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Rottamiamo il politico! Il rinnovo della classe politica fra statuti, deroghe e ambizioni personali

Sono i giovani dirigenti che devono essere più intraprendenti o gli "anziani" che devono lasciare il posto e permettere un naturale ricambio della classe dirigente? Nel Partito Democratico il dibattito è sempre aperto. Intanto le elezioni politiche si avvicinano fra primarie da organizzare, statuti da rivedere ed ambizioni personali che non mancano mai.

Sostituire, cambiare, rottamare. No, non sto scrivendo un articolo su ricambi per auto. Mi riferisco ai termini utilizzati nell'estenuante dibattito sul rinnovo della classe politica italiana. Quelli più educati però! La scorsa settimana all'interno del PD si è riaperta la discussione su questo importante tema. Alcuni "giovani" esponenti democratici su diversi giornali hanno rilasciato interviste sul tema con posizioni differenti.

Nel sentire comune della gente, loro, i parlamentari, sono sempre gli stessi"occupano" le poltrone da troppo tempo e sono ormai disconnessi dalla realtà della vita della gente comune. Troppe frequentazioni "di palazzo"troppe convention o think tank non ti permettono di avere il sentore di quello che succede ogni giorno nelle nostre città e paesi, i problemi quotidiani di lavoratori, imprenditori e pensionati sono distanti. Vero ma non del tutto. 

Sul Post Viola ho trovato questo articolo con l'elenco dei 100 parlamentari più longevi - politicamente parlando - e vi si può trovare tutto il gotha politico, trasversale a destra e sinistra, recordman fra tutti Giorgio La Malfa con ben 38 anni di attività parlamentare ininterrotta. Ci sono tutti i più noti, inutile ripetere i soliti nomi. L'argomento ha ripreso vigore per un presunto "patto di sindacato" che se qualora il PD dovesse vincere le prossime elezioni, i ministeri sarebbero già spartiti fra le varie anime del partito. A risposta di questo il responsabile cultura del PD, Matteo Orfini, dalle pagine del Giornale propone che a ricoprire eventuali incarichi di governo non vi siano ex-ministri nel nome di una discontinuità col passato dei governi ProdiGiuseppe Civati invece dalle pagine del Foglio ha identificato il tutto come un patto generazionale fra leader democratici più che un patto sulle idee: gli onorevoli Bindi, D'Alema, Veltroni compreso lo stesso Bersani gravitano tutti intorno alla fascia d'età dei 60 anni. Poi è venuto il confronto sull'Unità fra Debora Serracchiani e Stefano Ceccanti, la prima per un rinnovo generazionale mentre il secondo antepone la ricerca di nuove idee prima di un rinnovo anagrafico dei nostri parlamentari.

Ok c'è uno Statuto del Partito Democratico che parla di tre mandati per le candidature al Parlamento nazionale e a quello Europeo. Articolo 21 comma 3. Poi quest'anno c'è stata la novità delle 30 deroghe a quanto riportato nello Statuto nell'articolo precedentemente citato, novità annunciata durante l'assemblea nazionale dei Segretari di Circolo tenutasi a Roma questo giugno. Quindi un numero di nomi blindati a discrezione della segreteria che potrà candidarsi per la prossima legislatura.

Se un politico è capace ed onesto perché non dovrebbe continuare il suo lavoro in Parlamento? Questa è una delle tesi contro un limite del numero di mandati. Ceccanti nella sua intervista pone anche un problema di democrazia perché gli elettori così non possono scegliere chi vogliono loro che li rappresenti. Tre mandati, quindi tre legislature sono un termine di tempo comunque sufficiente per poter svolgere il proprio mandato. Una prolungata permanenza nelle istituzioni invece, può fare sì che "centri di potere" individuino nella persona eletta un riferimento sicuro nel tempo, come afferma la Serracchiani nella sua intervista. E su questo mi ritrovo. Il rinnovo costante della classe politica come antidoto contro posizioni di rendita in parlamento. Per eliminare o almeno contenere più efficacemente quelle zone d'ombra, numerose nelle nostre istituzioni. Una persona può continuare a fare politica nel territorio candidandosi a sindaco o a consigliere regionale per esempio. Perché per un sindaco vige il limite dei due mandati e per un parlamentare no? Oppure chi si è dedicato alla politica può riscoprire la militanza di partito e lavorare internamente all'organizzazione, sfruttando il proprio bagaglio di esperienza e relazioni per rafforzarla.

