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Summit tra mafie e avvio di una nuova stagione stragi: intervista a Raffaele Cantone

Nel giorno in cui tutti i media sono concentrati sulla terribile morte della giovane Sarah Scazzi, c’è una notizia che, putroppo, è passata in secondo piano, nonostante la gravità dell’evento.

Un articolo de la Repubblica mostra un documento anonimo recapitato alla Dia di Caltanissetta. Una fonte confidenziale parla di un incontro tra cosche siciliane, calabresi e campane per dare inizio a una nuova stagione delle stagi. Magistrati e giornalisti in prima linea nel mirino dei boss. Tra i giudici Raffaele Cantone, simbolo di lotta alla Camorra, che abbiamo intevistato.
«Cosa potrei dirle? Io in questa vicenda sono parte offesa. Non penso che potrei darle un’opinione su una vicenda nella quale sono interessato, e comunque la mia opinione rischierebbe di essere assolutamente un’opinione interessata. Rischierei comunque di dire delle banalità, di dire sostanzialmente cose che non sono in grado di valutare. Io non posso dare la mia idea su una vicenda nella quale sono direttamente interessato, anche perché ci sono degli organi che dovranno fare le indagini».
 
È questa la prima cosa che ci ha detto il giudice Raffaele Cantone, noto per la sua lotta al clan dei Casalesi, quando gli si è chiesto cosa poteva dirci a proposito della notizia apparsa oggi su la Repubblica. La testata romana ha infatti rivelato l’esistenza di un documento anonimo inviato alla Dia di Caltanissetta, in cui si parla di un summit avvenuto tra cosche di Camorra, ‘Ndrangheta e Cosa nostra, e nel quale si è discusso dell’avvio di una nuova stagione stragista. Pare che l’incontro si sia svolto a Messina e che tra gli obiettivi da eliminare, insieme a Cantone, ci siano magistrati quali Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino in Calabria, il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, il suo aggiunto Domenico Gozzo e il sostituto Nicolò Marino perché, è scritto, «si occupano delle indagini sull’attentato a Borsellino e di altre vicende per cui i clan sono interessati». Non viene fatto il nome invece del giornalista di cui i boss palermitani chiedono l’uccisione per conto di un “amico avvocato”.
 
Del documento uscito su la Repubblica, Raffaele Cantone afferma solo che «ho saputo anche io dell’esistenza del documento ma ovviamente io questo documento non lo ho mai visto, perché della vicenda sono stato informato, ma io non lo conosco, perché, essendo interessato alla vicenda, non avrei ragione di averlo direttamente. So che c’è un documento di questo tipo, so che al suo interno ci si riferirebbe anche di miei spostamenti. Non so cosa dire se non che sono ovviamente inquietato sul piano personale ma attendo ciò che farà la magistratura a cui è stato mandato». 
 
Nel testo si parla di un ritorno ad una stagione di stragi. Questa ipotesi potrebbe essere avvalorata da ciò che sta succedendo in questo periodo a Reggio Calabria, dato che tra l’altro, tra gli obiettivi scelti al summit vi è quello del procuratore di Reggio Pignatone, che è lo stesso a cui era indirizzato il messaggio che accompagnava il bazooka ritrovato in questi giorni?
 
«Con grande franchezza credo che le vicende lette nel loro insieme siano obiettivamente inquietanti, ma io non ho elementi per fare valutazioni. Tendo a ragionare nell’ottica del magistrato che non si limita a fare valutazioni, ma a fare prove. A me pure ha inquietato verificare ciò che è successo a Reggio Calabria e soprattutto poi verificare che di Pignatone si parlava in quel documento, cosa che io non sapevo. Non saprei cosa dire se non che io non sono stato chiamato da nessuno su questa vicenda, ripeto, non saprei che dire anche perché io sono parte in causa».
 
Ci piacerebbe sapere, a carattere personale, se l’unione tra Camorra, ‘Ndrangheta e Cosa nostra possa considerarsi il salto di qualità definitivo delle mafie.

«Io mi auguro solo di no visto che sono interessato, non sono in grado di fare valutazioni ma mi auguro proprio di no, anche se dirlo è banale. Io non so che dire di questo esposto: prima di tutto bisogna capire da dove proviene e chi l’ha fatto, se ci sono elementi che possano essere verificati. Ma è solo con la verifica che si potrà capire se questo è un documento “posticcio” o è qualcosa di serio. Questa è una verifica che dovrà fare la magistratura».
 
Lo Stato e le Istituzioni sarebbero in grado di vincere una guerra contro un simile avversario?

«Lo Stato se vuole vincere può vincere contro chiunque».
 
E l’esercito al sud?

«Non credo che l’esercito di per sé sia la soluzione dei problemi. Però credo che se serve a un miglior controllo del territorio, tutto quello che può servire a questo è sempre utile. Non credo che l’esercito possa cambiare la situazione, ma se comporta un miglioramento nel territorio noi non possiamo che esserne contenti. In generale penso però che l’esercito mi sembra più un fatto che serve a tranquillizzare l’opinione pubblica, il che è molto utile. Ma io non credo che bisogna porsi il problema se sia giusto o no tenere l’esercito, perché tutto ciò che migliora il controllo del territorio è certamente auspicabile».
 
Non sembra una contraddizione mandare l’esercito nelle città e poi palare di commissioni di inchiesta sulla magistratura?

«Questa è una polemica politica che io in questo momento sono la persona meno adatta per poterla affrontare. Certo è che credo che la magistratura è un baluardo della lotta alla criminalità organizzata e quindi è indispensabile che mai la si delegittimi, ma sulla vicenda specifica non aggiungo altro. Mi sembra il momento meno adatto per scendere in polemiche politiche».
 
 
 
 
 
 
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