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2010-2019: Il decennio che ha ucciso la politica

Il decennio che sta per concludersi ha segnato la fine della politica.

L'involuzione a cui siamo stati costretti ad assistere è stata davvero inarrestabile e sotto certi aspetti perfino sconvolgente. I social network che avrebbero dovuto consentire una maggior capacità di dialogo e di comprensione tra le persone sono ormai divenuti delle vere e proprie incubatrici di manipolazioni di massa.

Al di là delle notizie false, vi vengono esaltati e diffusi ad arte comportamenti negativi, odio e intolleranza in varie forme. I politici, malati più che mai di personalismo acuto e di protagonismo, ricorrono quotidianamente a tali piattaforme virtuali. I leader di partito hanno addirittura vere e proprie squadre di dipendenti al loro servizio attraverso le quali vi rilasciano dichiarazioni spesso con ritmi frenetici e notevolmente invasivi.

La stampa tradizionale si accoda a questo modo di fare diffondendovi qualsiasi frase venga scritta, svuotando così il valore della notizia che dovrebbe essere quello di informare e non di disinformare creando confusione e parlando di cose prive di senso e di valore e spesso incoerenti.

Il giornalismo d'inchiesta è ormai ridotto all'osso e nella maggior parte dei casi viene ostacolato o ignorato del tutto perché votato a fornire notizie oggettive fondate su azioni di denuncia di un fatto esistente.

Quindi di fatto rimane assente dai social network.

Gli utenti vi perdono ore e ore a parlare e sparlare di temi di cui hanno una conoscenza relativa, giungendo spesso a scrivere esternazioni intrise di odio e comportandosi come se dovessero duellare costantemente con chi non la pensa come loro anziché cercare un confronto sereno e costruttivo col prossimo.

La TV è ormai letteralmente invasa da trasmissioni politiche in cui si parla tanto ma in cui non si dice praticamente nulla. Le frasi ad effetto e gli slogan contano infatti molto di più dei contenuti, fenomeno dilagante sostenuto dal fatto inequivocabile che sempre più spesso i leader politici non risultano preparati e competenti sulle materie in cui vengono interpellati.

Ma riuscendo a far passare una certa immagine e/o a sorprendere il pubblico con uscite che fanno audience e che colpiscono l'emotività degli spettatori, questi loro limiti palesi finiscono col passare in secondo piano. Anche perché è passato il messaggio demenziale che per fare politica non c'è più bisogno di una preparazione né di avere competenze specifiche.

Accettando questa vera e propria assurdità, il livello odierno della politica si è talmente appiattito da avere quasi del tutto snaturato ed inficiato tutte le attività che dovrebbero promuoverla ed affermarla in una dimensione positiva per l'insieme della collettività.

Quindi non è un caso che attraverso il lancio di campagne in rete una ragazzina sia potuta diventare improvvisamente una leader ambientalista di spessore mondiale o che un movimento di piazza identificato (in modo ridicolo) con un animale sia un elemento di cronaca quotidiana sul quale dibattono perfino politologi autorevoli che invece dovrebbero affrontare temi ben più seri ed interessanti per il bene del Paese.

I partiti in tutto questo si accontentano di strumentalizzare questi movimenti nati e diffusi virtualmente per usarli per fini esclusivamente elettorali. Infatti, oggi queste entità sono ormai ridotte a veri e propri comitati elettorali perché più che mai in questo periodo la priorità di un politico è quella di essere eletto e non di impegnarsi invece per il bene della collettività di cui dovrebbe rappresentare gli interessi e i diritti.

Tutto questo ha consentito la fine della politica, fatta a pezzi da un sensazionalismo mediatico costruito ad arte per impedire alla gente comune di pensare con la propria testa e di agire ed aggregarsi di conseguenza.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un'amministrazione pubblica sempre più scadente, uno stato sociale sempre più a rischio, un livello culturale sempre più basso e un capitalismo, selvaggio e libero di agire, sempre più affermato e feroce che porta tutti quanti a vivere in una società in modo precario e incivile.

 

Yvan Rettore

Questo articolo è stato pubblicato qui

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