Come ho potuto recentemente sentire dalla Serracchiani ad un'incontro pubblico, bisogna far passare il concetto che il termine ultimo di tutto non potrà continuare ad essere il diventare Onorevole sempre e comunque.

Mettiamola anche così, il rinnovo della classe politica non è risolvibile solo per via anagraficachi mi dice che un cinquantenne che si candida per la prima volta a Montecitorio, con un curriculum di tutto rispetto alla spalle, non possa fare bene e dare il proprio contributo al paese? Perché la questione del rinnovo non è solo permettere ad un certo numero di giovani di subentrare al posto di deputati e senatori più anziani. Non è secondo me solo una questione giovanile fine a se stessa. Fare politica richiede impegno, capacità personali e spirito di servizio non così comuni, avere una preparazione culturale, avere delle idee soprattutto. Per cui non è solo una questione di età.

In questo dibattito però c'è un elemento che è da tener conto e di cui secondo me non si parla molto: una volta che una persona dedica 15 anni della propria vita facendo il parlamentare come fa poi a rientrare nel mondo del lavoro? Non è detto comunque che possa venir rieletto come sindaco o come consigliere regionale dopo esser passato per Roma. Può essere più semplice per chi nella vita professionale è un avvocato oppure un'imprenditore oppure un giornalista. Tanto per citare alcune fra le professioni più diffuse fra i nostri eletti.

Ma se un parlamentare provenisse dal mondo del lavoro dipendente sarebbe così automatico il suo rientro dopo molti anni nella sua azienda di provenienza? Quindi unito al tema del rinnovo della classe politica bisogna anche discutere di quali tutele potrà usufruire una persona dopo che ha dedicato diversi anni alla vita parlamentare. E quest'altro tema s'intreccia su che tipo di rappresentanza sociale vogliamo che abbiano i nostri parlamentari. Vogliamo che i nostri candidati provengano solo dal mondo delle libere professioni o dell'imprenditoria o sarebbe opportuno che anche più operai o artigiani varcassero le soglie dei palazzi istituzionali? 

Ormai è questione di qualche mese e vedremo quale sarà il livello di rinnovamento che i partiti sapranno proporre per le prossime elezioni politiche. Vedremo quali saranno le "new entry" che si affiancheranno agli "ever green" della politica. Vedremo anche il giudizio dell'elettorato a questo. Il più importante, nessuno se lo dimentichi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.98) 30 agosto 2012 11:04
    Damiano Mazzotti

    Rientrare nel mondo del lavoro? che cavolo avete nella testa... molti non hanno mai lavorato e molti hanno fatto tanti danni e molti altri non hanno fatto niente...

    Devono andare a fare volontariato e i soldi per la vecchiaia li hanno già messi da parte con le pensioni parlamentari. Se davvero sono interessati al bene comune dell’Italia che vadano a fare volontariato nelle case di riposo dai loro coetanei meno fortunati che sono ridotti male perchè hanno lavorato e hanno logorato il loro corpo.

    E ai vecchi politici che osano protestare per punizione, pensione minima per tutti, così proveranno cosa significa campare con pochi euro nel mondo di oggi governato dalla finanza e dalle multinazionali.

    • Di Andrea Prati (---.---.---.198) 30 agosto 2012 19:06
      Andrea Prati

      Sono d’accordo con te che la maggior parte dei vecchi politici abbiano messo da parte i soldi per la loro vecchiaia abbondantemente, non dimentichiamoci dello scandalo dei vitalizi.

      La mia personale analisi è incentrata su quello che significa rinnovamento della politica. Di come la politica debba ritornare veramente di tutti e nell’interesse della collettività: pertanto di come chi voglia intraprendere una carriera politica possa avere le giuste tutele lavorative, parlo di aspettative e altre strumenti legislativi. Perché la politica quindi non la possano fare solo i ricchi o determinare categorie professionali nell’interesse del paese e non di lobby o piccole minoranze potenti.

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