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Renzi-Berlusconi: il papocchio

Di definizioni relative all’accordo tra il segretario del PD e il presidente della rediviva Forza Italia se ne sono lette e sentite a iosa, da quelle entusiaste della stampa di destra alle più prudenti di area piddina, approdando infine alle rimostranze critiche manifestate da quanto resta della stampa di sinistra.

Nessuna espressione, tra quelle contrarie, è sembrata però idonea a sintetizzare l’occorso in un unico vocabolo. Eppure esso esiste, seppure desueto: papocchio. Perché? Ebbene, sembra essere l’unico lemma a riassumere in uno l’imbroglio, l’intrigo, il pasticcio.

E sì. Perché d’imbroglio si tratta. L’accordo in questione viene giustificato da Renzi adducendo l’alibi secondo cui le riforme istituzionali si debbano fare con il concorso di tutti i soggetti rappresentati in parlamento. Si dovrebbe chiedere al segretario del PD per quale ragione i “tutti” si limitino a Berlusconi e non agli altri.

L’ovvia risposta suonerebbe, contraddittoria, all’incirca così: “Le riforme si fanno con chi ci sta, e Berlusconi c’è stato”. A chi ha avuto modo di seguire le varie fasi della vicenda trarne il conseguente giudizio, poi provare a contestare che non si tratti d’imbroglio.

Eccoci all’intrigo. Il pregiudicato Berlusconi utilizza il consenziente Renzi al fine di riappropriarsi della scena politica in barba ad ogni seppur minimo senso del pudore. Qualche lettore obietterà giustamente che appellarsi al “senso del pudore” riferito a uno come Berlusconi equivarrebbe ad ispirarsi al senso d’umanità e mitezza del Conte Vlad Dracul, l’impalatore, ispiratore del personaggio di Dracula. Avrebbe ragioni da vendere. Così stanno le cose: Renzi offre in dono a Berlusconi la “rivergination” (detto alla Littizzetto) e senza neanche passare per qualche clinica di Casablanca.

Il pasticcio? La proposta di legge scaturita da tanto laboriose trattative risulta essere una misera riedizione, di poco riveduta e corretta, del ben noto porcellum. Attendiamoci, dunque, un nuovo intervento della Corte Costituzionale, magari fra due o tre anni, che denunci una volta ancora la prepotente insipienza di una classe politica la quale sembra ancor più invecchiare col ridursi dell’età anagrafica, ulteriore paradosso tutto italiano.

Sì. Perché coloro i quali da tempo erano impegnati a sollecitare, compreso chi scrive, l’esigenza di un radicale rinnovamento della classe politica, si trovano oggi ad assistere a un fenomeno sconcertante: i giovani che vediamo sedere in Parlamento dimostrano di essere non solo più vecchi dei vecchi nei comportamenti, ma addirittura tanto evanescenti di contenuti da lasciare allibiti.

Portare ad esempio le teste vuote dei parlamentari del M5S è scontato. Qualcuno potrebbe dir loro che sono solo la brutta copia sbiadita e corrosa di quel magistrale modello d’inconcludente ipocrisia interpretato da Pannella per decenni? Per giunta, mai nella vita del Parlamento della Repubblica si era sentito pronunciare il termine “Boia” riferito alla più alta carica dello Stato, neppure dai duri e puri del Movimento Sociale.

Ci volevano i grillini per riesumarlo. La cosa non stupisce chi scrive. Infatti, sin dai primi passi del movimento grillino colse in esso i semi del qualunquismo fascistoide. I semi iniziano a germogliare.

Se l’essenza dei grillini è oramai appurata “al di là di ogni ragionevole dubbio”, a sconcertare sono le apparizioni televisive dei giovani volti nuovi della segreteria PD. Ma dai! Possibile che questi ragazzi e ragazze non sappiano far di meglio, quando intervistati, se non ripetere a memoria il “profondo pensiero” del loro leader maximo Renzi? Poveri loro, viene da considerare, così teneri d’età e già così “corrotti” da un’idea bacata della politica, interpretata quale mero servilismo nei confronti del capo, al pari dei loro coetanei grillini?

Eppure qualcosa nel mondo sembra iniziare a muoversi per il verso giusto, tranne che in Italia. Obama tenta di far passare l’aumento del salario minimo, mentre da altre parti in Europa si inizia a discutere della stessa necessità.

Peccato che qualche esponente del PD dia ragione alla proposta-ricatto di Electrolux di ridurre i salari per restare a produrre qui da noi, con tanto di giustificazione “tecnica” di presunti economisti vicini al segretario Renzi. Cose da pazzi!

Peggio ancora, il Presidente del consiglio dei ministri Letta legittima, da buon chierichetto, l’operazione FIAT il cui scopo sta nel versare le tasse in Gran Bretagna e trasferire la sede legale in Olanda, paesi nei quali non è ubicata neppure un’officina. Operazioni piratesche simili dovrebbero vedere non solo il Governo, ma l’intero Parlamento sollevarsi e reagire.

Come? Approvando norme di salvaguardia avverso le imprese cialtrone e profittatrici. Ad esempio con l’istituzione di una tassa sulla delocalizzazione. Non si venga a dire che la cosa non sia attuabile. Chi lo sostiene è solo in malafede.

