Rating o non rating? Italia ancora declassata

L’Italia non fa in tempo ad avere un encomio da Bruxelles, tramite il commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn, secondo il quale il governo sta portando “con determinazione riforme strutturali fondamentali per migliorare il mercato del lavoro e l'occupazione” e per accrescere “la competitività della sua economia”, che subito l’agenzia Moody’s declassa il rating del nostro Paese, che passa da A2 ad A3.
Siamo in buona compagnia comunque: il Portogallo passa da Ba2 a Ba3, la Spagna da A1 ad A3, Malta da A2 ad A3, Slovacchia da A1 a A2 e Slovenia da A1 a A2, tutti con outlook (previsioni) negativo.
Passa in negativo anche l’outlook di Francia, Gran Bretagna e Austria che mantengono comunque la tripla A.
I declassamenti di Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch compattano le paure dei mercati, con la conseguenza che gli investitori chiedono dei tassi d’interesse più alti per garantirsi del rischio in più che vanno a prendere in carico.
Appare oramai evidente che i declassamenti sembrano progettati a tavolino e collocati sul mercato in determinati momenti cruciali, che siano uguali per tutte e tre le stesse agenzie e che escano a breve distanza temporale l’uno dall’altra.
Non bisogna preoccuparsi più di tanto secondo me perché queste sono le stesse agenzie che non hanno visto la crisi degli Usa con subprimes, la Grecia era stata valutata con un rating A e udite udite: avevano dato una tripla A due giorni prima della caduta a Lehman Brothers!
Ne conviene che le valutazioni di Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch hanno la stessa valenza degli oroscopi e faremmo bene a tenere presente il sommo Dante: «...non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
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