Siria e musica: ballata o dubstep per raccontare la guerra
Due brani musicali nati dal clima internazionale del conflitto siriano e dell'intenso dibattito che sta provocando nel web. Il primo è una ballata, del gruppo Vansguard, che invita gli internauti a condividere il messaggio di pace della canzone, diffondendola online, il secondo è un brano dubstep di Thruth, Nuova Zelanda.
Qualche settimana fa ho tradotto un post su Global Voices (piattaforma di citizen journalism), intitolato: Siria: una lettera ai narcisisti occidentali.
Si tratta della conclusione di un lunghissimo post, tratto dal blog Human Province, del Libanese Sean Lee. L’autore chiede di non lasciare che il dibattito sul conflitto siriano diventi l’espressione ideologica di chi è schierato a favore o contro gli Stati Uniti - o piuttosto a favore o contro la loro politica estera -poiché in Siria una guerra in corso da 2 anni e mezzo ha ucciso e ucciderà migliaia di persone: dunque, "Se non riuscite a dire qualcosa per i siriani tappatevi la bocca" (è il senso del post).
Per noi europei si trattava di considerare l’intervento dell’Onu in Siria, escludendo il peso politico degli Stati Uniti in questa decisione; per gli americani, di non considerare il proprio governo, le ricadute sulla nazione e sulla popolarità degli Usa all’estero in caso di attacco ecc. ecc. Per tutti di mettere mano al groviglio dei conflitti religiosi, civili, politici, economici che si svolgono in Medioriente, con il contributo di buona parte dell’Occidente, estraendone una considerazione su come migliorare l’attuale situazione dei siriani.
Nessuna sorpresa per il vuoto di commenti allo stesso post tradotto in francese, spagnolo e tedesco. Nessuna neanche per i commenti al post originale dove qualcuno risponde che non vuole spedire altri americani a morire in Medio Oriente (nonostante la massima “sei quello che mangi” e Mc Donald’s, in America qualcuno non si è ancora convinto di essere una mucca da hamburger); nessuna per chi si sorprende che i legislatori americani che hanno votato sì all’intervento in Iraq, tentennino nel punire la Siria per l’uso di armi chimiche, vietate dalla comunità internazionale. Sorvolando sui commenti registrati su Human Province la provocazione dell’autore sembra riuscita, dei Siriani nei commenti non c’è nessuna traccia.
L’unico a fare eccezione è il commento scritto da Delevan Dellerba, la cantante del gruppo Vansguard, Arizona. La donna dice di aver scritto una canzone dedicata ai morti passati e futuri del conflitto siriano e racconta perché ha voluto farlo dopo aver letto un giornale online:
"La Siria era in prima pagina, sotto campeggiava un pezzo sui Grammy Awards che si sarebbero svolti il giorno successivo. Questa giustapposizione di sofferenza e di lusso che coesistono così vicini nelle nostre coscienze, sta confondendo i confini tra giusto e sbagliato… ho pianto per l’apatia dell’America e mi sono convinta di dover scrivere questa canzone, per la gente della Siria” [...] Quando le vite sono stroncate dall’idiozia della guerra, le lacrime servono a sperare in un nuovo mondo, altrimenti ci si perde nella disperazione”.
Peggio ancora, ci si può perdere nel narcisismo delle opinioni, o come dice altrove l’autrice, facendo click da un tema caldo all’altro, attraverso le pagine web, senza il tempo di soffermarsi per lasciare che le atrocità, i volti dei bambini, il sangue, possano commuoverci.
I Vansguard non sono gli unici musicisti ad essere stati ispirati dalla situazione siriana. Oltre alla loro ballata - Syria - una formazione di dubstep, Truth, dalla Nuova Zelanda, suscita emozioni con un brano omonimo, che riesce senza usare parole, ma solo attraverso i bassi profondi e irruenti del genere dubstep, a restituire qualcosa alle nostre orecchie, dei boati e delle esplosioni improvvise che irrompono nelle giornate di uomini e donne in Syria, Libano, Palestina, Iraq. Quando i boati esplodono, queste persone non stanno ballando in discoteca o in una sala concerti, ma conducono la loro normale vita: dormono, mangiano, lavorano, giocano...
Per cui se dovessi immaginare qualcosa per i siriani, come mi chiede l’autore della lettera, non immaginerei di farli svegliare sotto le bombe americane, augurandomi che in seguito questo instauri la pace nei loro territori.
I Vansguard chiedono al popolo di internet di prendere qualche minuto per ascoltare e condividere il loro pezzo con amici e familiari. La musica, dicono, è un linguaggio universale, forse uno dei pochi mezzi in grado di toccare persone che non sanno e non possono esprimersi sulla situazione geopolitica del Medioriente, ma possono usare la propria coscienza come criterio indipendente dalla politica dei propri governi e dalle ideologie (o ciò che ne resta), per decidere se credono che la guerra sia il modo giusto di esprimersi a favore dei siriani.
Foto: Vansguard/Facebook e Truth/Facebook
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