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Silvio B, la vaselina nippo-libica e gli occhi (?) degli italiani

"Governo e maggioranza possono apparire in difficoltà su temi del tutto irrilevanti come il futuro energetico del paese o la conduzione di una guerra ai nostri confini, ma ritrovano la loro rocciosa solidità quando si trovano ad affrontare i problemi davvero importanti; quelli che stanno a cuore ai cittadini e la cui risoluzione è, di governo e maggioranza, la vera ragion d’essere".

Il dibattito sul nostro ritorno al nucleare apertosi dopo gli incidenti, causati dallo tsunami, nelle centrali atomiche giapponesi, ha visto i nostri ministri dire tutto e il suo contrario a distanza di pochi giorni, quando non di poche ore; si è passati, da un “andremo avanti senza ripensamenti” ad un “forse è meglio se ci ripensiamo”, senza soluzione di continuità, semplicemente seguendo l’onda della reazione popolare: fondamentali, insomma, le centrali atomiche, secondo i nostri ministri, insostituibili per il futuro del paese, ma certo non tanto importanti quanto i voti che avrebbero rischiato di perdere continuando, contro il volere della stragrande maggioranza dei cittadini, a sostenerne la costruzione.

Confusione sul Giappone e nebbia fitta sulla Libia.

Dopo aver accolto Gheddafi a Roma con il baciamano, mandato le Trecce Tricolori a Tripoli per allietarlo, ballato con lui i più indecorosi bunga bunga e firmato con lui un trattato di perenne, si fa per dire, amicizia, il nostro presidente del consiglio non se l’è diciamo neppure sentita di telefonargli, per paura di disturbarlo, quando in Libia è scoppiata la rivolta che si sta trasformando in una vera e propria guerra civile.

Non lo ha voluto disturbare, ma, pochi giorni dopo, ha mandato i nostri aerei a bombardarlo - o ad aiutare chi lo stava bombardando, che è poi lo stesso -. Ha cambiato idea, l’ineffabile Silvio? Sì, o meglio no. Un po’ sì e un po’ no: ha mandato a bombardare Gheddafi, vero ma, ci fa sapere, a lui, per quel suo amico caro dispiace.

Nel frattempo il ministro Sputafuoco La Russa, con l’adrenalina a mille, ci racconta delle prodezze, presenti e future, dei nostri guerrieri, mentre Umberto il pessimo, condottiero delle bande verdi, disapprova un intervento militare che minaccia di far saltare, con Gheddafi, un così distinto massacratore d’extracomunitari.

Bombardiamo, insomma, ma ci dispiace e, a costo d’apparire dei bimbi dispettosi (nulla in confronto a quel che già sembriamo) abbiamo minacciato di levare le basi agli alleati se il comando delle operazioni non fosse passato, come pare sia accaduto, alla Nato; bombe sacrosante, dunque, quelle sulla Libia, ma solo se l’iniziativa non resta nelle mani della perfide Marianna e Albione.

Un governo confuso, il nostro? Sul punto di cadere a pezzi?

Assolutamente no.

Governo e maggioranza possono apparire in difficoltà su temi del tutto irrilevanti come il futuro energetico del paese o la conduzione di una guerra ai nostri confini, ma ritrovano la loro rocciosa solidità quando si trovano ad affrontare i problemi davvero importanti; quelli che stanno a cuore ai cittadini e la cui risoluzione è, di governo e maggioranza, la vera ragion d’essere.

Ieri, la commissione giustizia della Camera, durante la votazione sugli emendamenti al ddl sul “processo breve”,  ha dato il via libera a quello, conosciuto con l’affettuoso nomignolo di “salva Premier”, presentato del relatore Maurizio Paniz, che riduce i tempi di prescrizione per gli incensurati. A nulla sono servite le proteste dell’opposizione; a nulla sono valsi i dubbi sulla costituzionalità dell’emendamento che, di fatto, rende diversi di fronte alla legge i cittadini incensurati da quelli che sono stati già condannati anche se questi hanno già, ad ogni modo, pagato il proprio debito con la giustizia: su una questione così vicina al cuore del Presidente del Consiglio la maggioranza non ha avuto tentennamenti.

Quache problema in più, ieri, alla giunta per le Autorizzazioni della Camera.

Lì , da soli, PdL e Lega non avrebbero avuto i numeri per approvare la a richiesta d’avviare, per il caso Ruby, un conflitto di attribuzione con il tribunale di Milano.

Fondamentale è stato, in questo caso, l’intervento in extremis dei due di Iniziativa Responsabile, gli Onorevoli Belcastro e Cesareo, che sembra abbiano riscoperto tutto il proprio senso di responsabilità solo dopo aver saputo della nomina a Ministro dell’ Agricoltura dell’altrettanto Responsabile Onorevole Saverio Romano. Alla fine, grazie a loro, per la maggioranza è stata comunque  un’altra vittoria, seppure solo con uno striminzito 11 a 10.

Vedete, contrariamente a quanto sostengono le malelingue dell’opposizione, quando il gioco si fa duro il nostro Presidente del Consiglio è prontissimo a giocare; potrà sembrare incapace di prendere la minima decisione di fronte ad un crisi internazionale, ma, quando si parla di cose davvero importanti, non ha la minima esitazione.

C’è da sacrificare l’Agricoltura per un’autorizzazione? Senza batter ciglio, da quel grande negoziatore o negoziante che è, lui subito accetta il baratto. Tanto più volentieri in un caso come questo quando, con una sola mossa, si è rivelato possibile mettere i bastoni tra le ruote agli odiati giudici milanesi ed elevare al rango di ministro una personalità a lui tanto affine come quella di Saverio Romano, fulgido erede di Mannino e Cuffaro, che può vantare le prestigiose credenziali d’indagato per mafia e corruzione.

Un Governo che non si ferma mai, il nostro, alla faccia dei malpensanti, e che se balbetta quando deve parlare di Giappone e di Libia, sa rinnovarsi per trovare al proprio interno le energie per affrontare al meglio qualunque sfida.

Si è dimesso Bondi dalla Cultura? Una tragedia, per il Paese, considerato il livello del personaggio (da Nobel. Beh, quasi) e l’eccellenza del suo lavoro, ma pure l’occasione per valorizzare quel fine intellettuale di Giancarlo Galan che, costretto a lasciar libero il dicastero dell’Agricoltura per il baratto di cui ho detto sopra, metterà il contributo della propria esperienza (è stato direttore centrale di Publitalia ’80, scusate se è poco) al servizio della cultura italiana.

Dalle stalle ai musei e al cinema? La cosa vi sorprende, ne sono sicuro, ma questo perché vi manca l’elasticità mentale del nostro Presidente del Consiglio: per lui stalle e musei, vacche e attrici, sono la stessa cosa.

D’altra parte se Silvio Berlusconi è quel grande statista che tutto il mondo c’invidia, un motivo ci deve pur essere. E’ vero, sembra una macchietta, quando si muove sui palcoscenici internazionali, ma c’è in lui, vivissima, una scintilla del genio italico.

Di quel genio, solo e tutto nostro, che ci fa usare nel più originale dei modi le poche risorse che una natura avara ha concesso al nostro paese.

Solo un genio italico, infatti, poteva riuscire a prendere uno tsunami, una catastrofe nucleare sfiorata e una guerra per mescolarli e, come a lui pare stia riuscendo, ottenere una confezione gigante di vaselina.

Vaselina per gli occhi degli italiani.

Perché è sugli occhi, vero, che si mette la vaselina?

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