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10 anni senza i bambini di San Giuliano di Puglia

Era giovedì 31 ottobre 2002 quando alle 11:33 la terra di un paesino fino ad allora sconosciuto ai più tremò: a San Giuliano di Puglia tra l’incredulità ed il dolore dell’Italia e del Mondo perdevano la vita 27 bambini ed una maestra. Un’intera classe, la prima elementare della scuola Francesco Iovine, volò via tra la polvere delle macerie. Sotto i suoi muri pesanti crollati però come fossero di cartone, erano rimasti 57 bambini, 8 insegnanti e 2 bidelli. I minuti, le ore, i giorni successivi a quella data sono stati un misto di dolore, di speranza, di gioia, di disperazione, di rabbia. Il terremoto aveva fatto tremare anche gli stati d’animo di tutti, le certezze erano crollate: l’istituto non aveva agibilità, la sopraelevazione non era regolare… il luogo sicuro per antonomasia, la scuola, era di fatto diventato una trappola mortale.

Da quel giorno sono passati 10 anni ma quelle immagini rimangono nella memoria di molti, anche se i media quelli che per giorni fecero servizi e dirette sembrano averle dimenticate. I funerali con quelle piccole scatoline bianche tutte in fila, circondate da fiori e pupazzi, i pianti dei genitori, dei nonni, delle sorelline e dei fratellini sono una ferita aperta per la nostra nazione, certificata simbolicamente dalle parole sincere dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi “non abbiamo saputo difenderli”.

Da quel giorno un susseguirsi di processi, ricorsi e contro ricorsi. Nel 2007 tutti gli imputati erano stati assolti fino a che nel maggio di quest’anno la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza del 2009, condannando a cinque anni di reclusione ciascuno i quattro imputati: Giuseppe La Serra, progettista della sopraelevazione della scuola (il secondo piano era stato realizzato in un secondo momento), Mario Marinaro, capo ufficio tecnico comunale e i costruttori Carmine Abiuso e Giovanni Martino, eliminando però la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. L’ex sindaco, Antonio Borrelli, che sotto le macerie perse una figlia era già stato condannato a due anni e undici mesi, ennesimo episodio specchio della fragilità umana che rende tutt’oggi questa vicenda così dolorosa. 

Oggi esiste un comitato “Vittime San Giuliano di Puglia” presieduto da Antonio Morelli, il papà di Morena morta anche lei a sei anni mentre era a scuola. Alla stampa con dolore afferma “Io difficilmente parlo di mia figlia, perché ho un ricordo mio personale, che porto sempre con me: mia figlia, come del resto tutti i 27 bambini, la sento vicino. Sono e vivono con noi e accanto a noi. In questi drammatici e tristi anni ci hanno dato la forza per continuare ad andare avanti: ci hanno dato la forza per cercare di costruire - senza dimenticare il passato - un futuro migliore, un futuro migliore per i ragazzi che sono rimasti a San Giuliano. Specialmente credo che sia anche un messaggio di speranza per i tanti ragazzi che frequentano le scuole e che devono avere il diritto di andare in una scuola sicura. Quel giorno per me è vivo come fosse il primo giorno! Nonostante i dieci anni che sono trascorsi”.

Nel frattempo 800 famiglie colpite da quel terremoto sono ancora senza casa e peggio ancora la situazione della sicurezza all’interno degli istituti scolastico è ben lontana da una reale soluzione. I dati del X Rapporto sulla sicurezza delle scuole di Cittadinanzattiva (rapporto nato proprio dopo la strage di S. Giuliano) parlano chiaro: lesioni strutturali in una scuola su dieci, distacchi di intonaco in una su cinque, muffe ed infiltrazioni in una su quattro; la manutenzione è ridotta al lumicino, tanto che ad esempio nel 45% delle scuole monitorate sono stati richiesti interventi strutturali, ma in oltre la metà dei casi l'ente proprietario non è mai intervenuto.

Sembrano dati freddi manifesto di una delle tante ricerche utili per fare qualche servizio in tv o scrivere qualche articolo sui giornali. Ma quando potrebbe cambiare, se invece si comprendesse che questi numeri sono il presupposto e lo stimolo per evitare queste scene, descritte con semplicità e crudezza dal giornalista dell’Avvenire Pino Ciociola nel suo libro “La Scuola Assassina”:

 “Alcuni dei piccoli morirono subito, schiacciati: qualcuno lo identificarono dal vestitino, non dovette neppure essersi reso conto di morire. Altri invece avevano il visetto blu, cianotico: se n’erano andati per soffocamento e ai loro genitori il cuore sembrò incenerirsi a rendersi conto di quanto dovessero aver sofferto. Un papà tirò fuori dalle macerie la figlioletta con le proprie mani: stringeva ancora la matita in una mano e della testina non c’era quasi più nulla. La fece chiudere nella bara senza lasciarla vedere alla moglie: “ricordala com’era”, le disse”.

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