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Paul Connett e la sua teoria "Zero waste"

Inceneritori. Pirogassificatori. Essiccatori. Strano quanti diversi modi ci siano per indicare lo stesso concetto: soldi, soldi e ancora soldi. Si sa infatti che questi sistemi non sono altro che un grosso affare, fatto tra l''altro sulla nostra pelle. Un business enorme che fa gola a molti, attira gli investimenti della criminalità organizzata, della politica e di imprenditori senza scrupoli. Ergo gli inceneritori si devono fare, ad ogni costo. Poco importa se emettono diossine e polveri sottili, contaminano i terreni circostanti, causano ovunque aumenti di tumori, linfomi e leucemie. E poco importa se per costruirlo si spendono soldi pubblici in processi e ricorsi al TAR come sta facendo Enrico Rossi in Toscana.

Nell'oceano di marciume nel quale sguazzano questi signori, c'è però un signore americano che da anni propone una soluzione alternativa ed è da poco tornato in Italia per un ciclo di conferenze. Si chiama Paul Connett ed è l'ideatore della strategia “rifiuti zero”.

In una intervista andata in onda su Radio Popolare nel 2006, raccontava così la sua esperienza: “21 anni fa hanno cercato di costruire un inceneritore nella nostra contea nel nord dello stato di New York vicino al confine con il Canada. All'inizio credevo fosse una buona idea, pensavo: ci sbarazziamo di tutte quelle orrende discariche e produciamo energia dai rifiuti in una struttura che può essere monitorata. Poi leggendo ho scoperto che bruciando i rifiuti domestici si producono le sostanze più tossiche che l'uomo abbia mai prodotto e inoltre, ogni 3 tonnellate di spazzatura, resta una tonnellata di cenere molto tossica che da qualche parte andrà pur messa; quindi ho capito che l'inceneritore era la strada sbagliata.

Da allora è cominciata la sua missione in giro per il mondo e Connett, professore emerito di chimica ambientale all’Università St Lawrence di Canton, New York, si è messo all'opera assieme ad una equipe di cittadini e ricercatori, per sviluppare e mettere in pratica la teoria del “zero waste”, rifiuti zero. Si tratta di un metodo che mira a raggiungere il riciclaggio del 100 per cento dei rifiuti, ritirando dal commercio tutti quei prodotti che non sono riciclabili.

È un metodo che ha come presupposto necessario la combinazione di tre livelli di responsabilità: quella della classe politica, che fa le leggi, quella della comunità, nella fase finale del processo, e quella industriale che invece avviene all'inizio del processo.”

È un metodo, soprattutto, che funziona. E non, come in molti pensano, solo nei piccoli centri e nei paesi. Negli Stati Uniti infatti è stato applicato con successo in alcune delle maggiori città. A San Francisco si è superata in breve tempo la soglia del 75 per cento di differenziazione dei rifiuti. A San Diego si mira perfino al 90 per cento. Esperimenti simili sono stati fatti anche in Canada e Nuova Zelanda, mentre in Italia solo Capannori, un comune di quasi 50 mila abitanti in provincia di Lucca, ha adottato il metodo “rifiuti zero”.

È un sistema, infine, che conviene anche da un punto di vista economico, come illustra lo stesso Connett. “Certo, si può nascondere il problema come fanno in Italia, parlando di termovalorizzatori invece di inceneritori, ma il problema resta: se bruci qualcosa poi devi ripartire da zero nel processo produttivo, devi sempre spendere nuovi soldi per l'estrazione delle materie prime, per la produzione e così via; se invece ricicli e riutilizzi non devi incominciare da capo e risparmi il quadruplo di energia.

Fino ad ora però, nonostante i ripetuti viaggi e gli sforzi evidenti, Connett si è sempre visto sbattere le porte in faccia da politici e imprenditori italiani. La filosofia dei rifiuti zero stenta a prendere piede in un Paese come il nostro dove il denaro e l'interesse del singolo vengono preferiti alla comunità. Addirittura ospite a Parma in una trasmissione televisiva, una volta si è preso perfino del “cretino” da Allodi, presidente di Enia, la ditta proprietaria dell'inceneritore proprio in quella città (a proposito, informarsi sulla questione, merita). E buona parte della classe politica, fra cui lo stesso Ministro dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, si spertica in lodi per quelli che loro chiamano “termovalorizzatori”.

A quanto pare, insomma, due dei tre livelli indicati da Connett come necessari all'attuazione della sua strategia siano a questa piuttosto restii, per non dire contrari. Resta il terzo livello, noi cittadini. Solo noi, impegnandosi per primi, potremo provare a cambiare le cose in questo schifo di Paese.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.166) 23 novembre 2012 18:13

    PaoloM.
    Ho letto con ritardo l’articolo di Juri Mazzei, che riporta le argomentazioni di Paul Connett. Ho subito votato a favore e mi sono domandato chi ha votato contro. Sarei curioso di sapere il motivo. Forse sono i diretti interessati a fare soldi con i cosiddetti "termovalorizzatori", che sono in realtà inceneritori e producono diossina, polveri sottili, ecc.
    Mi illudo che il cambio del ministro dell’ ambiente possa generare qualcosa di buono.
    Nel frattempo in casa mia si ricicla scrupolosamente tutto il riciclabile e la frazione umida va in una compostiera a produrre concime per le piante, minimizzando la parte che va nel cassonetto dell’indifferenziato, dove si trova di tutto (carta, vetro, plastica, ecc.). Se il ministero avesse idee moderne, dovrebbe spingere le regioni, i comuni, i cittadini ad applicare il modello di Paul Connett; col tempo non saremmo più schiavi delle discariche e degli incenetitori.

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