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 Home page > Tribuna Libera > Qualcosa non funziona nelle nostre leggi

Qualcosa non funziona nelle nostre leggi

E’ da tempo che il cittadino è costretto a constatare che qualcosa non funziona nelle nostre leggi, proprio quelle che vengono approvate a Roma dal Parlamento.

Qualche tempo fa abbiamo avuto il caso Scajola, potente uomo politico che a lungo ha politicamente guidato la Polizia di Stato nella qualità di Ministro degli Interni. Abbiamo scoperto che non è reato se qualcuno paga al posto tuo la tua casa a tua insaputa. Se così dispongono attualmente le nostre leggi (e non abbiamo alcun motivo per dubitarne) occorrerebbe introdurre una nuova norma che obblighi ogni acquirente ad impedire che qualcuno paghi in tutto o in parte il suo acquisto. Magari facendolo accertare al notaio rogante dell’atto di acquisto. E se poi il venditore dovesse pervicacemente insiste per farsi pagare da un soggetto terzo al posto dell’acquirente, ebbene che sia lui ad essere processato e condannato.

Approvare una legge conforme a quanto sopra ipotizzato non sembra fuori dalla portata del nostro Parlamento e dovrebbe tranquillizzare il cittadino dalla possibilità di reiterazione di simili episodi.

Adesso il caso di un Presidente del Consiglio dei Ministri alle prese con lo spinoso caso di una sua ospite ad una “cena elegante” che si dichiara nipote di un importante leader politico di un altro Paese. Cosa fare se la persona in questione si mette nei guai con la Giustizia per una ipotesi di furto? Non certamente prendere il telefono, chiamare la Questura ed invitare i funzionari a lasciar perdere, facendo intervenire per soluzionare il caso un esponente del suo partito alla Regione Lombardia. La scelta della persona incaricata come Presidente del Consiglio dei Ministri è fatta mediante le regole della democrazia e molti devono accettare che sia una scelta fatta da altri, dalla maggioranza dei cittadini.

A questo punto un Presidente del Consiglio dei Ministri non può essere libero di adottare i comportamenti che meglio crede. Se una sua ospite personale nipote di Mubarak si caccia nei guai con la Giustizia, il Presidente del Consiglio dei Ministri deve rivolgersi agli Organismi statali a lui sottoposti, quali la diplomazia, i Servizi di Sicurezza, etc., e sottoporre loro il caso in piena trasparenza per ricercare la migliore soluzione nell’interesse del Paese (e non certo nell’interesse suo alle “cene eleganti”). Se non lo fa ed usa l’autorità pubblica a lui conferita in maniera discrezionale e pro domo sua, ebbene questo dovrebbe essere considerato un grave abuso da punire o con la revoca per via giudiziaria del mandato politico ricevuto o, addirittura, con l’apertura di un procedimento penale.

Anche questo non sembra essere un caso fuori dalla portata del nostro Parlamento, Movimento Cinque Stelle compreso. Legiferare in merito dovrebbe essere possibile, tranquillizando il cittadino sull'ipotesi che fatti del genere abbiano a ripetersi in futuro.

Sorge il dubbio che il nostro Parlamento, Movimento Cinque Stelle compreso, sia in tutt’altre faccende affaccendato. Magari a lamentarsi dell’ipotetico autoritarismo di Matteo Renzi.

 

Foto: Nicola Baron/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.17) 15 marzo 2015 11:22

    Arrograzìa >


    Giusto 6 anni fa, per snellire/velocizzare l’iter legislativo, l’allora premier BERLUSCONI proponeva di far votare solo i capigruppo (chi in disaccordo poteva votare contro o astenersi).

    Da tutte le opposizioni (in primis il PD) fu subito eccepito che era una “visione proprietaria” delle Istituzioni e che denotava un “fastidio” per le regole di democrazia.

    Tenuto altresì conto che la Costituzione (art.67) qualifica il singolo Parlamentare come rappresentante della nazione “senza vincolo di mandato”.


    Ora RENZI (da segretario e premier) afferma, in modo categorico, che “in democrazia” è la maggioranza che decide la linea da seguire e che la minoranza è tenuta comunque a allinearsi.


    Forse non ricorda (?) che non c’è alcuna legge che norma la vita associativa delle formazioni politiche (partito).

    Forse non ha presente (?) che sono ammessi vari quorum di maggioranza (semplice, assoluta, qualificata, ...).


    Tanto più che non sussiste alcun presuppostodovere” di fedeltà e lealtà tale da coartare valori, convinzioni e libertà di coscienza di chi è mandato a legiferare nell’interesse di tutto il paese.

    Per contro. Il manifestarsi di una più o meno corposa minoranza “critica” è sintomo dell’incapacità di assolvere proficuamente al ruolo di guida e d’indirizzo della formazione politica affidata. Sempre che il primo interesse perseguito sia quello di convergere verso la sintesi dei contenuti a confronto.


    Ergo. Dissertare in tal guisa di semantica democratica appare un escamotage da Dossier Arroganza

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