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25 aprile: Venezia festeggia il santo immigrato clandestino

Per i veneziani il 25 aprile è prima di tutto la festa di san Marco. Con tutto il rispetto per la festa della Liberazione dal fascismo, da un millennio il popolo lagunare festeggia in questo giorno il suo santo patrono, così importante per la città che aveva ben tre feste dedicate: oltre al 25 aprile, data del martirio, era festeggiato anche il 31 gennaio, ricordo della traslazione delle reliquie a Venezia (dove giacciono tuttora nella celebre basilica), ed il 25 giugno, data del loro rinvenimento.

Il leone di san Marco è il simbolo della città, fin dai tempi della Repubblica Serenissima, e quindi dell’intera regione del Veneto. Leone rappresentato con il libro aperto in tempo di pace, e con il libro chiuso in tempo di guerra. Lo stesso leone compare sui fazzoletti che i militari del Reggimento Lagunari portano al collo, essendo gli eredi dei fanti da mar della Repubblica veneziana.

Il 25 aprile, in concomitanza con la festa del santo evangelista, gli uomini veneziani - per tradizione anche questa millenaria - regalano il bòcolo alla propria amata, un bocciolo di rosa rossa dal gambo lunghissimo.

Ma chi era san Marco? Il santo patriarca (dal quale discende il titolo per il vescovo di Venezia, unico in tutta Italia oltre al Pontefice) nacque in Palestina sotto l’imperatore Augusto. Poco o nulla si sa della sua giovinezza e della sua famiglia. Dal Nuovo Testamento, unica fonte di informazioni su di lui, sappiamo che era cugino di Barnaba (lettera ai Colossesi 4,10) e che quindi era ebreo di stirpe levitica.

Oggi diremmo che era un ebreo palestinese, per anni residente in Egitto allo scopo di evangelizzare quella terra, insomma un arabo dalla pelle "abbronzata". Come da tradizione, arrivò in laguna a bordo di una barca di commercianti, privo di ogni documento di riconoscimento, nascosto sotto ortaggi e carni di maiale. Secondo la legge Maroni era un clandestino, un immigrato irregolare, senza lavoro né permesso di soggiorno; non solo non conosceva l’italiano - che era ancora da venire - ma neppure il dialetto veneto che, essendo morto prima, non riuscì ad imparare. Per aprir bottega di evangelizzazione oggi avrebbe dovuto sostenere l’esame di italiano, secondo le migliori intenzioni della Lega che mica per questo è razzista.

C’è da sperare che i leghisti non vengano mai a sapere della presenza del corpo del santo clandestino immigrato sotto l’altare maggiore della Basilica di san Marco, sennò potrebbero pretendere che venga riesumato, come è successo alla bimba di Paderno del Grappa.

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