Storie da Haiti
Mi scrive Gilberto, dopo il suo volontariato ad Haiti e racconta quello che si è visto in tutte le aree dove ONG e Nazioni Unite hanno messo su il loro carrozzone (Nepal, Cambogia, Darfur, Congo, etc.).
Inutile aggiungere esempi di malfunzionamento di tutti gli interventi. L’impressione che ho avuto dai contatti con le ONG é di un funzionalismo assoluto con costi operativi elevatissimi. Per fortuna alcune organizzazioni che operano nel settore sanitario lavorano in maniera autonoma e i loro interventi sono almeno efficaci e con pochi sprechi. Il CIRH (Comité Interimer pour la Reconstruction de Haiti- Bill Clinton) con il mandato di coordinare i progetti e gli investimenti di più di dieci miliardi è divenuto operativo solo a meta luglio (sei mesi dopo l’evento).
Le cifre? Non credo che ci sia una persona che possa validare le cifre delle somme promesse e ricevute, del loro impiego e i risultati degli interventi nella capitale o nelle regioni sinistrate. Inverificabile. In luglio c’erano, a Port-au-Prince, 45 rappresentanze delle Croix Rouge; Croissant Rouge; e ufficialmente 125 organizzazioni ONG, ma nessuno conosce davvero la cifra, nemmeno approssimativa.
In quanto alla ricostruzione, non é per domani: ho lavorato direttamente alla riabilitazione di case adattandomi ai materiali che si poteva trovare e comprare, a prezzi che aumentavano ogni settimana a causa della rarità. Pure la mano d’opera `pseudo specializzata’ si fa rara, gli affitti delle case disponibili sono cari dai $ 1500 ai $ 3000 al mese e anche qui la presenza delle ONG ha fatto aumentare la domanda.
In luglio il governo haitiano ha aperto un concorso per 250.000 abitazioni popolari (dico bene duecentocinquantamila): è inverosimile, con i materiali e la manodopera disponibile, costruirne 25.000 per anno. In agosto é iniziato il ricollocamento dei campeggi in altre zone con la fornitura di capanne in legno o altre soluzioni provvisorie in previsione della stagione degli uragani. Per fortuna Tomas è stato mite.
Ma la cosa più triste è lo scoraggiamento e lo scetticismo generale della popolazione. Oggi con tutte le nazionalità rappresentate nella MINUSTAH, NU e ONG, Port-au-Prince é una vera Babilonia di lingue, di idee e di modi operativi. In Haiti la maggioranza della popolazione parla solo il ‘creole’. Se si vuole ricostruire PaP, che si incominci con le fogne. Se si vuole aiutare Haiti a svilupparsi, che si incominci ad aiutarla a sviluppare le sue risorse umane. Una disgrazia non arriva mai sola. Ecco la seconda; il colera!
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