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Rocco Carlomagno, al regime cade la maschera

Un giornalista non iscritto all’albo tenta di fare domande alla conferenza stampa del premier. Gli viene impedito e viene poi buttato fuori dalla sala.

Rocco Carlomagno, al regime cade la maschera

Ciò che è accaduto ieri alla conferenza stampa del regime è assolutamente paradigmatico.
 
Berlusconi aveva indetto un incontro con l’informazione per farsi l’ennesimo spot elettorale e gettare la colpa dei propri errori (il cosiddetto "caos liste") su altri soggetti, nella fattispecie i radicali e, guarda caso, i giudici del Tar del Lazio.
 
Chi conosce anche solo minimamente il dispositivo delle conferenze stampa italiane sa bene che esse non sono strutturate sul modello dei Paesi dove vige la libertà di espressione sostanziale ma, al contrario, qui il potere definisce "conferenze stampa" i "comunicati stampa" dei suoi uffici stampa.
 
In tali occasioni l’esecutivo cerca di selezionare al massimo i giornalisti che avranno il privilegio di essere al cospetto del potere e, soprattutto, cerca di non dare la parola a chi potrebbe porre domande scomode, ovvero le uniche domande che dovrebbe fare un giornalista.
 
Chi è investito dal potere del privilegio di poter parlare al cospetto del "principe" non deve commettere l’indelicatezza di "abusarne", pena la decadenza immediata di tale privilegio.
 
In Italia fare domande al potere significa essere fuori dal circuito dei media mainstream.
 
I giornalisti italiani lo sanno bene, per questo possono lavorare. E chi lo capisce meglio diventa direttore di rete, come Minzolini, come Fede.
 
E’ questo il primo carattere dei regimi moderni. La censura della parola, del logos.
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Il caso della conferenza stampa di ieri, mercoledì 10 marzo, è emblematico.
 
L’egoarca che sciorina meccanicamente il suo consueto ennesimo monologo di plastica di fronte a una pletora di servi degli inserzionisti e dei loro editori plutocrati, che in Italia vengono definiti, con sprezzo del ridicolo, "giornalisti" e che sono tutto meno che giornalisti, perché il primo dovere di un giornalista sarebbe quello di fare domande, di ficcare il naso, di rompere le scatole al potere, essere "watchdog" del potere, come si dice negli USA.
 
Durante questo comunicato stampa di regime l’unico giornalista vero, al secolo Rocco Carlomagno, un giornalista free lance, chiede la parola per porre una domanda. L’egoarca starebbe per concedergliela ma uno dei suoi collaboratori lo mette in guardia: ci sarebbero altri prima di lui e poi (somma colpa) Rocco Carlomagno non sarebbe iscritto all’Odg (l’ordine dei giornalisti creato da Mussolini, in pieno vigore tutt’oggi).
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Quindi in Italia per porre domande al potere bisogna avere il tesserino da "giornalista" rilasciato dal potere stesso.
 
Anche se poi, per coerenza, il potere monitora il web e se per caso a qualche giornalista NON iscritto all’Odg scappa un refuso o un’inesattezza, scatta immediatamente la richiesta di rettifica, come successo recentemente anche ad AV.
 
La recente legge che impone il cosiddetto "obbligo di rettifica" per tutti i siti internet fa capire molte cose.
 
Chi NON è "giornalista" non puo’ domandare. Però DEVE rettificare. Il solito doppio standard di regime.
 
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Sempre in occasione della conferenza (comunicato) stampa di ieri, Carlomagno, seppur privato della facoltà di porre domande, insisteva nel domandare ragione dell’operato dell’egoarca, come avrebbero dovuto fare TUTTI gli altri "giornalisti" presenti in sala, invece di porre domandine comode e banali, che non insistono, che sono organiche al regime.
 
"Anche stavolta avete preconfezionato tutto", grida Rocco Carlomagno.
 
Si avvicina poi il post fascista La Russa, attualmente Ministro della Difesa, e comincia a minacciare verbalmente il giornalista free lance. La Russa gli intima di tacere e di "rispettare l’ordine delle domande".
 
Contemporaneamente l’egoarca, che è abituato a parlare in videocassetta come Bin Laden, e non è avvezzo al dialogo (figuriamoci alle domande), comincia ad inveire contro il free lance: "Non abbiamo preconfezionato nulla. Lei è un villano".
 
"Presidente, che dite delle tangenti a Guido Bertolaso?" insiste Rocco Carlomagno, mentre a quel punto La Russa, trasformatosi in body guard, comincia a strattonare e trascinare via colui che aveva osato fare domande al capo.
 
"Ho fatto semplicemente delle domande. Giù le mani, picchiatore fascista. Io la querelo per aggressione fisica" dice Carlomagno mentre La Russa gli sibila: "stai zitto, sei un ospite qui", trascinadolo, insieme ai bodyguard berlusconiani, fuori dalla sala
 
Pericolo scampato per il capo. Il suo monologo propagandistico può continuare.
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Abbiamo quindi visto che, quello che si definisce il "Popolo delle Libertà" è, in realtà, la maschera di un regime crudele, che non appena vede che qualcosa sfugge al suo controllo nel campo che più gli interessa ovvero le pubbliche relazioni, non esita ad usare le maniere forti.
 
L’oleografia mediatica non deve essere intaccata dal libero pensiero, dalle libere domande, dalla democrazia, che non e’ altro, oggi, che informazione, comunicazione.
 
Il regime è padrone assoluto del logos, quindi delle menti, quindi del potere. Corto circuito senza soluzione di continuità. Ma se viene a mancare la propaganda, l’algida agiografia mediatica dei servi mediatici del regime, ecco che tutto crolla. Immediatamente.
 
Ecco perché quelli come Carlomagno, quelli che fanno domande, che fanno pensare, vanno censurati, strattonati, sbattuti fisicamente fuori.
 
Da notare che nessuno dei "giornalisti" presenti ha avuto alcunché da ridire in merito all’aggressione di stampo fascista di un ministro (!!!) della Repubblica. Tu poni domande. Ti sollevano per il bavero, ti sbattono fuori. E per il quarto potere italiano è tutto regolare. E’ ciò che intendiamo qui e ora per "democrazia". Ignorando che ciò che è accaduto oggi a Rocco Carlomagno potrebbe accadere, un domani, a chiunque di loro.
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L’Italia berlusconiana non è una dittatura "soft". E’ "soft" se le condizioni lo permettono. Ma dietro il doppiopetto catodico c’è sempre, latente, l’eterno pugno di ferro del potere. Cambia solo il guanto. Ieri lo abbiamo potuto vedere chiaramente.
 
A Rocco Carlomagno va tutta la nostra solidarietà. Anche se non era un giornalista, da ieri lo è diventato a pieno titolo. Uno dei pochi veri giornalisti italiani oggi. 
 
 
 
 
 

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