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Libia-Giappone, solo andata

Checché se ne dica, esistono drammi di serie A e B. E il declassamento arriva per tutti, fulmineo e spietato. Lo spettacolo deve proseguire ed il carrozzone mediatico sposta i suoi riflettori di tragedia in tragedia, preoccupandosi dell’audience più che della portata degli avvenimenti. Così la rivolta del popolo libico per la democrazia finisce nel dimenticatoio, determinandone la fine.

È la stampa, bellezza, la stampa. E tu non ci puoi fare niente… niente! diceva Humphrey Bogart alias Ed Hutchinson, giornalista ne “L’ultima minaccia”, film del 1952 diretto da Richard Brooks.

Hai voglia a cercare notizie delle decine di migliaia di morti che le truppe mercenarie di Gheddafi stanno mietendo ancora oggi fra le fila dei ribelli libici; ma niente, sembrano inghiottiti dalle sabbie del deserto. O dalle onde di uno tsunami.

Eh si, perché ora c’è qualcosa di più sensazionale da lanciare sul carrozzone mediatico. Un’enorme tragedia, quella che sta vivendo il Giappone in questi giorni, che fa calare il sipario sul dramma libico, forse maggiore per numero di morti, ma certamente meno spettacolare. Per la legge dei reality vince lo tsunami… e Giappone sia! Con conseguente oscuramento, seppur parziale (ma sostanziale), della crisi nordafricana. Non importa che li sia in gioco la democrazia e, con essa, il futuro di quei popoli.

E’ disarmante, infatti, la velocità con cui anche le maggiori testate giornalistiche italiane hanno spostato tutti i riflettori dalla rivolta libica al terremoto giapponese, quasi che la prima di punto in bianco non esista più. O che mai sia esistita. Perché è questo che risalta, è questo il messaggio che i telespettatori e i lettori ricevono.

Eppure i titoli, per quanto minuscoli, non lasciano trasparire un miglioramento della situazione, ma anzi dicono chiaramente che il rais sta riprendendo il potere a suon di corpi sventrati dai continui bombardamenti.

Viene quindi da domandarsi dove siano finiti gli atteggiamenti timidamente minacciosi di USA e Europa e come mai Gheddafi, che solo pochi giorni fa stava cercando disperatamente un salvacondotto in uno Stato amico (e non ci sarebbe stato da stupirsi se questo fosse stato l’Italia) ora è lasciato libero di sterminare il suo popolo. Ed ancora, sarà realizzata la No Fly Zone sulla Libia?

Dal corriere.it fanno sapere che “Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha chiesto ripetutamente a Gheddafi di lasciare il potere, ma Washington non ha voluto imporre un blocco del traffico aereo sui cieli libici in maniera unilaterale”. Ed ancora “Sia gli Stati Uniti che l'Unione europea avevano chiesto supporto ai Paesi arabi per aumentare le pressioni sul governo libico”.

Ora, mi sembra superfluo far presente che non si sta discutendo con un galantuomo ma con un criminale spietato che non credo lascerà il potere semplicemente perché glielo chiedono gentilmente l’Occidente e i Paesi arabi. Peraltro non mi pare che tanta grazia sia stata riservata al suo collega Saddam Hussein.

Ma forse la democrazia è da esportare solo in Afghanistan e Iraq, dove peraltro nessuno l’aveva chiesta, mentre possiamo lasciare da parte il nostro “buon cuore” davanti ad un popolo oppresso che sta lottando (e morendo) per difendere i suoi diritti e la sua libertà.

D’altronde l’importante è che, come ha affermato la televisione di Stato libica, “i porti petroliferi nel Paese sono sicuri e stanno riprendendo le attività dopo la fine degli atti di sabotaggio", invitando le compagnie petrolifere a tornare a caricare il greggio e i lavoratori degli impianti a tornare al lavoro. (repubblica.it)

The oil show must go on, fino all’ultima goccia. O all’ultimo morto.

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