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Sanremo saluta Pupo, D’Angelo e Cutugno. Cronaca della prima serata

Sanremo saluta Pupo, D'Angelo e Cutugno. Cronaca della prima serata

Il momento più interessante dei questa prima puntata del 60° festival di Sanremo? Da scegliere tra il siparietto Bonolis-Laurenti, Cassano (spalmato su tutta la trasmissione manco fosse Maradona – con tutto il rispetto per Fantantonio) che, in prima serata, fa apologia dell’ignoranza, lo strip di Dita Von Teese (il Moige ancora non ha detto nulla?) e l’eliminazione di Pupo e del Principe, una vera manna per le sorti di questo Sanremo, a dire la verità, molto più scarso dell’anno scorso. Tra questi episodi, qualche canzone (poche, molto poche!) e la trita e ritrita Susan Boyle che almeno ha fatto vedere a Toto Cotugno cosa significa cantare.
 
Bonolis e Laurenti aprono. Fanno quello che dovevano fare riuscendoci abbastanza bene: passaggio di testimone e du’ risate, ma la Clerici – non ce ne voglia la Antonella nazionale – non sembra a proprio agio in quelle vesti. Almeno, però, quest’anno ci siamo evitati le gag sulle scale, e non è poco!
 
Uno-due e partono le canzoni. La prima a salire sul palco è Irene Grandi che per questa 60° edizione sanremese si affida ancora a Francesco Bianconi e si sente. Il leader dei Baustelle, già autore del tormentone “Bruci la città”, le cuce addosso questa “Cometa di Halley” che potrebbe tranquillamente essere uscita da uno degli ultimi album baustelliani. Il pezzo si presenterà come uno dei migliori della serata, nonostante Bianconi ci abbia abituato a qualcosa di più. È la volta di Valerio Scanu, ex Amico di Maria de Filippi – chissà perché ho l’impressione che i prossimi Sanremo faranno man bassa dai talent show! – e l’esibizione di “Tutte le volte che” rasenta lo strazio. Cosa vi aspettereste di sentire in un Sanremo noiso? Ecco, quello ha cantato Scanu. Sulle note de “L’italiano” arriva Toto Cutugno, ma appena attacca “Aeroplani” è il vecchio Toto che torna e che sarà eliminato, nonostante sia quasi meglio di Scanu (almeno lui i suoi anni ce li ha e può essere normale cantare una canzone come quella).
 
Dopo “Sincerità” riecco Arisa accompagnata dalle Sorelle Marinetti (applausi a queste ultime!). Malamorenò vuole essere una canzone stile... Sorelle Marinetti. Insomma nella media sanremese la salviamo. Molto semplice, ascoltabile, non rimarrà nella storia, ma non crediamo che Sanremo, oggi come oggi ambisca a questo.
 
Il siparietto cassaniano lo lasceremo commentare ai posteri.
 
Il triangolo Genova (sponda Samp) Bari (Vecchia) non può che chiudersi con Napoli e così salgono sul palco Nino D’Angelo e Maria Nazionale con “Jammo Ja”. Il brano non ci prende più di tanto (preferimmo “Senza giacca e cravatta”), anche se non è affatto da buttare; il ritornello, però, ricorda molto, ma molto da vicino quello di “Che farai”, brano dei mai troppo rimpianti Showmen di Mario Musella, nell’album “Come pioveva”. Nino sarà eliminato, chissà che i napoletani non lo ripescheranno.
 
Ancora talent show, ma stavolta tocca al vincitore di X Factor Marco Mengoni con “Credimi ancora”. Mengoni, inutile negarlo, è uno dei favoriti di Sanremo e il brano non è male, grazie anche alla sua voce e, perché no, al suo look, sebbene la musica ricordi molto da vicino i Negramaro! Cristicchi era uno dei più attesi, anche a causa del mezzo incidente diplomatico con la Bruni. “Meno male” è una canzone à la Caparezza (come sarà anche quella di Moro) sui mali dell’Italia, con la Bruni presa ad esempio del parlare d’altro rispetto ai veri problemi del paese: 6!
 
