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Che adulti saranno i ragazzi di ora? La risposta di Yes I Am

Lo spettacolo “Yes I am”, scritto e diretto da Alessandro Rugnone, nasce da una ricerca che lo stesso regista ha condotto nell’estate del 2009 tra alcuni adolescenti della provincia palermitana. La domanda che lo ha mosso era: sono davvero così vuoti, i ragazzi di ora? In crisi di valori e riferimenti, condannati all’alienazione da computer e televisione? Farsi una domanda di senso è un ottimo modo per iniziare un percorso artistico. E ottenere risposte inaspettate è quello migliore per concluderlo.

Perciò i trenta minuti messi in scena da Rugnone, interprete della Dante di “Cani di bancata”, successivamente passato a recitare con De Capitani e recentemente approdato a progetti autonomi, sono forti e sorprendenti. Per sua stessa dichiarazione, non viene proposto nessun report di questo viaggio in uno spicchio di mondo giovane; quella che ne esce, e che è ben interpretato da Viola Carinci e Daniele Giacomelli tra le luci e le scene disegnate da Petra Trombini, è una contaminazione. Come se i gli incontri, e gli scontri, e le provocazioni donategli da una manciata di ragazzi potessero illuminare il suo sguardo e farlo nuovo. L’esito è un divertente, mai stucchevole, dialogo tra i due protagonisti, Rocco e Martin: che sono in scena per tutta la durata e che battibeccano, si indirizzano, trovano strade da perdere subito dopo e decisioni da smentire ancora prima di agire. Sono un Vladimiro ed Estragone che hanno rinunciato ad aspettarlo, Godot: uno parla inglese, l’altro ha l’accento siciliano; uno è più perentorio, apparentemente allineato, l’altro smarrito e candido.

Stanno cercando di dire al mondo, con la tenera disperazione di chi ancora non gestisce una coscienza definita, “Ci sono”. Perché tra le ipotesi alla base della ricerca di Rugnone c’è questa: forse gli adolescenti riusciranno a formare un modello, un "modo" lo chiama, di adulti che noi neanche possiamo intuire. Ma se trascuriamo un tentativo, almeno, di interpretazione della nuova semantica sociale è un peccato peggiore: “Dando vita a questi personaggi ho scoperto che in ogni vuoto esistenziale si annida non il baratro, ma infinite possibilità di riempimento”. Che alla scomparsa di ideologie e fedi, di venerati maestri e cursus honorum forzati possa avvicendarsi un'antropologia originale, non necessariamente migliore ma sicuramente più interessante, è l'intuizione, visionaria, forse ottimista, senz'altro felice dello spettacolo. Che sarà presto a Roma, da vedere.

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