiale sia cresciuta nel 2010 del 5,1% e nel 2011 del 4%. A quello per i disoccupati, Ilo aggiunge l'allarme per i circa 900 milioni di persone che, pur lavorando, guadagnano meno di 1,5 euro al giorno e vivono sotto la soglia di povertà.

“Un lavoratore su tre al mondo è disoccupato o povero”, ha spiegato il direttore dell'organizzazione Juan Somavia. La tesi dell’Ilo secondo la quale la politica economica portata avanti dalla Germania e quella imposta, o quanto meno fortemente sollecitata, agli altri Paesi dell’Ue, avvantaggi la nazione tedesca e danneggi molti altri Paesi europei, non è nuova. E mi sembra condivisibile. Il governo tedesco sostiene che all’interno dell’Ue deve essere praticata una politica di eccessivo rigore fiscale che ha determinato l’estendersi della stagnazione ed ora anche della recessione economica, con i conseguenti pesanti effetti negativi sull’occupazione, ritenendo che questo sia il modo migliore per affrontare la crisi.

Tale situazione però almeno fino ad ora si è rivelata favorevole per la Germania, la cui economia è stata trainata dalle esportazioni, proprio per i motivi indicati dall’Ilo. Ma a lungo andare questa politica non solo aggraverà ancora la situazione economica di molti Paesi dell’Ue ma si ritorcerà contro anche la Germania, quando le sue esportazioni ne subiranno le conseguenze negative. E il tutto perché il governo tedesco ritiene, sbagliando, che per combattere la crisi la “ricetta” neoliberista e monetarista sia la migliore. Forse la migliore affinchè la Merkel possa vincere le prossime elezioni politiche, ma deleteria per la situazione economica e occupazionale dell’Europa.

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