Ogni volta che ascolto Malika Ayane mi viene in mente Giusy Ferreri, ma la Ayane è sicuramente più raffinata. La canzone ha un autore d’eccezione come Pacifico, è orecchiabile e sicuramente una delle migliori ascoltate sul palco dell’Ariston. A farle fare un figurone, è anche l’accostamento con Pupo-Filiberto-Canonici che arrivano subito dopo. Aspettavamo con “ansia” l’esibizione di “Italia amore mio”, una canzone di cui conoscevamo già il testo e che la musica ha reso peggiore. Inascoltabile! E i fischi che li hanno accolti e salutati vorranno pur dire qualcosa. Ci spiace per Pupo, ma il gioco forse non valeva la candela.
 
E Morgan? Ecco, Morgan non c’è fisicamente, ma forse qualcuno pensa che sia passato a miglior vita. La recita del testo della canzone di Castoldi sembra un ricordo funebre verso qualcuno. Peccato, se si voleva rendergli omaggio, forse sarebbe stato meglio percorrere altre strade. La sua canzoni, così, l’hanno distrutta. Ruggeri fa Ruggeri e i Sonhora non possono non far tornare in mente lo sfottò di Elio e le Storie tese di qualche dopofestival fa. La curiosità che viene spontanea è capire perché dei ragazzi di vent’anni cantino come se fossero cantanti scafati di 60 anni – il titolo ammiccante “Baby” non cambia niente.
 
Musichetta orecchiabile e testo che fa parlare. È da due anni il marchio di fabbrica di Povia che ci piaceva di più tra bambini e piccioni. “La verità” parla di Eluana e Beppino Englaro – all’ultimo è stato eliminato il riferimento nel titolo – e si parla, ovviamente, di verità: “Volo sopra quella convinzione di avere la verità” canta Povia, ponendosi, come commentavano quelli di RadioNation (la radio di Macchianera che ha preso, nei cuori della rete, il posto della Gialappa’s), nella posizione di chi accusa gli altri di avere questa benedetta verità, pretendendo di averla lui stesso. Un giochino che non ci convince, ma le polemiche, comunque, fanno audience e servono alla causa.
 
La Fornaciari si presenta sul palco con i Nomadi. Passata senza lasciare grandi sensazione, a differenza di un’altra prima donna come Noemi (anche lei ex X Factor) che potrebbe tranquillamente vincere questo Sanremo. Alla faccia dello snobismo, lei ha una bella voce e il pezzo passabile.
 
La fine è affidata a Capare... ops a Fabrizio Moro. Come Cristicchi diciamo che un po’ si rifà al cantante pugliese. Un po’ reggae, un po’ rock, un po’ sociale... “Questa non è una canzone”, ecco forse sarebbe il caso di portarne una.
 
Prima delle eliminazioni è toccato a Dita Von Teese rallegrare l’atmosfera con il suo strip tease burlesque. Ci resta da capire il senso dello spettacolino nell’economia sanremese, ma questo è uno dei grandi dubbi snob che nessuno ci leverà, e forse è meglio così.
 
Gli eliminati, dunque, sono tre: Toto Cutugno, Nino D’Angelo e Maria Nazionale e il trio Pupo, principe, tenore. Due terzi di questi eliminati ci stanno – forse i Sonhora al posto di Nino D’Angelo e Maria Nazionale avrebbe dato più giustizia a questo Festival.
 
Alla mezza le luci si spengono. I tempi più brevi sono uno dei punti a favore el Festival di quest’anno.
 
E stasera oltre ai Big si comincerà ad ascoltare anche i primi 5 giovani. Ospiti saranno Rania di Giordania (fondamentale in un festival musicale), i tre “tenorini” Gianluca, Ignazio e Piero, l’attrice di “AvatarMichelle Rodriguez e il balletto del Moulin Rouge. Vediamo se reggeremo alla seconda serata.

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