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Valutazione del rischio e altre: io voto Sì contro il nucleare

"Anche le automobili provocano migliaia di morti": questa è una delle motivazioni dei pro-nuke. Ma una semplice valutazione del rischio ci dice che questa tesi è errata. Così come tutte le altre portate a favore di questa tecnologia obsoleta e lobbistica. Il futuro del nostro Paese e del mondo è un altro. Sulla scia della Germania.

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Esiste una tesi, alquanto bizzarra, secondo la quale sarebbe insensato temere la pericolosità di una centrale nucleare per lo stesso motivo per cui non abbiamo timore di utilizzare le automobili nonostante ogni anno molte persone muoiano sulle strade.

E’ cosa nota, infatti, che la valutazione del rischio si basi sul prodotto fra la probabilità che un incidente si verifichi e l’entità del danno prodotto dall’incidente stesso. Partiamo allora dal fatto che in un reattore nucleare venga generato un “incidente controllato” (la fissione del combustibile) per sprigionare il calore necessario a scaldare l’acqua che, diventata vapore, farà girare le turbine e quindi gli alternatori della centrale elettrica. Quindi anche in regime di funzionamento normale si ha quella costante emissione di radiazioni testimoniata dalla preoccupante incidenza tumorale nelle aree adiacenti alle centrali, anche quelle dismesse.

Nel momento in cui si verifica un incidente, poi, i danni sono quelli abbiamo potuto osservare, ad esempio, dopo le tragedie di Chernobyl e Fukushima. E’ anche vero che sono relativamente “pochi” i morti dovuti direttamente alle esplosioni verificatesi nei 33 incidenti atomici avvenuti dagli anni ’50 ad oggi nel mondo (e tantissimi sono gli incidenti minori rimasti nell’ombra). Ma è impressionante il numero di persone decedute a causa delle leucemie o che hanno riportato deformazioni per effetto delle modificazioni genetiche provocate dalle radiazioni.

Vorrei chiedere, per curiosità, agli “esperti del settore” che si dicono favorevoli al nucleare se andrebbero a prestare aiuto ai tecnici che stanno lavorando ora nella centrale di Fukushima. E vorrei anche chiedergli se andrebbero a vivere in quell’area del raggio di almeno 20 km intorno alla centrale giapponese che rimarrà inaccessibile per almeno 5mila anni, praticamente l’eternità.

Una probabilità d’incidente non bassa, unita a danni immensi ed irreparabili, ci dicono quindi che questa tecnologia non può essere il futuro energetico della nostra società. Lo ha capito la Germania che già ci supera nell’utilizzo delle fonti rinnovabili e che ha annunciato che entro il 2022 chiuderà tutti gli impianti nucleari.

Inoltre non si può prescindere da alcune considerazioni circa:

- la sicurezza degli impianti che andremmo a costruire (con le mafie alla finestra ed un’eccessiva frequenza nel nostro Paese di terremoti con intensità medio-alta);

- lo smaltimento delle scorie, un problema che dubito sarà mai risolto;

- la scarsità di combustibile nucleare (che non attenua e, anzi, incrementa la nostra dipendenza da altri Stati);

- l’enorme costo di una tecnologia obsoleta che produce solo energia elettrica, sprecando una quantità imbarazzante di energia termica irrecuperabile che va a devastare l’ecosistema dei nostri principali fiumi, utilizzati per il raffreddamento;

- la necessità improrogabile di svincolarsi dal consumo delle risorse non rinnovabili del Pianeta, semplicemente per il fatto che non potremo permettercelo ancora a lungo, ma anzi dobbiamo puntare forte già da ora sulla rinnovabilità del nostro sistema socio-economico, in barba alle lobby di potere;

Rispetto a 30 anni fa si è ridotta la domanda industriale ed è cresciuta quella per gli usi civili, che oggi rappresenta oltre il 50% dei consumi elettrici. Questo ci rende più che mai responsabili delle nostre scelte, individuali prima e politiche poi. In Italia abbiamo bisogno di una colossale operazione di manutenzione energetica del patrimonio edilizio esistente, finalizzata al taglio degli sprechi, delle inefficienze e dei consumi. Parallelamente, comune per comune, servono interventi concreti per consentire per l’autoproduzione casa per casa: diffusa, capillare, controllata dai cittadini, pulita. Molti comuni si sono organizzati mettendo in piedi, con la decisiva complicità delle comunità, gruppi di acquisto e allegati energetici ai regolamenti urbanistici edilizi che vanno proprio in questa direzione. L’unica effettivamente sostenibile, da percorrere.

La vittoria del SI, quindi, sarebbe un messaggio forte sulle rinnovabili e sulla green economy: ambiti nei quali il governo italiano brilla per assenza se non boicottaggio, e con cui invece un’eventuale vittoria dei Sì, almeno sul medio lungo termine, costringerebbe a fare i conti.

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