Per intenderci, la FIAT vuole produrre la 500 in Polonia? Libera di farlo, ma quando l’auto attraverserà la frontiera, pagherà in tasse una percentuale pari alla differenza di salario tra le due nazioni. Si otterrebbero due risultati in uno: Marchionne si calerebbe le brache riprendendo a produrre negli stabilimenti italiani e i lavoratori polacchi potrebbero pretendere un salario più dignitoso.

Ora qualcuno sarà pronto a sostenere che si tratterebbe di reintrodurre i dazi doganali. Niente di più falso. Si vadano a verificare gli innumerevoli casi nei quali norme di salvaguardia di tenore simile siano già presenti nei regolamenti europei.

Ebbene, tra imbrogli, intrighi e pasticci, cioè tra papocchi, l’Italia continua a perdere occasioni mentre la classe politica vecchia e nuova, sempre più sciapa e stopposa, tenta di riproporre a suo uso e consumo l’elisir di lunga vita tramite una legge elettorale truffaldina utile, guarda caso, anche a coloro che la criticano, M5S in primis.

Eppure la proposta più conveniente sarebbe lì, pronta: premio di maggioranza al partito o coalizione vincente e ripartizione percentuale dei restanti seggi tra tutti gli altri. Semplice, comprensibile, equa, tale da garantire sia la governabilità, sia la rappresentanza.

In quanto a governabilità, qualcuno vorrà spiegare a Renzi che non può esistere sistema capace di garantirla in assoluto? Persino Mussolini ebbe qualche problema in proposito. Berlusconi disponeva, nello scorso parlamento, di una maggioranza bulgara in entrambe le Camere, eppure…

Evitiamo dunque di prenderci in giro. I numeri contano, eccome, ma prima ancora conta la dirittura morale unita alle convinzioni profonde degli eletti e questo non sarà di certo garantito da liste bloccate. Il resto è noia… o peggio.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.241) 3 febbraio 2014 18:35

    enzo.... goditi la lauta pensione da banchiere e porta i nipotini al parco giochi che non servi a nient’altro....


    ti vuoi dipingere a io sò tutto e avrei fatto meglio di tutti ma sei palesemente in catto-comunista che viene dai posti di lavoro (si fa per dire) divisi dagli ebreo-leninisti per tacere sulla collusione dei tuoi padroni....ti ergi come è solito fare ai nazo-comunisti che si credono i tenutari della giustizia dell’intelligenza e della furbizia senza mai far m-inzione dei tradimenti dei tuoi padroni.....gregario...anzi....menio che schiavo
  • Di (---.---.---.152) 5 febbraio 2014 19:04

    Accrocco >

    Matteo Renzi afferma che la politica, dopo anni di immobilismo, con lui ha ritrovato la “capacità” di decidere. Dimostrare “capacità” di decisione è cosa ben diversa dalla semplice “voglia” di decidere.
    Sotto questo profilo l’accordo raggiunto sulla legge elettorale solleva diverse perplessità. A cominciare dal ricorso al ballottaggio (garanzia governabilità) e dalle soglie di sbarramento (anti-ricatto partitini).

    Con il ballottaggio, partecipando anche meno della metà del corpo elettorale, la forza politica che vince può vedersi “premiare” con un raddoppio dei seggi avuti al 1° turno.
    Ancora.
    Dopo aver fissato all’8% la soglia che un singolo partito deve raggiungere a livello nazionale si è “deciso” di consentire comunque l’accesso a fronte di un 9% di voti ottenuti in almeno 3 Regioni. Equivale a ridurre perlomeno a 1/3 il pacchetto di consensi da conseguire.
    Non solo.
    Dovendosi scegliere, all’interno delle coalizioni, tra la soglia del 4 o del 5%, alla fine si è “deciso” per un salomonico 4,5%.
    Da notare infine che, a distanza di un paio di settimane dalla “blindatura” dell’asse targato Berlusconi-Renzi si parla ancora di possibili aggiustamenti.

    Postilla.
    Il sistema elettorale è lo strumento base che, tramite una “rappresentanza” politica, serve a dare volto e voce alla volontà popolare. Di sicuro non è di un qualche “nuovo” accrocco di formule/accorgimenti vari che si sentiva la mancanza.
    Il tempo non cancella le Voci dentro l’Eclissi esempio di coerenza, responsabilità …

  • Di (---.---.---.95) 9 febbraio 2014 19:59

    Fatti chiari >

    Un nuovo sistema elettorale incide su tempi e processi politici solo se abbinato alla riforma del bicameralismo. Una riforma che richiede almeno 1 anno di tempo.
    Altrimenti tanto vale votare con i correttivi fissati dalla Consulta.

    Oggi il PD sostiene per 3/4 il governo Letta. Ha quindi la responsabilità maggiore di un governo nato per “necessità”.
    Se il governo si “logora” Alfano e Monti rischiano di “evaporare”.
    D’altra parte non esiste una “alternativa” Renzi.

    Delle due l’una.
    Il PD, in primis Renzi, dà un pieno e convinto sostegno al piano di “rilancio” del governo Letta. Lo scopo è di varare 3-4 misure anticicliche “pesanti” e registrare i primi risultati positivi in qualche mese.
    Oppure Renzi ritira il sostegno del PD e lancia la sua campagna elettorale.
    Con quale beneficio (e per chi) non è dato sapere.

    Questo si che sarebbe giocare a “carte scoperte”. Prova vera di coraggio ed ottimismo. Magari puntando sul Consenso Surrogato di chi è sensibile alla fascinazione

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