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Quel silenzio sugli abusi del potere su Assange

Julian Assange è da sei mesi agli arresti domiciliari nella villa di Vaughan Smith a Ellingham Hall, nel Norfolk, a causa delle accuse a sfondo sessuale provenienti dalla Svezia. Dove due donne lo ritengono colpevole di molestie e abusi di vario tipo, che Assange ha sempre negato e che, come ho scritto nel mio libro, si sono prodotte in circostanze e con modalità molto discutibili, per non dire sospette.

Per il fondatore di WikiLeaks è stata chiesta l’estradizione dalla Gran Bretagna, dove Assange si trovava allo scoppio dello scandalo, in Svezia per poter essere giudicato. La corte londinese di Belmarsh, dopo un mandato di arresto europeo spiccato a dicembre 2010, il 25 febbraio 2011 si è pronunciata in favore dell’estradizione in primo grado. Ma i legali di Assange hanno presentato ricorso in appello, e il giudizio è atteso per il 12 e 13 luglio. La loro tesi è che l’estradizione in Svezia non sia che un primo passo per una ulteriore estradizione negli Stati Uniti. Dove Julian sarebbe incriminato per spionaggio in relazione non certo ai suoi presunti reati sessuali, ma a quelli che avrebbe compiuto come editor-in-chief di WikiLeaks. Le autorità svedesi negano l’esistenza di un simile progetto.

Nel frattempo, pur non essendo ancora stato né giudicato colpevole di alcun crimine né formalmente accusato di un preciso capo di imputazione, i domiciliari proseguono. Il che significa che Assange ha l’obbligo di presentarsi alla polizia tutti i giorni. Il suo passaporto è stato confiscato. Un braccialetto satellitare alla caviglia ne segnala tutti gli spostamenti. Come ha rivelato il Daily Telegraph, poi, diverse telecamere nascoste intorno alla villa lo spiano giorno e notte, segnalando in particolare tutti i movimenti in ingresso e in uscita da Ellingham Hall.

Certo, in prigione sarebbe peggio, scrive Roy Greenslade, e il trattamento ricevuto da Bradley Manning, l’analista dell’intelligence Usa accusato di aver trafugato migliaia di documenti riservati a WikiLeaks, lo conferma. Ma, si chiede il giornalista del Guardian, «è davvero necessario spiare Julian Assange ogni minuto del giorno?».

E ancora: «C’è qualcuno in Gran Bretagna che abbia dovuto subire condizioni simili per le stesse accuse?». Siamo sicuri sia «giusto»?

Da ultimo, la domanda più importante: «Non ha più a che fare con WikiLeaks che con la richiesta di estradizione?».

La mia sensazione è che non vi possa essere che una risposta affermativa. Avvalorando così uno scenario che prevede un doppio accerchiamento su Assange. Da un lato, il tentativo di stabilire un legame diretto tra lui e Manning o, meglio ancora, che fu proprio lui a indurre Manning a trafugare il materiale – e questo sarebbe l’obiettivo principale che le autorità Usa intenderebbero raggiungere attraverso l’incarcerazione (in assenza di processo e in condizioni disumane) dello stesso Manning. A questo modo si costruirebbe una base solida per l’accusa. Dall’altro, attraverso il grimaldello delle accuse sessuali e dell’estradizione in Svezia, si farebbe in modo innanzitutto di tenere sotto controllo Assange mentre quella base solida viene costruita (senza rischiare che Julian si produca nella sua ennesima sparizione); e poi, una volta portato a termine il primo obiettivo, di assicurarsi che Assange sia trasferito negli Stati Uniti, consegnato alle autorità e dunque giudicato. Anche se, come abbiamo visto per Manning, nell’attesa potrebbe trascorrere mesi in carcere ed essere trattato nel totale disprezzo dei diritti umani.

E allora aggiungo un’ultima domanda, che avevo già posto a Perugia, al Festival Internazionale del Giornalismo: se fosse successo a un qualunque altro giornalista d’inchiesta staremmo testimoniando una rivolta della categoria e della società civile contro quello che sarebbe immediatamente definito un evidente abuso del potere nei suoi confronti e nei confronti del diritto di cronaca che rappresenta. Perché invece per Assange, che ci piaccia o meno, che se ne condividano le battaglie oppure no, c’è questo silenzio tetro, di tomba?

I commenti più votati

  • Di (---.---.---.8) 19 giugno 2011 18:23

    è forse giusto che un uomo come Assange,che in fondo non ha fatto male a nessuno(infatti le accuse di violenze sono state più volte smentite)rischi molto e viva in una gabbia(anche se è una gabbia d’oro è pur sempre una gabbia!)mentre cesare battisti,con tre ergastoli ora sia a piede libero in brasile?pensateci un attimo.........
     
     wichitaφ

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.8) 19 giugno 2011 18:23

    è forse giusto che un uomo come Assange,che in fondo non ha fatto male a nessuno(infatti le accuse di violenze sono state più volte smentite)rischi molto e viva in una gabbia(anche se è una gabbia d’oro è pur sempre una gabbia!)mentre cesare battisti,con tre ergastoli ora sia a piede libero in brasile?pensateci un attimo.........
     
     wichitaφ

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.184) 20 giugno 2011 10:54
    Damiano Mazzotti

    a mio parere Assange è un doppiogiochista.... che riserverà delle sorprese... però sul malaffare delle banche non è ancora uscito niente... Per ora, uno dei suoi datori di lavoro, sua maestà brittannica lo tiene ben custodito.... e al momento giusto tirerà fuori il suo asso dalla manica... a meno che Assange sia un vero e abile e moderno rivoluzionario delle coscienze più o meno digitali e mondiali...

  • Di (---.---.---.65) 22 giugno 2011 13:31

    Sarebbe il caso di dare ancora dei soldi ad Assange per tutto quello che sta facendo per l’umanità, vedrò nei prossimi giorni di aprire la borsa. L’ho già aperta un paio di volte ma visto che siamo in pochi a difendere la Libertà e a difendere chi la difende, forse è il caso che quei pochi offrano aiuto economico.

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