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The butler: manca solo lo sventolio delle bandierine a stelle e strisce

Malgrado le buone qualità di regista che ho apprezzato, per esempio in film come Precious, in questa pellicola Daniels si rivela pretenzioso ed ambizioso oltremisura.

Non si possono in due ore ripercorrere gli ottant’anni più importanti della storia degli Stati Uniti affrontando argomenti come l’integrazione razziale, la guerra in Vietnam, l’assassinio di Kennedy, l’elezione di Obama senza nulla approfondire e proponendo decine di personaggi “illustri” attraverso stereotipi desueti.

Buona l’interpretazione, oltre che di Forest Whitaker, anche di altri protagonisti, buoni i tempi di passaggio da una fase storica all’altra ma complessivamente un film che non convince.

In un’unica famiglia si racchiudono tutte le istanze e le contraddizioni della società americana: dal padre Cecil, che dimentico della madre stuprata e dell’altro genitore ucciso dal “padrone bianco” si mette ligio al servizio del “sistema”, sino ad essere elevato a maggiordomo della White House, al figlio Louis che si ribella all’autorità dei bianchi per arrivare, passando per Martin Luther King, alle Pantere Nere e a Malcom X; all’altro figlio Charlie, che preso dall’amor patrio si arruola volontario per il Vietnam dove viene ucciso, infine alla madre Gloria, che da casa, mentre prepara pranzi e colazioni e mentre affoga nell’alcol, cerca di fare da legante famigliare sino ad ottenere, nel gran finale buonista, la riconciliazione padre-figlio. Cecil smette di fare, come da consegna ricevuta, il cieco-sordo-muto ed invisibile, Louis abbandona l’ala dura del movimento antisegregazionista, diventa deputato al Parlamento e si ritrova col padre sotto la bandiera di Nelson Mandela.

In questo film Daniels e lo sceneggiatore Strong (un attore americano con esperienze solo televisive dove ha sceneggiato qualche programma di satira) ci danno l’immagine degli States che gli americani vogliono vedere senza disturbare, né tanto meno attaccare, nulla e nessuno con i Presidenti “orribilmente caricaturati” che se ne stanno tranquilli dietro le loro scrivanie mentre il mondo precipita (mi ricorda la scena del Bush J. nella scuola mentre riceve la notizia dell’attacco alle torri gemelle di New York), ricorrendo, ogni tanto ai consigli che il maggiordomo con profonda saggezza concede loro.

Questo film, che dalla macchina propagandistica political-economica americana probabilmente avrà svariate nomination all’Oscar, mi fa persino rimpiangere il “Lincoln” di Steven Spielberg che ha monopolizzato la passata stagione cinematografica e che seguendo le recensioni di noi “piccoli dilettanti della cinematografia” non ha affatto convinto.

Infine direi, uno scadente tributo alla battaglia per l’integrazione razziale, proprio nell’anno della morte del grande Nelson Mandela.

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