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Quella donna all’angolo di una strada

"Vi canterò la solitudine e l'emarginazione" De André

Stamane sopra il ciglio di un marciapiede vicino casa mia c'era una donna: buttata lì, piena di rughe, sfatta, vestiti lerci e con in mano un Tavernello. Era in stato di ebrezza, parlava da sola, emetteva suoni incomprensibili. Una vita buttata, inutile: emanava tanta sofferenza. Girato l'angolo ho visto una bambina di circa quattro anni con un triciclo: capelli biondi, occhi azzurri ed era felice. La sua è una vita appena agli albori e con tutta la spensieratezza che emanava da tutti i pori.

Un contrasto di situazioni che mi hanno invitato a riflettere.

Quella donna ubriaca, sfatta, vestiti lerci e con in mano un Tavernello un tempo, appena agli albori della sua vita, poteva essere quella bambina con il triciclo: spensierata, felice e con la madre che la rincorreva.

Immagino... La donna ubriaca era figlia di gente umile. Un padre che lavorava in un'acciaieria, un lavoro alienante; una madre, casalinga, che badava alla figlia e accudiva il marito quando rientrava stanco dal duro lavoro. La figlia, che chiameremo Sara, tutti i giorni non vedeva l'ora che il padre tornasse dalla giornata di duro lavoro per ricevere la carezza tenera e affettuosa, nonostante che la mano fosse piena di calli.

L'acciaieria però chiuse: il padrone ormai aveva trovato nuovi tipi di profitti. Ma all'estero, perché gli conveniva di più visto che poteva pagare di meno i lavoratori.

Il padre di Sara finì disoccupato e fu l'inizio di un dramma.

I primi giorni era euforico: si era convinto che da lì a poco sarebbe riuscito a trovare un altro lavoro e nel frattempo si dedicò con affetto a Sara. La portava sempre al parco giochi , le comprava il gelato preferito e c'era la madre che si divertiva a rincorrere Sara che si divertiva con il triciclo. Passarono giorni, mesi e poi anni.

La madre di Sarà finì in depressione e passava tutte la giornate a dormire, il padre invece era diventato un alcolizzato e riversò tutte le sue frustrazioni verso la figlia che nel frattempo era diventa grande ed in piena fase adolescenziale. La malediva ogni giorno perché pensava a studiare invece di trovare un lavoro per aiutare la famiglia, e quando era talmente ubriaco la picchiava con dei ciocchi di legna.

Sara oramai stava vivendo un inferno e la sua autostima ormai era completamente persa; i suoi compagni di classe la prendevano in giro ogni giorno. Il gruppo, quando diventa branco, è spietato.

Allora decise di abbandonare la scuola e trovare un lavoro. E dopo alcuni giorni riuscì a trovare un'occupazione come badante presso una signora anziana con problemi di senilità. La accudiva ogni giorno: con pazienza la lavava, le dava da mangiare e la portava fuori nel parco.

Nonostante il lavoro fosse faticoso, per lei era una via di uscita per stare il meno possibile nella sua casa: il padre violento, la madre depressa e le continue urla e botte gratuite.

Poi un giorno la signora anziana morì e anche Sara rimase disoccupata. Ma anche un altro lutto la colse(forse) di sorpresa: sua madre si suicidò con un overdose di psicofarmaci.

Dopo qualche tempo anche il padre fece quella fine: Sara rimase completamente sola e aveva oramai 20 anni. Poteva cavarsela da sola le dicevano gli assistenti sociali, ormai era grande e di certo alla sua età non poteva essere accolta da una casa famiglia.

Sara aveva 20 anni, ma ne dimostrava di più e aveva il viso sfatto e pieno di sofferenza. Nessuno le dava un lavoro: era impresentabile, a casa le avevano tolto luce e acqua. Non poteva lavarsi, al massimo di nascosto in una fontana.

Cominciò a rubare quello che poteva nei supermercati, magari anche qualche anziana che andava a prelevare la pensione, oppure quando poteva si prostituiva. E un periodo finì anche in carcere e oltre a subire le angherie delle detenute che non la sopportavano, era costretta anche a subire gli oltraggi delle secondine che la trattavano come una bestia.

La sua vita oramai era diventata inutile e lo Stato ovviamente si prese anche la casa, visti i debiti che i suoi famigliari le avevano lasciato.

Ora Sara sta sul ciglio del marciapiede vicino casa mia: buttata lì, piena di rughe, sfatta, vestiti lerci e con in mano un Tavernello.

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