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Quella Jade donna di oggi

Di Jade Goody, morta l’altroieri senza sorprese si è già detto e scritto molto. Con i riflettori puntati (ultimamente) sulla malattia e il Coraggio (c maiuscola d’obbligo), le musiche sdolcinate in sottofondo e le immagini di lei senza capelli, lei che bacia il neo marito, lei che sorride entrando in ambulanza.

C’è un articolo, a tal proposito, di Annalisa Piras, giornalista, su l’Espresso on line: la fine del Jade Goody Show: 5 giugno 1981 – 22 marzo 2009. La Piras analizza questo che in effetti negli ultimi sei-sette anni è stato uno show in piena regola, telecamere ovunque, drammi a gogo, dichiarazioni infinite, colpi di scena e naturalmente tanto, ma tanto ‘love in the air’ sul finale.

L’articolo della Piras però conclude con una frase amara, che cerca – forse – di chiudere una partita che mi sembra invece appena iniziata: Goodnight Jade. Non è colpa tua. Ma non ci mancherai. Non so se il problema sia davvero lì, se dipende dal tempo in cui Jade Goody resterà impressa nelle memorie, se è una durata effettiva. Non so. Ho come l’impressione, da osservatrice lontana, che il punto, il nodo sia altrove.

Non seguo particolarmente i reality, ne ho sbirciati alcuni negli anni, altri completamente ignorati, nel complesso tendo a cambiare in automatico. Né ho mai desiderato (neanche da ragazzina) di fare quelle cose lì, dunque di entrare nello Spettacolo (anche qui maiuscola d’obbligo, intendendo ogni eccezione possibile del termine).

Eppure Jade Goody non è facile da dimenticare. Credo mi resterà impressa, la ricorderò per collegarmi all’articolo, poteva essere un’amica, collega, ex compagna di classe o una vicina.

Una donna che nel 2009 ha fatto quello che ha fatto. E’stata usata e ha usato. Una donna che ha imparato in fretta a vendere la sua immagine, se stessa davanti allo schermo, umori e pensieri fino al passato doloroso. Tutto è stato inquadrato, il peggio e oltre fino all’ipotetica risalita. Passando attraverso una malattia mortale, nuovo Vip mediatico che tutto può e tutto cancella.

Ma è davvero così che?
Non trovo risposte plausibili. Non mi fa stare tranquilla.
La morte poi, qui estremizzata, annusata e sapientemente proposta coi toni e i modi del caso, questa morte purificatrice (pare) che restituisce una madre, non più un corpo che urla e stupisce, ma proprio una madre che si preoccupa per il futuro dei figli e insiste nel voler convivere con questa specie di esperimento continuo che la vuole registrare sempre, ovunque e comunque.



Naturalmente c’è il rovescio della medaglia. Jade Goody non sarebbe quella che è (mediaticamente parlando) se non ci fosse stato chi gliel’ha permesso e chi l’ha seguita a ogni nuovo passo. Dunque concorso di colpa? Direi di si, pur restando amareggiata, stordita.

Jade Goody è ormai il ritratto di una donna moderna, non di tutte le donne ovviamente, ma di una e tanto basta. Una disperata, penso io, una che ha visto e fatto un po’ di tutto nel seppur breve percorso, una che ha creduto nella popolarità al punto da cucirsela addosso fregandosene di ogni possibile conseguenza, una che si è mostrata più nuda delle playmate, una che – forse – non ha mai avuto accanto a se qualcuno che le voleva quel bene che (penso sempre io).

Certamente da ieri in poi il business entertainment ha ripreso a correre veloce, costruisce, distrugge, leviga e stupra.

Ma Jade Goody non era una santa, inutili i paragoni.
Neppure una delle tante ‘furbe’ e basta, seppure il concetto di ‘furba’ ha decisamente diverse eccezione. L’esperienza mediatica l’ha arricchita, pare, dunque si, in questo senso furba. Ma è stata anche sbranata, fatta a pezzi venduti su ebay, ridicolizzata, sceneggiata e chissà cos’altro.
Lei ha fatto comunque la sua parte, lo so.

 

Il Jade Goody Show è dunque terminato?
Ma noi, in Italia, siamo davvero sicuri di essere in tutt’altre condizioni?
Le donne italiane, dai venti in su per intenderci, sono davvero tanto diverse?

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