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Affarismo padano: l’inceneritore di Casalpusterlengo

Dopo discariche, raffinerie, industrie chimiche cacciate da Milano, impianti tossici e nocivi che nessun altro territorio ha voluto - il tutto dislocato nel lodigiano - si pensava che fosse davvero finita. E invece no. Ecco il bellissimo progetto di un inceneritore, destinato ad applicare una tecnologia che risolve i problemi alle aziende che non sanno come smaltire «acque di scarico altamente inquinanti e pericolose, soprattutto nel settore chimico e farmaceutico». Ne abbiamo proprio bisogno?

Funziona così: prima vanno a caccia di voti promettendo la massima attenzione per la difesa del territorio di cui si fanno paladini senza macchia e senza paura; poi, arrivati al potere, sguinzagliano l’anima affarista che nascondevano sotto cumuli di populismo esasperato.

E così la Lega Nord si fa eleggere nel 2009 in provincia di Lodi e nel comune di Casalpusterlengo, cavalcando il tema dell’erosione del territorio dovuto alle precedenti amministrazioni di centrosinistra, in particolare puntando il dito sul consumo di territorio legato alle attività logistiche.

Ora però che le due amministrazioni sono nelle loro mani, cosa stanno combinando i fazzoletti verdi?

Nuove tangenziali, un ulteriore polo logistico proprio a Casalpusterlengo e, udite udite, un inceneritore, sempre nella città amministrata dal sindaco Parmesani.

Innanzitutto i modi: tutto è rimasto nell’ombra (pare che ne fossero informati solo il sindaco e l’assessore all’ecologia, ma le carte del progetto erano già depositate in regione Lombardia) fino a quando il quotidiano locale “Il Cittadino” ha scoperto il fattaccio e ha alzato un polverone mediatico. Visto il tema estremamente delicato, però, sarebbero state auspicabili un’estrema chiarezza e tempestività di comunicazione da parte dell’amministrazione comunale ed, in primis, del sindaco.

A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. E, anche se si dovranno comunque aspettare le valutazioni tecniche (e non abbiamo dubbi che queste rientreranno nei parametri di sicurezza previsti), viene da domandarsi il perché di tanta segretezza se, come si stanno affannando a dire, non si corre alcun pericolo.

Detto questo credo che la riflessione più giusta da fare sia quella inerente allo sviluppo del nostro territorio, tanto vessato dalla crisi e quindi alla ricerca di nuove fonti di occupazione, ma anche dall’emergenza tumori che ci vede ai primi posti in Italia.

Onestamente credo che quest’opera, per un bilancio fra le due questioni, non s’abbia da fare.

Esiste un costo, che le amministrazioni pubbliche troppo spesso dimenticano, che si chiama "esternalità", il quale contempla l’insieme delle ricadute negative che un insediamento produttivo provoca nella comunità in cui si trova e dei conseguenti costi che indirettamente ricadono sulla società.

Il trattamento di rifiuti tossici, che siano solidi, liquidi o gassosi, provoca emissioni quanto meno nocive nell’atmosfera circostante, che significano conseguenze più o meno gravi sulla salute degli abitanti della zona. Di conseguenza aumenterà la spesa sanitaria della comunità.

Non solo, quindi, credo che il gioco non valga la candela, ma penso che sia necessaria una presa di posizione forte da parte di tutto il nostro territorio, ad iniziare dalla Provincia fino a tutte le amministrazioni comunali, per dichiararsi fermamente contrari a questo modello di sviluppo e alle ricadute che provoca sulla salute dei suoi abitanti.

Ad oggi non ho sentito nessun sindaco dei comuni della Bassa esprimersi sulla questione e penso che non esista “politically correct” quando il pericolo coinvolge anche i cittadini dei comuni circostanti.

Non è una soluzione accettabile la corsa al risarcimento, come avvenuto per la centrale elettrica di Bertonico, che pure funziona a metano, ma che comunque scarica in atmosfera sostanze nocive, seppur in quantità controllata.

Di quantità controllata in quantità controllata si crea un quantitativo sicuramente eccessivo.

Qual è il vantaggio per i cittadini se le amministrazioni comunali ricevono i rimborsi, ma poi essi stessi devono pagare con i loro soldi e, sempre troppo spesso, con le loro vite queste scelte?

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