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Ecco come le multinazionali evadono il fisco in Lussemburgo

È di questi giorni la polemica tra il premier italiano Matteo Renzi e il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, che chiede maggiore rispetto per la sua istituzione e per il profilo politico degli uomini che la rappresentano.

La richiesta è più che legittima, ma sarà interessante capire che posizione prenderà la nuova Commissione sulle questioni di maggiore rilievo in Europa, per guadagnare sul campo il rispetto che pretende. Il problema dei paradisi fiscali europei, ad esempioè di primaria importanza e riguarda da molto vicino il paese di cui Juncker è stato primo ministro fino al 2013: il Lussemburgo. In Europa, il Granducato è secondo alla sola Svizzera, in quanto a opacità del sistema bancario.

Ieri è stata pubblicata un'inchiesta giornalistica internazionale, nata dalla collaborazione tra decine di testate, che ha rivelato una scomodissima verità: centinaia di società e multinazionali fanno regolarmente tappa presso gli sportelli del Lussenburgo per evadere il fisco e salvaguardare illecitamente i propri profitti. 

L'inchiesta svela come, negli ultimi anni, miliardi di euro di entrate fiscali sono evaporati a causa di accordi segreti stipulati tra il Lussemburgo e 340 multinazionali, tra cui spiccano Amazon, Apple, Heinz, Pepsi, Ikea e la Deutsche Bank.

Le migliaia di pagine di documenti emerse durante l'inchiesta svelano i meccanismi attraverso cui le maggiori corporation del web, delle telecomunicazioni, della finanza e del largo consumo approfittano delle falle del sistema di regolamentazione internazionale e delle regole fiscali flessibili, per non dire accomodanti, in vigore nel piccolo paese centro-europeo, per trasferire nei suoi caveau gran parte dei profitti e ridurre al minimo la tassazione sugli stessi. Per aggirare il fisco dei paesi in cui il profitto viene effettivamente realizzato, basta aprire una filiale in Lussemburo senza neanche preoccuparsi di implementare la sua struttura in termini di attività e personale. Un ufficietto in centro, insomma, e il gioco è fatto. Lo scopo ultimo è ottenere un livello di tassazione più basso possibile o, perché no, l'esonero totale.

L'inchiesta ha dunque colto con le mani nel sacco importanti gruppi europei, principalmente tedeschi, olandesi, svedesi, belgi e francesi. Il caso più emblematico è quello del colosso dell'arredamento scandinavo Ikea.

Nel video seguente, prodotto dal consorzio di testate giornalistiche che ha condotto l'inchiesta, viene spiegato in modo chiaro il funzionamento di quella che, in definitiva, può essere considerata una frode di dimensioni ciclopiche.

Chissà che ne pensano Juncker ed il suo rispettabile gabinetto.

 

Foto: Jason Baker, Flickr

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