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1600 posti di lavoro a rischio nel settore marittimo del golfo di Napoli

I fattori strutturali e congiunturali che stanno causando la crisi del settore marittimo nel Golfo di Napoli. Ne parliamo con Raffaele Formisano, segretario regionale campano della FIT-CISL

Alla crisi economica, che non ha risparmiato il settore del trasporto marittimo, un settore strategico per la città di Napoli, si sono aggiunte le recenti tragedie della Costa Concordia e del drammatico fallimento della Deiulemar, portando alla luce le problematiche legate ai mezzi nautici, alla sicurezza, alle figure professionali e gestionali del settore.

Per Raffale Formisano, segretario regionale della FIT-CISL, uno dei sindacati più rappresentativi tra i lavoratori marittimi, “la crisi economica mondiale sta avendo pesanti ricadute sul trasporto marittimo, quello di lungo raggio, di piccolo e medio cabotaggio. Oggi i noli non arrivano a coprire i running-cost, ci sono aziende che stanno chiudendo, che sono state risucchiate da questa forte crisi. Anche per le costruzioni navali i cantieri asiatici stanno sottraendo importanti ordinativi alla cantieristica navale italiana.”

Per quanto riguarda gli aumenti dei costi in Italia, per Formisano “sono gravati altri aspetti, l'aggravio dell'IVA ad esempio. Il mezzo navale che non viene visto più in regime di extraterritorialità, questo costo se aggiunto al 60-70% di aumento del gasolio, negli ultimi tre anni, rischia di portare le aziende alla chiusura. Se vediamo le ripercussioni sul settore marittimo del golfo di Napoli abbiamo dei costi fissi come la nafta; costi di attracco, ormeggio, di pilotaggio; tasse portuali che aumentano e non diminuiscono; in più è in arrivo la tassa di soggiorno per le isole, che sarà caricata sui biglietti, etc. Gli extracosti non vengono compensati. Le compagnie operano su orari di servizio pubblico determinati dalla regione senza ricevere nessun intervento per calmierare le tariffe. L'unica variabile alla fine è quella del costo del lavoro, l'unica voce che viene ritoccata per alleggerire i costi.”

Le conseguenze dal punto di vista occupazionale, per il segretario regionale della FIT-CISL, sono “una tragedia, perché su tutto il territorio nazionale l'attività marittima è svolta praticamente solo in Campania. Tra il 70 e l'80% dei lavoratori marittimi italiani sono della nostra regione. Nel golfo di Napoli, tutti i lavoratori marittimi sono tutti campani, napoletani, di Torre del Greco, Procida, Ischia. La crisi che sta attraversando il settore dello shipping mette a rischio, solo nel golfo di Napoli, 1600 posti di lavoro. Con possibili pesanti ricadute su interi territori.”

La recente vertenza sindacale dei lavoratori della SNAV ha visto le confederazioni sindacali unitariamente coese alla ricerca di una soluzione con l'azienda. Per Formisano si è trattato di un esempio positivo perché “con il taglio delle linee imposto dalla regione, si sono ridotte le esigenze occupazionali. Alcune società hanno dovuto ridurre la flotta e attivato le procedure di esubero previste dalla legge 223. Con la SNAV, dopo lunghe trattative, siamo riusciti a ad arrivare ad un accordo con l'azienda, riducendo sensibilmente i periodi di imbarco, senza mandare a casa nessuno, con una riduzione forte dei mezzi nautici in inverno, ed il mantenimento dei mezzi navali per le tratte estive. Si sono ridotti i periodi di lavoro e di imbarco, ma siamo riusciti ad evitare i licenziamenti.”

La tragedia della Costa Concordia ha messo in cattiva luce la secolare tradizione dei Comandanti, i cui ruoli ed attribuzioni derivano da un codice della navigazione entrato in vigore nel 1942 e derivato da un codice militare, per Formisano “il settore marittimo deve adeguarsi ai cambiamenti tecnologici avvenuti negli ultimi anni a livello mondiale, oggi le navi non navigano più in isolamento dal mondo terrestre. Anche la navigazione navale deve adeguarsi, come è stato fatto nel campo dell'Aviazione Civile, nel quale la figura del comandante è inquadrata come Team Leader, piuttosto che come un sovrano assoluto. Queste innovazioni sono necessarie, perché se la crisi a livello mondiale sta producendo un esubero di circa 400.000 addetti nelle categorie di basso profilo professionale del settore marittimo, abbiamo invece una richiesta di 30/35.000 ufficiali, con salari di tutto rispetto, ed anche per rispetto alla nostra tradizione dovremmo avere la capacità di introdurci in questo spazio, che oggi viene occupato dai marittimi filippini ed indiani, con una formazione mirata sui contenuti, sulla conoscenza delle lingue, come l'inglese, per formare ufficiali all'altezza della domanda a livello mondiale. In questo contesto stiamo notando un maggior numero di giovani che intraprendono la carriera del mare, con grandi prospettive per gli ufficiali e poche per i "ratings". Già oggi il 50% dei nostri ufficiali naviga in bandiera estera, a dimostrazione che la globalizzazione ha inciso anche su una professione che da sempre ci qualifica nel mondo. Bisognerà quindi studiare delle agevolazioni contrattuali che incentivino gli armatori ad utilizzare la qualifica degli allievi e quella dei sottufficiali e comuni. Andrebbero poi superate le logiche conservatrici nel settore marittimo, le associazioni dei comandanti, ad esempio".

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